Il peso nell’economia nazionale dell’industria automobilistica tedesca è evidente. Ancora oggi, nonostante le difficoltà incontrate dal gruppo Volkswagen. Che sta cercando di risollevarsi dopo i continui problemi accusati sotto la gestione Diess. Affidate le chiavi a Oliver Blume, la speranza delle parti coinvolte è di riscrivere la storia. Lo stesso obiettivo perseguito dalla connazionale ZF, la quale, al Salone di Monaco 2023 (andato in scena dal 4 al 10 settembre), ha mostrato col I2SM la sua personale concezione di motore elettrico.
Cosa lo rende tanto speciale? L’assenza di magneti o materiali di terre rare. Inoltre, le catene di approvvigionamento godono di maggiore sicurezza, nel rispetto dell’ambiente. L’innovazione andrà testata sul campo prima di gridare al miracolo, tuttavia le basi appaiono davvero incoraggianti. Dietro vi è il lavoro di uno staff competente, specializzato nella tecnica delle vetture. In caso contrario, non sarebbe mai stato possibile un qualcosa di tanto rivoluzionario e al passo con le moderne sfide dell’industria.
Nei prossimi anni le auto elettriche ricopriranno un ruolo centrale. Lo dicono i dati di mercato e, soprattutto, lo dicono le istituzioni politiche. Dal 2035 in poi i motori a combustione interna, di fatto, spariranno. Certo, esiste la carta degli eFuel esiste, l’unica metodologia alternativa a cui la Commissione Europea ha riconosciuto una deroga. D’altro canto, la prevalenza dei player di massa crede poco nel potenziale. L’unica a lavorarci davvero, convinta di poter abbassare in misura esponenziale, è Stellantis, ma la sua è l’eccezione alla regola.
Mentre la transizione ecologica prosegue inesorabile, desta interesse il progetto avviato da ZF con I2SM. Accendono gli entusiasmi i dati prestazionali, paragonabili a quelli delle macchine sincrone a magneti permanente, ovvero la forma di propulsione più comune oggigiorno adottata per le vetture a batteria. Nel corso dei prossimi paragrafi andremo a conoscere in maniera approfondita le caratteristiche del powertrain, sia sotto il profilo tecnico sia dei vantaggi a essi associati.
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ZF I2SM, da dove e perché nasce: il problema delle terre rare
Allo stato attuale la soluzione più gettonata tra le auto elettriche è da ricercarsi nei motori sincroni a eccitazione separata (altrimenti noti con l’acronimo SESM). Finora i produttori se ne sono avvalse numerose, in quanto li considerano il non plus ultra del settore. Nell’arco degli anni a venire il discorso potrebbe, però, cambiare, a causa della ZF, “madre” dell’unità sincrona a eccitazione induttiva.
Le unità concepite sarebbero in grado di trasmettere l’energia per il campo magnetico attraverso un eccitatore induttivo all’interno dell’albero del rotore. Ciò comporta dei notevoli benefici sul fronte delle dimensioni, compatte con la massima potenza e densità di coppia. In buona sostanza, l’evoluzione naturale dei veicoli sincroni a magneti permanenti (PSM).
Senza voler nulla togliere a questi ultimi, capaci di apportare un prezioso contributo nell’industria delle quattro ruote attuale, qualcosa di ancora più ambizioso è in procinto di arrivare. Il meccanismo oggi predominante nella filiera ha, infatti, il problema di richiedere terre rare nella fabbricazione. Peccato che siano scarse in natura e, a dispetto della continua ricerca di nuovi giacimenti, è concreto lo scenario di restarne a secco. Inoltre, l’ambiente è stato troppe volte vittima dell’avidità dell’uomo. È sufficiente leggere qualche notizia di attualità per capire che ormai il punto di collasso risulta dietro l’angolo.
A meno di non cambiare rotta nel giro di breve, il futuro delle prossime generazioni è in serio pericolo. Addossare l’intera responsabilità sull’industria automotive sarebbe ingeneroso, tuttavia gli operatori della filiera hanno un grosso potere in mano. Oltretutto, il pubblico ha dimostrato in diverse riprese di essere sensibile al tema. Tutte ragioni che giustificano studi approfonditi in soluzioni al passo con l’epoca attuale. Il bagagliaio di conoscenze ampliato rispetto al passato permette di coltivare delle serie velleità di rivoluzione.
Efficienza superiore
ZF promette di conseguire uno standard ineguagliato per la realizzazione di motori elettrici estremamente sostenibili nella produzione. Al funzionamento saprebbe fare la differenza pure sul fronte della potenza e dell’efficienza, il completamento di un’opera sopraffina. Oltre ai vantaggi provenienti dall’eliminazione dei materiali delle terre rare, si azzerano le perdite da trascinamento, provocate nei tradizionali moduli.
Ciò si traduce in un’efficienza superiore in certi punti operativi, tra cui i lunghi viaggi in autostrada ad alta velocità. Posto a paragone coi sistemi SESM, l’eccitatore induttivo sa ridurre del 15 per cento le perdite per la trasmissione di energia nel rotore. E diminuisce della metà l’impronta di anidride carbonica nel processo produttivo, che nel caso dei motori PSM si forma a causa dei magneti contenenti materisali delle terre rare.
Per garantire che sia la corrente a creare il campo magnetico nel rotore invece nei magneti, le proposte convenzionali richiedono, di solito, elementi scorrevoli o a spazzola. Ergo, bisogna scendere a compromessi: uno spazio di montaggio asciutto, cioè non accessibile per il raffreddamento dell’olio, e guarnizioni supplementari. Ecco perché i SESM tradizionali occupano circa 90 mm in più lungo l’asse. Le compagnie non hanno in generale l’opportunità di variare con flessibilità tra le varianti PSM e SESM nella definizione del modello senza ulteriori sforzi.
Per ottimizzare a pieno i vantaggi delle macchine sincrone a eccitazione separata, ZF ha saputo compensare i contro insiti nella progettazione. Più precisamente, la densità di coppia ha ricevuto un netto incremento grazie a un innovativo design del rotore. L’integrazione in quest’ultimo, senza ingombro in termini di spazio, consentirebbe di scongiurare svantaggi di tipo assiale. Inoltre, la crescita della densità di potenza condurrebbe a prestazioni di grado superiore.
Il trasferimento induttivo della tecnologia
A fondamento della tecnologia vi è il trasferimento induttivo della tecnologia, ovvero in assenza di contatto meccanico, nel rotore, generando un campo magnetico tramite bobine. Dunque, il sistema elaborato non impone il ricorso a elementi a spazzola o anelli collettori. E non serve più mantenere asciutta la zona con guarnizioni extra. Alla pari del motore sincrono magnetizzato in modo permanente, il rotore viene raffreddato con efficienza attraverso la circolazione dell’olio. A confronto con i tipici motori sincroni ad eccitazione separata, l’intuizione di ZF richiederebbe fino a 90 mm in meno di spazio di montaggio assiale.
Sotto il versante della potenza e della densità di coppia, l’idea di ZF funziona alla pari di PSM. ZF prevede di sviluppare la tecnologia I 2 SM fino al conseguimento della maturità produttiva e di proporla tra le varie opzioni contemplate nella relativa piattaforma e-drive. I clienti dei segmenti delle auto e dei mezzi commerciali hanno, pertanto, la facoltà di scegliere tra una variante con architettura a 400 volt o con architettura a 800 volt per le rispettive applicazioni. Quest’ultimo fa affidamento su un chip di carburo di silicio nell’elettronica di potenza.
Il Dr. Holger Klein, ceo di ZF, ha descritto il lavoro come l’ennesima innovazione votata a migliorare il portafoglio di azionamenti elettrici in nome di una mobilità ancora più sostenibile, efficiente e rispettosa dell’ambiente. È il principio guida alla base dell’intera attività. E attualmente non scorgono nessun concorrente che padroneggi la tecnologia pari a ZF. Il motore compatto pensato per le auto elettriche – ha commentato Stephan von Schuckmann, membro del consiglio di amministrazione del gruppo ZF – è unico nel suo genere. Privo di magneti, costituisco a suo avviso una prova evidente della strategia mirata a rendere gli azionamenti elettrici più efficienti in termini di risorse e sostenibili, soprattutto mediante dei progressi in ottica di efficienza.