Il successo tributato dai mercati alle auto di Xiaomi è travolgente. Tale da spingere più di un osservatore a cercare di capire perché il produttore di smartphone cinesi sia riuscita là dove invece Apple ha fallito. In fondo, entrambe le aziende sono partite da zero nella loro nuova impresa. Solo che Xiaomi è riuscita a produrre la sua auto elettrica, mentre la rivale statunitense ha dovuto gettare la spugna. Solo fortuna? Non proprio. Xiaomi, infatti, ha potuto varare la sua SU7 grazie ad una serie di fattori che fanno capire anche il perché del travolgente successo degli EV prodotti all’ombra della Grande Muraglia. Al primo modello, infatti, se ne sta per affiancare un secondo, lo YU7, che sta per debuttare sul mercato locale. E che promette di rinverdirne il clamoroso esito commerciale.
L’importanza dell’ecosistema Xiaomi
Apple ha iniziato a lavorare su un progetto di auto elettrica ben prima di Xiaomi. L’azienda di Cupertino non ha lesinato sforzi in tal senso. Tanto da procedere all’arruolamento di 2mila persone, tra cui nomi di spicco, come quel Doug Field che aveva lavorato in Tesla e che poi ha lasciato Apple per entrare in Ford prima dello spiaggiamento definitivo del progetto.

Un annuncio, quello del definitivo fallimento di Project Titan, dichiarato su Bloomberg circa un anno fa. La Apple Car doveva essere un’auto elettrica a guida autonoma. Anzi, con il progredire dei lavori si era parlato di una vettura dotata di un sistema di assistenza alla guida di Livello 2+. Si era anche parlato di possibili accordi con Hyundai, Kia, Toyota, Porsche e BYD. Progetti definitivamente annullati, lasciando come ricordo il licenziamento dei circa 600 dipendenti che non è stato possibile impiegare nei progetti di intelligenza artificiale cui sono stati stati destinati i superstiti.
E mentre Apple non è riuscita a far decollare il suo progetto, Xiaomi è invece riuscita a creare un ecosistema di prodotti provenienti da settori diversi, arrivando in tal modo a un livello che Samsung, Google e Apple non sono riuscite a raggiungere. Con il clou rappresentato dal lancio della sua SU7, che è riuscito a conseguire volumi di vendite importanti, nonostante per ora siano state limitate al mercato domestico, quello della Cina.
C’è il sistema Cina alla base del successo di Xiaomi
Il lancio internazionale del primo modello di Xiaomi dovrebbe aver luogo nel 2027, almeno stando alle indiscrezioni che circolano. E avverrà probabilmente in contemporanea, o quasi, con quello dell’attesissimo YU7. A porre le basi per un successo che, a questo punto, sembra assolutamente prevedibile, i dispositivi che utilizzano il sistema operativo Android, il quale consente di raccogliere dati dall’intero ecosistema che collega i suoi prodotti. In particolare una lunga serie di informazioni utili, tali da offrire un qualcosa di più rispetto ad un semplice veicolo elettrico connesso, come quello già proposto da altri marchi.

A questo primo dato di fatto, se ne va poi ad aggiungere un secondo, ancora più dirimente. Stiamo parlando del fatto che Xiaomi, come del resto i veicoli prodotti a Pechino e dintorni, può contare su un sistema, quello nazionale, perfettamente oliato. Che a differenza di quanto pensano i vertici dell’Unione Europea, non si fonda su sussidi dispensati dal governo alla propria industria automobilistica.
Se l’UE e gli Stati Uniti pensano di poter respingere l’assalto dell’auto elettrica cinese con i dazi, la delusione potrebbe in effetti essere molto grossa. Xiaomi e gli altri brand all’assalto del mercato globale, infatti, si possono avvalere di una filiera che è chiusa alla perfezione. Ogni casa cinese, infatti, può far leva sulle batterie messe a disposizione dai produttori locali, a partire da BYD e CATL. Un sistema ormai rodato alla perfezione che invece manca all’industria europea e statunitense. E che potrebbe permettere a Xiaomi di diventare un vero e proprio modello di riferimento per l’automotive mondiale.