Voto dazi auto elettriche cinesi: Unione europea spaccata

Ippolito Visconti Autore News Auto
La burocrazia dell’Unione europea continua a fare danni come la grandine: ora c’è un voto preventivo, non definitivo, sugli extra dazi anti auto elettriche cinesi.
Voto dazi auto elettriche cinesi

La burocrazia dell’Unione europea continua a fare danni come la grandine: ora c’è un voto preventivo, non definitivo, sugli extra dazi anti auto elettriche cinesi. Stando a indiscrezioni, Italia e Spagna dicono sì. Mentre Germania, Svezia, Polonia e Grecia si astengono. Particolare la situazione della nostra nazione. Da una parte ok le tasse anti Dragone, dall’altra può portarsi i cinesi in casa proponendo loro Autobianchi e Innocenti, che paiono cavalli di Troia per la futura invasione. Anomala la posizione della Spagna: sì ai dazi, ma sì a Geely a Barcellona e SAIC in Galizia. Bizzarra la Germania: con le ritorsioni di Pechino, BMW, Mercedes e VW pagheranno dazi altissimi in Cina, distruggendo il loro business. Poi c’è la Francia, ossessionata dalla destra avanzante: prima ha chiesto i dazi per anni, ora ci deve pensare se dire sì o no ai dazi. È il caos Ue.

Il caso Finlandia

Addirittura l’ultra verde Finlandia si è astenuta dal voto di lunedì dell’Ue sulle extra tariffe provvisorie del 37,6% massimo dei veicoli elettrici costruiti in Cina: lo ha detto un funzionario dell’ambasciata finlandese, riporta la Reuters. Motivo: queste barriere creano enorme incertezza nei mercati e nelle catene del valore. “La Finlandia ha ancora dei dubbi, soprattutto riguardo all’interesse generale dell’Unione, sapendo che non tutte le case automobilistiche europee ritengono che sia nel loro interesse agire”. Barcollano le idee del presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che aveva definito un’ondata di veicoli elettrici a basso costo costruiti con sussidi statali. Inizialmente, applausi. Poi gli incubi. Ora la paura. Dopo questo primo voto non vincolante, seguirà una votazione finale al termine della quale verrà adottata la proposta tariffaria della Commissione europea. A meno che non vi sia una maggioranza qualificata contraria. Il castello crollerebbe. Con un effetto domino micidiale, pure il bando termico 2035 subirebbe una spallata terribile. 

Poltrone d’oro e auto elettriche: che bel mix

Il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, va trovando il sostegno per la sua rielezione. Giovedì 18 luglio sarà davanti al nuovo Parlamento per la dichiarazione ufficiale di candidatura e il successivo voto dei nuovi parlamentari. La Commissione consulta gli Stati membri, ma è uscente per tre quarti: in balìa delle onde, mentre Pechino osserva sorridendo lo sfacelo automotive del Vecchio Continente. BYD, SAIC, Geely e altri colossi assistono sbalorditi, ben sapendo che coi loro margini di profitto stravinceranno comunque. Con la Germania nel panico, si vuole una votazione non vincolante e riservata, presa in considerazione nella decisione definitiva prevista in autunno. 

Dichiarazione congiunta

Sul voto dazi Ue auto elettriche cinesi, l’Unione europea è spaccata in mille pezzi. C’è la dichiarazione congiunta stilata da una coalizione di decine di associazioni di categoria. Chiedono a Bruxelles una politica commerciale incentrata sull’apertura: non sulle barriere al commercio. Addirittura 31 le organizzazioni, tra cui Acea (auto), Clepa (componentistica), Caobisco (cioccolato e biscotti), Ceev (vino), Cec (calzature), Cema (macchinari per l’agricoltura), Coceral (commercio di beni agricoli), Ebi (nautica da diporto), Eda (prodotti lattiero-caseari), Unafpa (pasta), Tie (giochi) o Unesda (analcolici). C’entrano eccome aziende non auto: la guerra commerciale Cina-Ue può distruggere oltre alle società automotive anche quelle di altri settori.

Xi Jinping

Massima libertà cercasi

È importante, dicono, l’apertura commerciale per sostenere la crescita economica, creare posti di lavoro e rafforzare la resilienza di fronte alle sfide globali. Serve una politica commerciale ambiziosa e aperta per sostenere la competitività e la prosperità economica Ue. Il commercio rimane una pietra angolare della forza economica dell’Unione, offre vantaggi significativi ai consumatori e attrae investimenti esteri, aggiungono le associazioni. Bisogna dare priorità alle politiche che aprono mercati nuovi e diversificati attraverso accordi commerciali e riducono gli ostacoli tecnici al commercio. Obiettivo: un sistema internazionale basato su regole che garantiscano un contesto commerciale equo e prevedibile mediante maggiore collaborazione con i partner esteri.

Pannelli solari, torna l’incubo

Una disUnione europea, terrorizzata dal precedente, ossia la gestione pessima dei super dazi anti Cina in merito ai pannelli solari: una politica che ha comportato il trionfo del Dragone in lungo e in largo. La storia insegna: i dazi non servono a nulla. Anzi fanno danni: riducono l’efficienza e creano guerre commerciali. Negli anni 1980 le giapponesi ha distrutto qualunque ostacolo, nonostante le tariffe, che hanno solo reso l’Europa più vecchia e malandata.

Situazione bruttissima mentre il Dragone attende

Doppia frattura nell’Ue. La prima: fra Case e Commissione europea. La seconda: dentro i 27 Paesi membri. E siamo solo alla raccolta dei pareri sull’imposizione delle nuove tariffe doganali. Per ora, con una vittoria stiracchiata, prevale il sì. La Commissione dovrà tenerne conto al momento di prendere la decisione finale. Entro il 2 novembre 2024, il Consiglio Ue procederà con l’eventuale ratifica delle disposizioni di Bruxelles tramite voto vincolante a maggioranza qualificata. Il no vince se c’è il voto contrario di 15 Paesi in rappresentanza del 65% della popolazione dell’Unione. Occhio: gli astenuti di oggi sono i contrari di domani. Tutto ruota attorno alla paralizzata dalla paura Germania, che a sua volta blocca come in un freezer Svezia, Finlandia, Polonia, Repubblica Ceca. Tutti congelati in attesa di capire cosa faccia la locomotiva d’Europa: o dà contro l’Ue creando lo scompiglio, o dà contro i cinesi dandosi la mazzata sui piedi. Dal secondo Dopoguerra, Berlino non si sentiva così precaria. È il risultato di politiche green sconcertanti sia in terra teutonica sia in seno al Parlamento Ue. Intanto, il Dragone attende impassibile.

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