Lotta in terra di Germania nel settore automotive. Da una parte, il Gruppo Volkswagen che, fra l’altro, vuole chiudere fabbriche per arginare la crisi. Dall’altra, la sindacalista d’acciaio Daniela Cavallo, donna di grande personalità. Infatti, i responsabili sindacali VW hanno proposto tagli per un miliardo e mezzo di euro al costo della manodopera, ma a una condizione: le fabbriche vivono. Zero licenziamenti.
Cosa vuole VW
Il Gruppo Volkswagen propone la chiusura di tre stabilimenti (si dice, come minimo), i licenziamenti (si sussurra circa 30 mila), la riduzione degli stipendi (si parla di un -10%), il blocco salariale per almeno due anni.
Cosa risponde il sindacato
In una conferenza stampa, la presidente del consiglio di fabbrica Daniela Cavallo ha sottolineato un punto chiave: i costi del lavoro sono solo una piccola parte dei 17 miliardi di tagli che la dirigenza sta cercando di portare avanti. Morale: si lavora sull’eccesso di capacità produttiva, ma nulla più. Thorsten Groeger, responsabile dei negoziati per i sindacati, fa eco a Daniela Cavallo: “I problemi che ci troviamo ad affrontare non sono stati creati dai lavoratori, e non saranno risolti solo tagliando la forza lavoro, ma siamo pronti a dare il nostro contributo. “Le finanze del gruppo non sono in rosso come lo erano durante le crisi degli anni 1970 e 1990. C’è margine per agire e fare investimenti che correggano gli errori fatti””.
Al massimo, si ragiona su queste ipotesi
Tutt’al più, i sindacati darebbero l’ok a questo.
Uno. Sospensione dei bonus per lavoratori, dirigenti e membri del CdA.
Due. Utilizzo dei soldi stanziati per gli aumenti salariali a beneficio di un fondo che finanzi orari di lavoro ridotti temporanei nelle aree dell’azienda martoriate.
Replica VW
Il membro del consiglio di amministrazione per le risorse umane, Gunnar Kilian, non esclude l’ipotesi della chiusura degli stabilimenti. Controreplica di Groeger: “Allora, Volkswagen dovrà prepararsi a uno scontro con i sindacati come non se ne vedono da decenni”. Il 1° dicembre lo sciopero come antipasto.
Sarà una contesta lunga ed estenuante: qui il guaio è che in Cina i tedeschi vendono pochissimo. I profitti nel Regno di Mezzo crollano, perché la concorrenza dei marchi orientali è spietata.