Unione europea spaccata sulle sanzioni alle Case auto: Italia contro Germania e Spagna

Ippolito Visconti Autore News Auto
Otto Paesi sono per il no, fra cui l’Italia.
auto elettrica

Come sempre più spesso accade, Unione europea spaccata sulle sanzioni alle Case auto. L’Italia è per il no. Con Austria, Bulgaria, Polonia, Romania e Slovacchia, più Malta nelle ultime ore. Otto in tutto. Ma c’è chi dice sì ai 15 miliardi di euro di multe ai costruttori: anzitutto i due big, Germania e Spagna. Poi anche Danimarca, Svezia e Irlanda. 

Cosa vuole l’Italia

Chiare le proposte dell’Italia all’Ue. Uno: rivedere il percorso per arrivare al 2035, quando nel Vecchio Continente non si potranno più vendere auto nuove con motore termico. Resta intatto il target, ma con un’altra strada per arrivarci, meno traumatica. Due: ottenere la creazione di un fondo europeo per sostenere il settore che per l’Acea, l’associazione dei costruttori europei. Che vale 13 milioni di addetti, il 7% della forza lavoro della Ue. La stessa spaccatura sui dazi anti Cina: l’Italia ha detto sì, la Spagna no.

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Investimenti cercasi

Secondo Urso, il sistema delle penali è pensato per scoraggiare e anzi far “crollare” ogni possibilità di investimento da parte dei costruttori. Per evitare di incorrere in sanzioni, le industrie “rinuncerebbero a investire nell’elettrico rinunciando a realizzare in Europa le Gigafactory e chiudendo anche gli stabilimenti dell’endotermico”. Di qui, il no di Stellantis e Mercedes alla Gigafacrory di Termoli, per esempio.

La nostra opinione

Occorre capire. Le aziende non investono nel settore dell’elettrico. Ok, ma perché? Per evitare possibili sanzioni? O perché lo ritengono un modello destinato a un futuro incerto e segnato? Adesso anche i governi si tirano indietro. I volumi d’investimento richiesti per sviluppare il settore elettrico appaiono enormi. Sia per lo Stato sia per le Case. Se l’Ue è divisa sull’elettrico e sulle multe, e se i governi fanno poco o nulla per proteggere la transizione, diventa davvero dura farcela.

Mistero Berlino: prima sì, quindi no

Il consenso verso l’anticipazione della revisione del regolamento europeo pareva avesse trovato un importante alleato nel vicecancelliere e ministro dell’Industria tedesco, Robert Habeck. Dopo un incontro con rappresentanti delle case automobilistiche e dei sindacati, il politico teutonico aveva espressamente dichiarato il suo sostegno per l’idea di portare in avanti la revisione a partire dal 2025. Sembrava un segnale di apertura da parte della Germania, uno dei principali attori nel settore automobilistico dell’Unione Europea. Poi alla fine negli otto Paesi non c’è. Berlino assente. 

Parole dei politici

“Il desiderio della tavola rotonda era quello di sostenere che ciò avvenisse già nel 2025,” ha sottolineato Habeck, esponente dei Verdi, confermando la sua disponibilità a supportare questa richiesta durante le discussioni politiche a Bruxelles. Invece, Italia lasciata sola. Almeno la Spagna era contro dall’inizio alla fine. Non c’è nessun clima di collaborazione internazionale. Manca la convergenza di opinioni tra Paesi come Italia e Germania.

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