L’Ungheria di Orbán è protagonista assoluta della scena economica, specie in relazione all’auto. La cinese BYD aprirà in terra magiara la prima fabbrica a fine 2025, creando addirittura 6.000 posti di lavoro. E adesso il primo ministro – considerato estremista di destra – rassicura la Germania: “Le Case tedesche non chiuderanno fabbriche in Ungheria. Abbiamo accordi con queste aziende – ha dichiarato in un’intervista alla radio statale Kossuth -. Anzi. Non solo non chiuderanno le fabbriche, ma le svilupperanno. L’ambiente economico ungherese è più favorevole per loro. Sono in grado di mantenere i loro posti di lavoro qui”.
Qual è il trucco
Quindi, Pechino e Berlino osservano con attenzione l’Ungheria. Qual è il trucco di Orbán (presidente del Consiglio dell’Unione europea dal 2024, e primo ministro magiaro dal 2010)? Tutto nasce quando l’Unione europea decide di punire molto severamente Putin nel 2022 perché in guerra contro l’Ucraina. L’Ue stabilisce di isolare il leader russo: non comprerà più il gas di Mosca. Senza risorse e con varie sanzioni, Cremlino spacciato in qualche quarto d’ora, osservano all’epoca i cosiddetti esperti di politica ed economia internazionale. Il primo a non acquistare più gas russo è il cancelliere tedesco Scholz. A ruota, come sempre in Ue, tutti, Italia inclusa.
Risultato: costo del gas alle stelle in Germania. Nella patria dell’industria pesante (siderurgia, metallurgia, auto, come insegnano la storia e i panzer teutonici), nell’area dove le aziende sono energivore come leoni affamati nella giungla, ecco che il gas vitale non arriva più. Si compra da altri, con nuovi contratti. Si spende molto di più. Fra le cause della crisi epocale di Volkswagen, il costo dell’energia. Di qui la telefonata drammatica di Scholz a Putin, durante la quale non è dato sapere di cosa abbiano parlato: gli esperti di cui sopra d’interrogano.
Pertanto in Ungheria costo dell’energia basso, miscelato con agevolazioni fiscali per il settore, più una regolamentazione efficiente. Avete presente l’Italia? Ecco: l’inverso.

Ungheria caso a parte
Da subito, Budapest nel 2022 decide di proseguire l’acquisto di gas da Putin. Anzi. A ottobre 2024, quando il piatto del poker si fa succulento, ecco la mossa demoniaca: il Paese dell’Europa Centrale è in trattative con Gazprom, il colosso energetico della Federazione, per accrescere le forniture di gas nel 2025.
Tanto che l’azienda statale Gazprom e la controparte ungherese, Mol, siglano un memorandum d’intesa. Protagonista il gasdotto TurkStreaml, che connette la Federazione all’Ue attraverso il Mar Nero. Arrivato in Bulgaria, il gasdotto prende il nome di Balkan Stream: Sofia non si rifornisce da lì. Permette il passaggio del metano verso Serbia e Ungheria. Diabolicamente Orbán.
Mosca dà a Budapest 4,5 miliardi di metri cubi di gas ogni anno (accordo di 15 anni stipulato nel 2021). Tra gas e petrolio, l’Ungheria copre l’80 per cento del proprio fabbisogno energetico con gli idrocarburi russi. E usa l’oleodotto Druzhba, con una deroga Ue. Se Bruxelle chiudesse quel rubinetto, l’Ungheria fermerebbe le sanzioni a Putin. Tutto come impone il “Principe” di Niccolò Machiavelli.
Eldorado automotive: Made by China
L’Ungheria dove il costo dell’energia è basso (e tale resterà) diviene l’Eldorado europeo di BYD. La legge Ue fissa dazi alle elettriche Made in China ed esportate in Europa. Zero tasse alle elettriche Made by China in Ue. Inoltre, Budapest è uno straordinario trampolino di lancio per le termiche ibride plug-in nel Vecchio Continente.
Adesso, le Case tedesche in Ungheria respirano. Mentre in Germania soffocano: costo dell’energia al picco, costo del lavoro altissimo, inflazione, concorrenza cinese, domanda elettrica debole. Qualcosa di simile in Italia. Col disperato e costosissimo tentativo di rigassificazione del prodotto dall’Africa (con impatti ambientali da valutare).

Ma cosa può fare l’Ue
La soluzione ci sarebbe per risollevare l’economia Ue: aumentare a dismisura la spesa pubblica tramite un nuovo piano Marshall. Occorrono politici a Bruxelles che – dotati di coraggio – si tuffino in quest’avventura con scenari indecifrabili. Intanto, i Paesi Ue sono senza l’energia russa, e investono somme immense per le armi da dare all’Ucraina contro Mosca.
Budapest capitale dell’auto?
C’erano una volta Torino, Detroit e Wolfsburg, tre capitali dell’auto. Ora Budapest cerca di essere la nuova città eletta dell’automotive. E invia messaggi alla Germania, sia alla politica sia all’industria automotive. BMW molto attiva a Debrecen. Assieme a CATL, di BYD “compaesana”, gigantesco produttore di batterie. Investimenti per oltre 10 miliardi di euro. Le sudcoreane Sk Innovation e Samsung stanno costruendo fabbriche di accumulatori in giro per il Paese magiaro. Mercedes intende convertire la sua fabbrica di Kecskemet per produrre elettriche. Audi (dopo il trauma in Belgio) sta sfornando elettriche a Gyor.
Qualche incognita
Tutto questo ha anche il rovescio della medaglia per l’ex provincia romana della Pannonia: le fabbriche di auto e batterie sbranano acqua ed elettricità a tutto spiano. Occorre capire sino a che punto l’Ungheria possa reggere, specie in rapporto a tutte le aziende spinte da piani ambiziosi dalle parti del Danubio blu.