Stellantis ha appena siglato un accordo con la cinese Leapmotor: Stellantis vende auto della Casa orientale. Quindi c’è un progetto per commercializzare prodotti altrui, e non una strategia per creare, sviluppare e sfornare macchine nuove. Obiettivo di Tavares, fare profitti, essendo il Gruppo una galassia di marchi sul mercato e non un ente di beneficenza. Nessuna critica, è tutto lecito e logico. Tuttavia, bisogna tornare indietro. Alla famosa dichiarazione del top manager lusitano: un milione di veicoli prodotti in Italia entro il 2030. Prodotti, fatti qui, non commercializzati dopo che qualcun altro li ha fatti in Cina.
Un milione di auto Stellantis in Italia: a che punto siamo
Nel 2023, Stellantis ha prodotto 521.842 auto in Italia. E nel 2024? Meno 31,3% a marzo e meno 21,1% nel trimestre. Prospettive pessime. Comunque, non c’è nessun contratto, nessuna legge violata. Sono solo strategie che cambiano repentimanente e legittimamente. Resta Ferrari, di nicchia. Ci sarebbe DR, italiana che prende pezzi dalla Cina e assembla qui da noi: imitata un po’ da Stellantis. Lamborghini? È Audi. Ossia VW. Un po’ tedesca un po’ italiana un po’ un mix. La speranza che Leapmotor produca qui in Italia? Zero. Peccato, avremmo Mirafiori per esempio. Ma è evidente che non ci siano ricavi a sufficienza nel nostro Paese: manodopera più costosa, forse.
Qualcosa non ha funzionato con l’esecutivo di Giorgia Meloni. Disse Tavares: “Sono fiducioso che insieme ad Adolfo Urso creeremo le condizioni per invertire innanzitutto la tendenza al calo dei volumi di produzione nei due anni a venire e per costruire la road map per produrre un milione di veicoli in Italia”. Con Urso, ministro delle Imprese. Insomma, col governo.
Quello che pareva un sogno ieri, adesso sembra un incubo: quota un milione. Poi c’è il rapporto non idilliaco col governo Meloni a complicare tutto. Il ritardo spaventoso degli incentivi auto, annunciati a gennaio 2024, a febbraio, rimandati a marzo, traslati ad aprile, in vista del 16 maggio. Ecobonus peraltro non molto forti per le aziende e il noleggio a lungo termine. Infine, la revisione della fiscalità per le aziendali, che tarda.
Nuove parole di moda
Ormai fa tendenza altro. Per esempio, Leapmotor International, un’azienda in quote 51:49 guidata da Stellantis, ridefinirà il futuro dei veicoli elettrici. Come? Attraverso tecnologie innovative. E un modello di integrazione verticale onnicomprensivo: ecco il nuovo, qualcosa di futuristico. Per Tavares, “grazie alla guida di Tianshu Xin, Leapmotor International ha messo a punto un’ambiziosa strategia commerciale e industriale con cui potenziare rapidamente i canali di distribuzione e sostenere la crescita di Leapmotor, creando valore per entrambi i partner coinvolti”.
Mirafiori, che malinconia
Mirafiori (Torino) nel 2023 viaggiava a 80 mila unità. Nel 2024 la Fiat 500 elettrica va malissimo. Come tutte le auto elettriche senza incentivi intelligenti dello Stato. La Maserati Levante non c’è più. Forse si arriverà a 40mila unità, come nel 2013. Mai così in basso. Comunque dipendenti protetti: no licenziamenti, ma uscite volontarie su un migliaio di posizioni fra tute blu, ingegneri e tecnici. Purtroppo qualcosa non quadra anche nel rapporto fra sindacati e Stellantis. I primi ora desiderano incontrare il governo. Quindi guaio chiama guaio: fuori, l’indotto ha le mani nei capelli. Sono dolori per la componentistica.
È la transizione elettrica alla base del male, l’epicentro del terremoto. Sentiamo Anfia: la componentistica del motore endotermico non ci sarà più, sostituita da uno o più motori elettrici. Alcuni prodotti cambieranno completamente, a esempio i freni, che avranno una durata tra 5 e 10 volte quella attuale. Esiste un parco circolante che garantirà, a seconda delle nuove regole, da 10 a 15 anni di sopravvivenza dei ricambi così come oggi li intendiamo. “Ma è pur vero che un periodo di questa durata dovrebbe permettere a tutti i produttori e a tutte le forze che lavorano all’interno di questa filiera , ivi comprese le attività di riparazione, assicurazione e distribuzione, che comunque cambieranno significativamente, di adattarsi”.
Va detto che né oggi né in passato i governi, di qualsiasi colore e di qualsiasi fazione, non hanno mai preso decisioni chiave per l’auto in Italia. C’erano e permangono guai strutturali, industriali, di logistica, di relazioni coi sindacati. Non è questione di sostenere, ossia di tirare fuori soldi per Stellantis a discapito dei contribuenti. Il problema è un altro: organizzare, spingere, dialogare.