Prosegue la guerra fra Gruppo Stellantis e governo Meloni: lo scontro si fa asperrimo. La telenovela nazionale del Tavolo Automotive è stucchevole. Il più recente tenutosi oggi al ministero delle Imprese e del Made in Italy porta a un nulla di fatto. Tempo perso. Parole. Due giocatori di scacchi che arroccano e muovono avanti per poi arretrare. Ognuno sulle sue posizioni, all’insegna della massima rigidità.
Cosa dice Urso per l’Italia
Il ministro Adolfo Urso: “Chiediamo un vero, significativo e chiaro piano industriale, che entri nel dettaglio di ogni stabilimento in Italia e che preveda un significativo aumento degli investimenti nel nostro Paese. Come dimostrano le mozioni parlamentari approvate alla Camera e lo stesso sciopero, vi è una condivisione generale, una piena unità di intenti, dal Parlamento ai sindacati, dalle Regioni alla filiera della componentistica”. Che Stellantis si impegni “concretamente per il rilancio dell’industria dell’auto e per la salvaguardia dei posti di lavoro”.
L’opinione del ministro
Il Gruppo dovrebbe “dare all’Italia quello che l’Italia ha dato alla Fiat”. Servono “indicazioni e dati precisi, impegni sulle risorse e sui nuovi modelli, investimenti sulla ricerca e sulla formazione, sulle nuove piattaforme produttive e quindi sulla componentistica”. Il governo è “disposto a mettere in campo ciò che è necessario per sostenere questo sforzo, con politiche nazionali ed europee adeguate”.
“Quest’anno – insiste – abbiamo investito un miliardo di euro d’intesa con Stellantis. Secondo cui la misura avrebbe aumentato la produzione in Italia. È accaduto esattamente il contrario. Quindi, come preannunciato, non la riproporremo più. Destineremo tutte le risorse del fondo, che pensiamo di aumentare nel corso della manovra, sul fronte dell’offerta, a sostegno delle imprese, soprattutto degli investimenti della filiera dell’automotive”.
Fondo abbattuto
Durante l’incontro, Urso ha affermato che il governo avrebbe attenuato i piani per tagliare di circa 4,6 miliardi di euro (4,86 miliardi di dollari) i fondi accantonati per sostenere l’industria automobilistica del Paese tra il 2025 e il 2030, in seguito alle diffuse critiche da parte dei sindacati e delle lobby aziendali.
Cosa dice Urso per le multe Ue
“Per sfuggire alla tagliola delle multe le case hanno tre vie, tutte suicide per l’industria: ridurre la produzione di auto endotermiche per scendere sotto la proporzione fissata tra auto elettriche vendute e auto endotermiche; aumentare la vendita di auto elettriche nella propria rete, come sta facendo Stellantis, certificando e vendendo le auto del proprio socio Leapmotor importate dalla Cina; oppure, in ultima istanza, comprando le quote di crediti CO2 da Tesla. In ogni caso, si accelera la crisi della produzione europea. Si condannano l’auto e il lavoro europeo. Una follia che dobbiamo subito scongiurare”.
Cosa dice Stellantis
Il Gruppo capitanato da Tavares ribatte: afferma di avere un piano per l’Italia. Vuole il contrario di quello che Urso auspica: l’Europa deve mantenere le regole attuali per garantire stabilità. Infatti, modificare ora gli obiettivi avrebbe effetti negativi, perché l’industria automobilistica opera su tempi molto lunghi. Questo il sunto di quanto spiegato da Daniela Poggio (vicepresidente Communication & Public Affairs di Stellantis Italia), Giuseppe Manca (responsabile risorse umane e della relazioni industriali), e Antonella Bruno (managing director).
Il costruttore ha replicato: ha un piano per l’Italia e di vuole “lottare per difendere la sua leadership” nel nostro Paese, aggiungendo di “non avere intenzione di chiudere alcuno stabilimento né di fare licenziamenti collettivi”.
Regole e multe: sì di Stellantis
Il Gruppo automobilistico ha espresso nuovamente vedute divergenti da quelle del governo sul piano delle politiche comunitarie nel settore: le politiche che garantiscono la stabilità delle regole sono più importanti che mai e i target del 2025 erano noti fin dal 2019. “Modificare adesso gli obiettivi avrebbe effetti negativi, perché l’industria automobilistica opera su tempi molto lunghi”. Il piano strategico Dare Forward 2030 di Stellantis prevede la decarbonizzazione entro il 2038 sia dei veicoli sia dei processi produttivi. E di raggiungere entro il 2030 la vendita del 100% di veicoli elettrici in Europa e il 50% in Usa. Un investimento di 50 miliardi di euro. “Modificare la regolamentazione in corsa non è una buona idea, perché il mondo non tornerà indietro sull’elettrificazione e l’Italia è un Paese esportatore”. La riconversione all’elettrico comporta un maggiore costo dei veicoli del 40%, e questo è il principale problema che non abbiamo ancora risolto: “La politica fa le leggi, noi le rispettiamo”. Come già detto da Tavares in Parlamento.
Stellantis vuole altri incentivi
Visto il mercato dell’auto e dell’elettrico, è chiaro che lo stop degli incentivi costituisce un problema, non soltanto italiano; la rivisitazione degli ecobonus va studiata a livello europeo: lo ha detto Giuseppe Manca, a margine del Tavolo. “Oggi noi produciamo per il mercato estero soprattutto la Fiat 500 Bev di Mirafiori. I modelli che arriveranno nel primo trimestre del 2025 sono modelli che sono appetibili per il mercato straniero. Degli incentivi vale la pena parlarne, ma a livello europeo. Su questo mi sembra che ci sia un impegno del ministro di rivedere tutte queste posizioni a Bruxelles”. Già, ma i soldi dove si prendono se il Fondo Automotive è morto?
Sindacati infuriati
Presenti Fim, Fiom, Uilm, Ugl metalmeccanici, Acqcfr, Fismic, Anfia, e i rappresentanti delle Regioni in cui sono insediati gli stabilimenti del gruppo (Piemonte, Basilicata, Campania, Lazio, Molise, Abruzzo, Emilia-Romagna): “Ribadiamo la richiesta di convocazione di un incontro con Stellantis presso la presidenza del Consiglio. Il Tavolo Automotive, aperto da oltre un anno, si è dimostrato finora non solo inefficace, ma addirittura controproducente. L’aggiornamento al 16 dicembre, proposto dal ministro Urso, rischia di rappresentare una ennesima pericolosa dilazione”. Insomma, si va dalla Meloni.
Ecco i concetti delle sigle in breve
Uno. Le proposte di rilancio del settore automotive, elaborate nelle sessioni tecniche all’unanimità, sono state lasciate inspiegabilmente cadere. Anzi, il ministero ha di fatto interrotto le trattative per quasi un anno, permettendo che le cose precipitassero e che la produzione passasse dai circa 800 mila veicoli del 2023 agli scarsi 500 mila attuali.
Due. L’incontro di oggi non è riuscito a invertire questa pericolosa deriva né è riuscito a risolvere le questioni più urgenti: rafforzamento degli ammortizzatori sociali; riduzione del costo dell’energia, “più alto che in qualsiasi altro grande Paese europeo”. Un po’ in linea con Tavares.
Tre. Serve una modifica del “micidiale regolamento europeo che sostanzialmente impone già nel 2025 quote di auto elettriche impossibili da vendere”. In linea con Urso.
Lontananza massima
Stellantis e governo Meloni non sono mai stati così lontani. Prima, il dramma del milione di auto prodotte in Italia che non arrivano. Poi i loghi, i marchi, le bandierine italiani che una Casa non può usare – a detto del ministro – se fa auto in Marocco, Serbia e Polonia. Quindi il contrattacco di Stellantis sugli ecobonus elettrici, richiesti a gran voce. Infine i soldi del Fondo Automotive cancellati: addio sconti statali. Stellantis chiede bianco, il governo fa nero; e viceversa. Per l’esecutivo, una sconfitta. Duplice, se si considera che nessun cinese vuole produrre qui da noi: troppa burocrazia, troppe tasse.
Nessuna chiusura
Comunque, Stellantis non ha intenzione di chiudere stabilimenti o effettuare licenziamenti collettivi in Italia, ha affermato il responsabile delle risorse umane per l’Italia Giuseppe Manca in una dichiarazione aziendale. La società sta affrontando sfide a livello di settore come la bassa domanda di veicoli elettrici più costosi e la concorrenza della Cina. Sta anche lottando con gli inventari gonfiati degli Stati Uniti che l’hanno portata a tagliare le previsioni di profitti e flussi di cassa.