Dopo 10 anni di soluzioni sinistroidi green, l’ineffabile cancelliere Olaf Scholz, in campagna elettorale, terrorizzato dal crollo dei consensi, ha l’idea giusta per risollevare le sorti dell’auto elettrica: un bonus pagato da tutti i Paesi dell’Unione europea. Ossia da noi contribuenti. Non più un incentivo del singolo Stato, come ha fatto Berlino in passato, ma uno sconto finanziato da Bruxelles. Lo stesso politico aveva spinto a favore del full electric in passato senza dare garanzie all’industria (colonnine, sostegni, protezione anti Cina). Adesso, a un millimetro dal voto, col suo governo semaforico che ha tirato dentro di tutto, e con l’estrema destra all’assalto, ecco la trovata geniale: i cittadini Ue mettono i soldi nel piatto e la macchina a batteria rinasce. Non per salvare la seggiola d’oro in Germania e nell’Ue, piuttosto per salvare il pianeta Terra. Sii buono, contribuente, metti i quattrini per l’ecologia.
Non sarebbe meglio un progetto di ampio respiro?
Le regole dell’elettrico Ue sono dibattute dal 2014, col 2019 che ha visto la loro consacrazione in Ue. Dopo cinque anni di disastri, con l’industria auto tedesca ed europea in ginocchio, arriva il cancelliere come una rosa fresca a spiegare che serve il bonus Ue. Una sorta di pro memoria in vista delle elezioni. L’auto elettrica è in realtà un gioiello di tecnologia che merita progetti di ampio respiro. Non trovate elettorali. I politici cinesi osservano e se la ridono: ci divoreranno nei prossimi anni, grazie alla loro superiorità.
Sì, no, forse: che pasticcio i bonus tedeschi
Si tratta di stesso premier che un anno fa cancellò gli incentivi in vigore, determinando un anno di vendite in calo per le EV in Germania. Un’indiscrezione? No. Tutto messo nero su bianco nei social: “Abbiamo bisogno di incentivi per l’acquisto di auto elettriche, sotto forma di un bonus europeo o di un sostegno diretto alle auto elettriche prodotte in Germania“, ha scritto il cancelliere dopo una visita alla fabbrica Ford di Colonia. Spetta al governo fare “ciò che riteniamo necessario in termini di sostegno per consolidare la transizione verso questa mobilità. Vogliamo anche che tutta l’Europa faccia uno sforzo. Una soluzione a livello europeo, con incentivi uguali per tutti i Paesi Ue, sarebbe la soluzione. In alternativa il governo di Berlino valuterebbe aiuti diretti alle aziende, previa approvazione delle autorità europee, “concentrandoci su ciò che viene prodotto qui”.
Come ti proteggi da cinesi?
Interessante la tesi: soldi solo a quanto prodotto qui, al Made in Germany o al Made in Ue. Si dimenticano, lorsignori, che la base dell’elettrico è la batteria cinese, con minerali cinesi e know-how cinesi. Pertanto, come fai a premiare solo l’industria Ue dell’elettrico? Suvvia, un minimo di coerenza.
Doppia legnata
Le Case automobilistiche europee sono state colpite dall’indebolimento della domanda, da un passaggio più lento del previsto ai veicoli elettrici. I produttori stanno lottando contro i costi elevati e i concorrenti cinesi più economici che entrano nel mercato.
Dopo le minacce di licenziamenti VW (30.000?) e dell’indotto tedesco (50.000?), arrivano le multe Ue 2025 a chi non raggiunge una quota di elettriche del 25% sul totale delle vendite. Sanzioni concepite dai verdi di Germania. Un dossier di cui si occupa personalmente il leader della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. A capo di una maggioranza eterogenea, traballanete, litigiosa, pronta a a fare boom.
La Germania dell’auto implode: spaventoso numero di esuberi Bosch
Intanto cresce la paura disoccupazione in Germania nel settore dell’auto. Fino a 10.000 posti di lavoro Bosch a rischio, afferma il vicepresidente. I rappresentanti sindacali e i sindacati del fornitore stanno sviluppando un piano per opporsi ai tagli di posti di lavoro che potrebbero includere scioperi. Frank Sell, che è anche a capo del consiglio di fabbrica della divisione chiave Mobility Solutions di Bosch, ha affermato che i piani generali hanno creato un’atmosfera nel Gruppo assolutamente insopportabile. Bosch impiega circa 135.000 dipendenti in Germania. Alla domanda se i lavoratori avrebbero fatto sciopero come i loro colleghi della Volkswagen, Sell ha affermato che i rappresentanti dei lavoratori e i sindacati avrebbero ora sviluppato un piano d’azione per il 2025 che non avrebbe escluso gli scioperi.
Tagli sostenibili, così fan tutti
Stefan Grosch, membro del consiglio di amministrazione di Bosch e responsabile delle risorse umane, ha detto ai giornalisti in una chiamata che i tagli sono necessari per garantire che rimanga competitiva, aggiungendo che l’intero settore stava soffrendo. L’obiettivo è di effettuare i tagli in modo socialmente responsabile. Ricapitolando, entriamo nella fase dei tagli sostenibili, così fan tutti.
Quinto round
Ci sarà un quinto round di negoziati a Wolfsburg, sede principale di Volkswagen in Germania. Non è stato infatti raggiunto un accordo dopo il colloquio tra i sindacati e il management dell’azienda del 9 dicembre, mentre fuori i cancelli centinaia di dipendenti scioperavano contro il piano di riduzione dei costi. “I comitati di negoziazione di Volkswagen e dell’IG Metall della Bassa Sassonia e della Sassonia-Anhalt hanno proseguito le trattative per la contrattazione collettiva 2024. La Casa automobilistica ha accolto con favore una proposta di novembre del sindacato di rinunciare agli aumenti salariali e offrire flessibilità in merito alla riduzione dell’orario di lavoro nelle fabbriche. Sono stati compiuti progressi nella discussione, tuttavia Volkswagen sottolinea la necessità di individuare congiuntamente ulteriori misure con un impatto sostenibile. Traguardo: risparmi per 1,5 miliardi di euro.
In parallelo, un’azienda dell’alta tecnologia tedesca va a rotoli. La Härter, icona di decenni di eccellenza tecnologica nel settore automotive, muore. L’azienda dichiara fallimento, consegnando al tribunale di Pforzheim i libri. Fondata nel 1964, aveva rappresentato l’ingegneria germanica con 1.500 dipendenti.