Un importante affiliato della Toyota ha falsificato i dati sulle emissioni di alcuni motori a partire dal 2003, più di un decennio prima di quanto indicato in precedenza, ha svelato martedì un’indagine promossa dall’azienda.
Il comitato investigativo incaricato dal produttore di camion e autobus Hino Motors Ltd. ha accusato lo scandalo di un ambiente in cui gli ingegneri non si sentivano in grado di sfidare i superiori, in una rara critica alla cultura locale.
Hino Motors nel mirino: il fornitore di motori della Toyota falsificava le emissioni da 20 anni
Il comitato, composto da avvocati e un consulente, è stato istituito quest’anno da Hino dopo aver ammesso di aver falsificato i dati relativi alle emissioni e alle prestazioni del carburante di quattro motori. I risultati, pubblicati martedì, descrivono in dettaglio un clima insopportabile in cui era difficile per il personale sentirsi a proprio agio, si legge in un rapporto.
Il successo conseguito in passato dalla direzione ha contribuito a generare un ambiente inefficiente, ha affermato il presidente del comitato Kazuo Sakakibara, ex procuratore capo presso l’ufficio del pubblico ministero del distretto di Osaka.
Il presidente di Hino, Satoshi Ogiso, si è scusato con i giornalisti e promesso cambiamenti nell’organigramma entro i prossimi tre mesi. Ha ricevuto un messaggio dal presidente della Toyota, Akio Toyoda, che gli ha imputato di aver tradito la fiducia di ogni attore interessato.
La casa automobilistica ha affermato che il comitato ha trovato prove di falsificazione risalenti almeno all‘ottobre 2003, in contrasto con il periodo di tempo precedentemente divulgato intorno al 2016.
Il ministero dei trasporti, pronto a revocare lo scorso marzo la certificazione al produttore di camion dei propulsori incriminati, ha promosso un’indagine in loco sulla compagnia. Hino ha richiamato quasi 47.000 unità fabbricate tra aprile 2017 e marzo 2022, affermando di richiamarne ulteriore 20.900. Toyota possiede il 50,1 per cento di Hino. Ieri le azioni di Hino sono scese di quasi il 10%. Quest’ultima si è aggiunta a una serie di realtà nipponiche operanti nel settore coinvolte in test sulle emissioni improprie.