Stellantis, Mirafiori in rivolta: operai e indotto in sciopero

M Magarini
A Torino protestano contro Stellantis con una nuova iniziativa: non capitava più da 15 anni che venisse presa una decisione tanto drastica
Stellantis Mirafiori

A 15 anni dall’ultima volta, la Torino automobilistica si ferma. Un fronte sindacale unito, composto da Fim, Fiom, Uilm, Fismic, UglM e associazioni quadri, ha stabilito uno sciopero provinciale di 8 ore ad aprile per chiedere la salvaguardia e il rilancio del comparto automotive. La manifestazione, che vedrà la partecipazione dei lavoratori di Stellantis e dell’indotto, nonché dei segretari nazionali dei metalmeccanici, costituisce il culmine delle vibranti proteste mosse dalle sigle contro i Costruttori, rei, a loro avviso, di aver snobbato il capoluogo piemontese.

Stellantis, la manodopera di Torino scende in piazza

Mirafiori

I fasti del passato appaiono lontani ed è tempo di alzare la voce, nella speranza di smuovere le acque. La città, un tempo soprannominata la “Detroit italiana”, ha visto negli ultimi anni una drastica riduzione dell’attività produttiva e dell’occupazione nel settore. Lo stabilimento di Mirafiori, precedentemente simbolo del fiorente movimento nel Belpaese, ha perso centralità nelle strategie di Stellantis, il gruppo formato nel 2021 dalla fusione tra FCA e PSA. L’impatto negativo sull’indotto e sui livelli occupazionali desta preoccupazione, anche per via di un 2023 concluso in malomodo. Nella seconda parte dell’anno, si è perso il conto dei turni saltati nelle linee della 500, poco apprezzata in patria (ma adorata in Francia). Servono delle forze fresche da aggiungere, dato peraltro la perdita delle gamme Maserati uscenti di scena.

I sindacati rivendicano le capacità interne, da valorizzare e integrare nel piano industriale di Stellantis, garantendo il futuro occupazionale della manodopera. Spesso a rischio di delocalizzazione o chiusura, le aziende dell’indotto hanno esigenza di supporto e strategie di sviluppo efficaci.

La Lear di Grugliasco, con i suoi 310 operai a rischio, e la Delgrosso di Nichelino, che accompagnerà alla porta 108 dipendenti, costituiscono giusto un paio di esempi delle difficoltà attualmente attraversate dal settore. Secondo la Fiom Cgil, tra il 2018 e il 2020, il comparto auto torinese ha perso 32.000 occupati. Un bagno di sangue, che preoccupa pure in ottica futura. Sebbene i bollenti spiriti, con le dichiarazioni di Carlos Tavares circa il disinvestimento dal Belpaese, abbiano finito per raffreddarsi, i dubbi permangono.

Lo sciopero indetto rientra nel contesto del tavolo nazionale sull’automotive istituito da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, con l’obiettivo di rilanciare le sorti dell’economia locale e conseguire l’obiettivo di produzione di un milione di vetture entro il 2030, ribadito da Tavares in un recente evento. Un obiettivo ambizioso che, per essere raggiunto, richiede l’impegno da parte di tutti gli attori coinvolti. Ciascuno ha il compito di remare nella stessa direzione. La “Detroit italiana” tenta di far sentire la propria voce, consapevole delle difficoltà nel mantenere una posizione di rilievo. La mobilitazione mira a preservare il futuro dell’industria e dell’occupazione, evidenziando il peso fondamentale della filiera nel territorio.

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