Stellantis, John Elkann risponde alla Meloni: “Auto elettriche? Le leggi le fa la politica, non noi”

Francesco Armenio
Il presidente di Stellantis, John Elkann, risponde alla accuse di Giorgia Meloni dopo non essersi presentato in parlamento.

Dopo gli attacchi del presidente del consiglio Giorgia Meloni, John Elkann ha risposto alle accuse dopo essere stato criticato per “il mancato rispetto alle istituzioni”. Secondo a quanto riportato da Il Foglio, John Elkann è rimasto stupito e rammaricato dalle parole del premier: “Il rispetto delle istituzioni fa parte della nostra storia e della tradizione di famiglia. Io sono orgoglioso di essere italiano”.

John Elkann risponde alle accuse di Giorgia Meloni

john elkann

Il presidente di Stellantis e Ferrari è stato criticato per non essersi presentato in parlamento: “Stellantis non è un partito politico”. Alle accuse del governo su “avete più preso che dato”, Elkann risponde che “Stellantis continua ad investire in Italia e abbiamo restituito tutto tramite stipendi, tasse e bilancia commerciale”.

John Elkann, in risposta, intende porre alcune domande al governo sui tagli di 4,6 miliardi di euro dal fondo automotive e, inoltre, intende chiedere dove sono gli investimenti del “secondo produttore” in Italia di cui il ministro Urso ha tanto parlato, tenendo conto che dopo diversi mesi nessuno si è fatto avanti in modo concreto.

Elkann dice anche di non comprendere il rancore nei suoi confronti, e assicura che “non c’è stato nessun disimpegno in Italia” e si rende disponibile per un dialogo “franco e rispettoso”. Infine, sul tema scottante delle auto elettriche, ha aggiunto che le leggi sul ban dal 2035 di auto benzina e diesel “le ha fatte la politica e la società globale si sta adeguando a queste regole”.

Insomma, continuano le tensioni tra Stellantis e il governo italiano, che da tempo intende portare nel Paese un secondo costruttore per arrivare a produrre almeno 1 milione di auto all’anno. Dopo diverse trattative con BYD e altri produttori cinesi e non, al momento non ci sono accordi e tanti hanno optato per paesi come Spagna, Ungheria e Turchia.

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