Stellantis: i sindacati chiedono al governo un piano per proteggere i lavoratori

Ippolito Visconti Autore News Auto
La crisi del settore automotive continua a pesare sull’occupazione in Italia, con Stellantis e indotto in calo.
La crisi del settore automotive continua a pesare sull’occupazione in Italia, con Stellantis e indotto in calo.

Effetto domino dal Green Deal 2019 alla crisi di vendite e di produzione di Stellantis, fino al calo delle aziende dell’indotto (che cercano la cinese BYD come alternativa): innanzi a questa terribile incertezza, i sindacati chiedono al governo un piano per proteggere i lavoratori. Se ne parlerà al tavolo automotive in programma venerdì 14 marzo 2025 al ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit). Presenti Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr, secondo cui urge un intervento immediato per rilanciare il comparto, con la riforma del sistema degli ammortizzatori sociali. 

Allarme rosso Stellantis

Per le organizzazioni sindacali, la produzione di auto negli stabilimenti italiani ha toccato livelli allarmanti: ricadute per i lavoratori, spesso con strumenti di sostegno al reddito non del tutto adeguati. Occorrono “equità e stabilità”, si legge in una nota congiunta. 

Molti lavoratori percepiscono poco più di 1.000 euro al mese, una cifra insufficiente per affrontare il costo della vita. C’è da capire se funzioni il modello Piemonte, dove un accordo con la Regione permetterà di integrare la cassa integrazione con percorsi di formazione professionale. 

Nel 2024 solo 500 mila unità, con le auto a quota 283.090 (-45,7%), ai livelli del 1956. Stabilimenti come quelli di Mirafiori, Cassino e Melfi operano a regime ridotto: turni tagliati e lavoratori in cassa integrazione. Per evitare la deindustrializzazione dell’Italia, serve una strategia di lungo periodo con investimenti pubblici e privati, nonché incentivi.

Bruxelles nel mirino

Se le sigle si rivolgono al governo, comunque mettono anche l’UE nel mirino: “Bruxelles non sta dando risposte adeguate in questa fase di transizione. Serve un piano più chiaro per supportare la produzione e la transizione ecologica senza penalizzare l’industria e l’occupazione”.

La crisi del settore automotive continua a pesare sull’occupazione in Italia, con Stellantis e indotto in calo.

Gigafactory di Termoli: tutto fermo

In origine, pareva che a Termoli potesse nascere una Gigafactory. Si era ancora alle illusioni degli influencer del Green Deal 2019: adesso, con l’elettrico flop, una fabbrica di batterie viene vista male. Allora, se non c’è il full electric, almeno i sindacati insistono sulla necessità di completare il lancio di modelli ibridi in tutti i siti italiani, per una transizione più graduale senza ulteriori tagli alla produzione.

Auto elettrica in Europa fa rima con fallimento

D’altronde, le Gigafactory UE fanno paura oggi. Northvolt, il produttore svedese di celle per batterie per veicoli elettrici, ha dichiarato di aver presentato istanza di fallimento in Svezia, ponendo fine alla migliore speranza dell’Europa di sviluppare un rivale per i principali operatori asiatici di batterie per veicoli elettrici. L’azienda non è stata in grado di garantire le condizioni finanziarie necessarie per continuare nel suo stabilimento di punta nel Nord della Svezia. Alla fine di gennaio di quest’anno, il suo debito ammontava a oltre 8 miliardi di dollari nelle nove entità Northvolt. L’Europa si illudeva che Northvolt avrebbe ridotto la dipendenza delle case automobilistiche occidentali dai rivali cinesi come il produttore di batterie CATL e il produttore di veicoli elettrici e batterie BYD. L’azienda aveva bisogno di fino a 1,2 miliardi di dollari per ripristinare la sua attività. L’icona del Green Deal 2019 con l’auto elettrica muore.

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