Allarme Stellantis e Volkswagen: dopo un 2024 pessimo, può arrivare un 2025 addirittura peggiore, dice Bloomberg. I due Gruppi affrontano tagli dolorosi dopo un tumultuoso anno con profondi cambiamenti strutturali che stanno rimodellando l’industria automobilistica europea. Gli analisti temono che ci siano ulteriori e più gravosi problemi incombenti. Sottolineano gli effetti potenzialmente dannosi di una guerra commerciale a tutto campo contro gli Stati Uniti quando Donald Trump tornerà alla Casa Bianca il mese prossimo. Se le esportazioni verso l’importante mercato statunitense subissero un colpo, la pressione per tagliare i costi salirebbe: obiettivo, evitare profit warning. Insomma, se le entrate calano, allora di devono decurtare le uscite.
“Carneficina” in vista
Bloomberg parla di “carneficina” in vista, con dicembre 2024 da film horror. Stellantis ha estromesso il suo amministratore delegato Carlos Tavares, mentre VW ha visto quasi 100.000 lavoratori abbandonare le fabbriche a causa dei piani per tagli senza precedenti, così da rendere competitiva la società. Con un quarto round di colloqui e altri scioperi previsti per il 9 dicembre, per ora ci sono poche indicazioni che la dirigenza e i leader sindacali della VW siano vicini a un accordo.
“Tempesta quasi perfetta”
Il settore “affronta una tempesta quasi perfetta – ha affermato UBS Group AG -. La pressione sui prezzi, le perdite di quote di mercato in Cina, una regolamentazione più restrittiva sulla CO2, il rischio tariffario e la domanda ancora fiacca probabilmente faranno scendere ancora i guadagni del settore, nonostante gli sforzi di ristrutturazione sempre più intensi”. Con valutazioni aziendali di circa il 30% al di sotto delle medie storiche, gli investitori sono cauti poiché i tempi per un rimbalzo del mercato più ampio e sostenuto rimangono incerti. Sulla stessa linea l’Ifo Institute, uno dei centri di ricerca economica più rinomati della Germania.
Illusione post pandemia
L’industria automobilistica era stata a lungo sostenuta da ordini pieni dopo la pandemia di Covid-19. I colli di bottiglia nell’offerta avevano lasciato i produttori senza abbastanza semiconduttori per soddisfare la domanda. Ma ora quegli arretrati sono stati smaltiti. Con la richiesta di veicoli elettrici stagnante, è crisi. Il declino ha lasciato le Case automobilistiche con una capacità in eccesso.
La Cina è lontana
Stellantis non ha mai fatto grandi affari in Cina. VW sì. I cinesi adoravano i marchi del Gruppo tedesco, che ha insegnato – assieme ad altri occidentali – all’industria auto orientale come si fanno le auto, tramite joint venture. Pechino ha imposto che gli europei costruissero vetture nel Paese della Grande Muraglia. Ha imparato a produrre macchine di qualità, superando di slancio il maestro. Ora, i marchi del Celeste Impero sono superiori dal punto di vista tecnologico, con prezzi inferiori: divorano le quote mercato ai danni di VW, ma anche BMW e Mercedes. Pare che l’Ue chieda alla Cina uno scambio: la cancellazione dei dazi europei sulle elettriche cinesi, in cambio del know-how del Dragone sulle elettriche e sulla guida autonoma. Regno di Mezzo in una posizione di forza straordinaria.
Stellantis, parola al futuro Ceo
Da parte sua, Stellantis ha fatto un sacco di soldi. Ma il profit warning di due mesi fa è stato un trauma. Da lì in poi, gli interrogativi pesanti sul futuro, perché di modelli davvero sexy il Gruppo non ne ha partoriti, con sovrapposizione dei marchi che ha dato noia agli appassionati. Perdipiù, i prezzi di Jeep sono ritenuti troppo alti dagli americani. Spetta al successore di Tavares cercare soluzioni, in un contesto delicatissimo.
Disastro generalizzato
Ford prevede di ridurre circa il 14% della sua forza lavoro europea, principalmente in Germania e nel Regno Unito, entro la fine del 2027. Mentre i produttori di auto di lusso tedeschi Mercedes-Benz Group AG e Porsche AG stanno cercando di tagliare i costi. GM paga cinque miliardi di dollari di costi di ristrutturazione in Cina.
Incubo indotto
In Germania, la crisi sta avendo ripercussioni sulla catena di fornitura, col tipico effetto domino. Robert Bosch, Continental e ZF Friedrichshafen insieme hanno annunciato circa 20.000 tagli di posti di lavoro nel loro mercato interno, dove i produttori di componenti per auto sono un elemento chiave dell’economia. Schaeffler AG prevede di chiudere due siti per risparmiare denaro ed eliminerà o trasferirà migliaia di posizioni. In quanto ai fornitori italiani di Stellantis, speravano in qualche cinese, ma nessuno viene in Italia a costruire.
Germania in preda a una recessione assurda
La Germania, la più grande economia europea, la locomotiva Ue, sta andando a picco: c’è il settore manifatturiero in contrazione, gli ordini alle fabbriche sono scesi di nuovo a ottobre. Senza il gas di Mosca, il costo dell’energia è stellare, e va di pari passo col costo del lavoro.
Lunedì 9 dicembre 2024 da panico
Le fosche prospettive delle Case automobilistiche saranno di nuovo visibili lunedì 9 dicembre 2024, quando VW si riunirà per un altro round di trattative con il suo potente sindacato IG Metall sui tagli al suo marchio omonimo assediato. La dirigenza ha affermato di dover chiudere fabbriche in Germania per far fronte a un calo della domanda di veicoli elettrici, all’aumento dei costi operativi e all’intensificazione della concorrenza. La scorsa settimana i dirigenti hanno respinto la controproposta del sindacato: un pacchetto di tagli aggiuntivi da 1,5 miliardi di euro. Che includeva minori pagamenti di dividendi, bonus ridotti e un fondo per pagare possibili licenziamenti e riduzioni di turni.
Con le due parti ancora molto distanti, potrebbero verificarsi altri scioperi e proteste nelle prossime settimane, in vista del periodo natalizio. Daniela Cavallo, rappresentante sindacale di punta della VW, ha affermato: “Compromesso o escalation”. Lì, in terra teutonica, ci sono signori sindacati, che non soffrono di annuncite acuta: se dicono che faranno una cosa, manterranno la promessa.
Pacchia cinese
Russia, Usa e Cina cos’hanno fatto affinché la Germania crollasse col suo automotive e con la sua industria? Niente. Berlino s’è suicidata. Il primo harakiri con l’auto elettrica imposta in Ue, senza rete di protezione. Il secondo col no al gas russo: l’industria pesante s’è sentita strangolata col costo dell’energia decollato. Poi una spruzzatina sinistroide di reddito di cittadinanza con pochi vincoli, ed ecco il veleno nelle vene di Renania, Westfalia, Stoccarda, Monaco, Wolfsburg. In parallelo, la Francia di Macron va a picco, senza potere sostenere i germanici. Il settore numero uno a pagarla cara è quello automotive.