Stellantis e indotto: 25.000 lavoratori a rischio senza ammortizzatori sociali

Ippolito Visconti Autore News Auto
Denuncia dei sindacati. Situazione drammatica nel nostro Paese: -30% di produzione auto in sei mesi.
fabbrica auto

Fra auto elettrica che nessuno si fila, inflazione, prezzi delle vetture elevate, strette creditizie, le macchine in Italia non si vendono, e così si registra un -30% di produzione auto in sei mesi. Sindacati sul piede di guerra: possibile sciopero, perché 25.000 lavoratori sono a rischio, indotto incluso. La forbice taglierebbe più che dalle parti di Volkswagen, dove si parla di 15.000 esuberi (ma c’è chi dice 30.000). Le sigle allora vanno verso la mobilitazione unitaria. Martedì 24 settembre, Fim, Fiom e Uilm presenteranno a Roma l’iniziativa. Al centro dell’iniziativa c’è la situazione degli stabilimenti Stellantis nello Stivale. 

Il Gruppo capitanato da Tavares è al centro dell’attenzione

“Servono investimenti e nuovi modelli, ma senza nuovi ammortizzatori sociali per molti stabilimenti di Stellantis e dell’indotto, il rischio di licenziamenti potrebbe investire circa 25.000 lavoratori”: la denuncia della Fim Cisl contenuta nel documento realizzato dal coordinamento dei metalmeccanici della Cisl. La situazione è critica. In assenza di una netta inversione di direzione – dice la Fiom – rischia di essere complessivamente compromessa la prospettiva industriale e occupazionale. È l’Europa che barcolla nel mondo. Si rischia di un terremoto per tutta l’industria dell’automotive nel continente, mentre in Usa e Cina difendono l’industria con fortissimi investimenti, attaccano le sigle.

Tre punti critici

La Fiom evidenzia tre elementi. Uno: la produzione nel 2024 è in forte calo e nel primo semestre dell’anno sono state prodotte il 30% di auto in meno rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. Eppure il governo Meloni ha concesso quasi un miliardo di euro per gli incentivi all’acquisto. Due: più ammortizzatori sociali. Tre: la strategia di riduzione del numero di dipendenti attraverso gli incentivi all’esodo (4.000 fino alla primavera scorsa), con il contestuale blocco delle nuove assunzioni.

Impegni con Stellantis

Per i sindacati, diventa indispensabile con Stellantis rendere vincolanti gli impegni già assunti sui nuovi modelli. Servono le piattaforme medium e large. Bisogna richiedere che venga assegnata in Italia anche la piattaforma small e i relativi altri modelli. Urge adottare politiche industriali focalizzate sulle imprese manifatturiere e sostenere la competitività delle imprese per tenere testa ai player stranieri. Sentiamo la Fiom: “L’industria automobilistica europea si trova nel mezzo del percorso verso la transizione all’elettrico e necessita di scelte strategiche molto importanti da parte dei decisori politici, a partire dalla Commissione Europea, che deve stanziare risorse per un pacchetto straordinario a sostegno di decisioni prese, per imprimere più forza ai cambiamenti tecnologici accompagnati da un piano di garanzia occupazionale”. 

fabbrica auto

Un tavolo con Tavares 

I sindacati chiedono al governo di aprire un tavolo direttamente con il ceo Carlos Tavares sulla crisi dell’auto. Occorre confronto con le aziende dell’indotto per arrivare a un pacchetto di strumenti che riguardano le aziende della componentistica: risorse pubbliche vincolate a chiari impegni di tenuta occupazionale da parte delle imprese, per governare la transizione, per accompagnare gli investimenti privati sulla ricerca. Sì a nuovi strumenti di riduzione dell’orario che permettano transizioni e riconversioni in continuità di rapporto di lavoro.

Sciopero anomalo

Va detto che, se uno sciopero arrivasse, sarebbe anomalo. Magari in fabbriche già poco operative, o momentaneamente chiuse. Lo sciopero nasce per rivendicare diritti dentro un’azienda sana, viva e vegeta. Se si fa dentro un settore sofferente morente, potrebbe avere meno senso.

Governo in difficoltà

L’obiettivo del governo Meloni era semplice a dirsi: un milione di veicoli Stellantis fatti in Italia l’anno per il 2030. Poi diventati 1,4 milioni, con 400.000 cinesi. Ma il Gruppo euro-americano balbetta. Mentre nessuna Casa del Dragone vuole venire qui da noi, in quanto burocrazia, tasse, vincoli, situazione spaventano: paure comprensibili. 

Meno guai in Francia

FCA, dopo la fusione con PSA in Stellantis, ha risentito più dei francesi della crisi. Forse, era opportuna un’alleanza. Marchionne, che con due aziende da risanare, riuscì a mantenere la filiera produttiva in Italia (in buona parte): “Mai con i francesi” fu lo slogan. I transalpini stanno reggendo l’urto della recessione perché hanno avuto una visione lungimirante. Da noi, senza colonnine e col prezzo dell’elettricità stellare, con incentivi ridicoli, il mercato sceglie ciò che gli conviene economicamente.

  Argomento:  -