Stellantis dopo Tavares: sette scenari, inclusa la fusione con Renault 

Ippolito Visconti Autore News Auto
Carlos Tavares si dimette all’improvviso per una disputa strategica: ora ecco gli scenari per Stellantis, frutto di voci e indiscrezioni.
Stellantis dopo Tavares

Fra Stellantis e Tavares è divorzio per disaccordi sulle strategie del Gruppo, due mesi dopo un profit warning che ha perso circa il 40% del suo valore quest’anno. La società ha affermato che cercherà di trovare il successore nella prima metà del 2025. Il Senior Independent Director Henri de Castries ha affermato che nelle ultime settimane sono emerse opinioni diverse tra i principali azionisti, il consiglio di amministrazione e Tavares, con conseguenti dimissioni del ceo.

Verrà istituito un nuovo comitato esecutivo ad interim, presieduto da Elkann. Il cda ha “accettato” le dimissioni di Carlos Tavares dal ruolo di amministratore delegato in largo anticipo rispetto al 2026 concordato a ottobre 2024: pare più che altro un dimissionato. Per il futuro, ecco i possibili scenari, frutto di voci e indiscrezioni.

Uno: a tutto Jeep

L’approccio di Tavares è stato messo sotto esame dopo che il crollo delle vendite in Nord America ha portato Jeep a non essere più la gallina dalle uova d’oro: si punterà forte, stando a indiscrezioni, sul marchio Usa per ribaltare l’inerzia dell’azienda. Si combatterà il consumo di cassa fino a 10 miliardi di euro: vendite da far lievitare e scorte da sgonfiare nel suo mercato nordamericano. Infatti, Jeff Laethem, proprietario di una concessionaria Stellantis a Detroit, ha detto di essere sollevato dalla notizia delle dimissioni di Tavares. Il 2024 è stato punitivo per lui, poiché l’inventario è cresciuto e le vendite di veicoli un tempo affidabili sono diminuite. “Non potrebbe andare peggio”, ha detto Laethem, aggiungendo che la sua concessionaria GM nelle vicinanze non ha dovuto affrontare le stesse sfide. 

Le vendite dei veicoli della società nel terzo trimestre di quest’anno sono diminuite del 17% negli Stati Uniti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con perdite significative nei marchi Dodge, Ram, Jeep e Chrysler. Difficoltà a consegnare anche le auto partorite nel 2023, come dimostrano i dati forniti a Reuters dall’app di acquisto auto CoPilot: ci sono 112 giorni di fornitura nei lotti dei concessionari di pick-up Ram 1500 e Jeep Wagoneer, circa 20 giorni in più rispetto ai rispettivi rivali Chevrolet Silverado e Ford Expedition. 

Jeep ha sempre puntato sul rapporto fra qualità e prezzo, sull’affidabilità e sulla robustezza. Tavares ha deciso di collocare più in alto il marchio: non gli è riuscito.

Due: progetti a lungo termine

In base a voci di corridoio, Tavares si stava muovendo troppo velocemente concentrandosi su soluzioni a breve termine: ora, sì a progetti di lunga durata, di ampio respiro. Fabio Caldato, un gestore di portafoglio presso AcomeA SGR, che detiene azioni Stellantis, ha affermato che “sono necessarie nuove idee e forze fresche per pianificare il futuro dell’azienda”.

Tre: elettrico, cautela

Tavares puntava forte sulla mobilità elettrica, in particolare per l’Europa: si cerca, stando al gossip automotive, maggiore flessibilità. Sì alle ibride per rilanciare le fabbriche.  Anche perché macchine come l’Opel Corsa con 51 kWh lordi di batteria, a 35.000 euro, non sono il massimo.

Quattro: stop all’eccesso di condivisione

No a troppe sinergie ed efficienze operative. Il dubbio, secondo fonti anonime: Maserati e Alfa Romeo penalizzate da un eccesso di condivisione di piattaforme e componenti con altri brand. Troppo differenti dalle prime. S’è mescolato eccessivamente il sacro col profano. L’Italia col francese. Marchi differenti per storia, tradizione, posizionamento, clientela, troppo mischiati su un’unica base. Un cocktail indigesto ai consumatori. Qualcosa non quadrava con Giulia e Stelvio che avranno solo il range extender, o le Lancia e Fiat rebadging delle Citroën.

Cinque: da migliorare i rapporti con tutti

Tavares era in battaglia contro il governo italiano: su bonus e produzione di un milione di auto l’anno. E contro i sindacati italiani. E contro i sindacati Usa. Un peggioramento delle relazioni con tutte le componenti mai viste in passato. Qualche polemica di troppo, chissà, anche con chi osava nei media analizzare il pessimo andamento del Gruppo. 

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Sei: no all’ossessione redditività

Stellantis ha scommesso in modo pesantissimo sulla redditività, facendosi nemici i governi, i fornitori e le concessionarie. Ma i nuovi modelli per i 14 marchi non hanno soddisfatto. Con un sacco di taglio indigesti. Tanti utili nell’immediato, ma altrettanti guai negli anni a venire.

Sette: consolidamento con Renault

La settima ipotesi, la più chiacchierata, è la più esplosiva. Un unico mega Gruppo fatto da Renault più Stellantis. Con l’italiano Luca de Meo a capo di tutto. Sarebbe il trionfo della Francia, che ha partecipazioni in entrambe le aziende. Tuttavia, un modo per sopravvivere contro l’ondata cinese dovrà pur essere studiato. Dopodiché, occorrerà vedere cosa ne pensi l’Antitrust. Qualora il Garante della concorrenza a livello comunitario non dovesse opporsi, anche per le stesse Case del Dragone si aprirebbero praterie: potrebbero rispondere con fusioni all’interno del Paese della Grande Muraglia. Una lotta fra Titani sempre più immensi. Ipotizzabile un traghettatore verso la fusione con Renault.

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