Le auto elettriche prodotte dal gruppo Stellantis continuano a presentare evidenti criticità. È notizia delle ultime ore la decisione di Stellantis di stoppare la produzione della Fiat 500 a batteria per un paio di settimane a Mirafiori. Dal gruppo italo-franco-americano si sono attivati ad avvisare i sindacati. Il fermo delle linee di assemblaggio inizierà il 19 ottobre e terminerà il 3 novembre. In aggiunta alla proposta del Lingotto, saranno sospese pure le linee dei modelli Maserati. Insomma, il problema non può essere circoscritto al Lingotto.
Stellantis: si mette male per Mirafiori
Semmai i disagi dipendono dall’andamento altalenante delle bev. E, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il conglomerato diretto da Carlos Tavares potrebbe prestare rivedere al ribasso le stime di produzione della Fiat 500 elettrica, da 100 mila a 80 mila unità l’anno. Almeno su questo punto mancano delle comunicazioni ufficiali, tuttavia ci sembrano essere delle buone chance, specie dopo l’ultima scelta.
I problemi sofferti dalla manodopera italiana vanno, insomma, avanti, ancora una volta. Il dibattito continua ad andare avanti da mesi e mesi, nella quale sono intervenute pure le autorità politiche. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è stato uno dei più combattive. In diverse occasioni l’onorevole ha esortato le compagnie, in particolare quelle di Stellantis, a investire nella nostra penisola. Dall’azienda sono giunti segnali contrastanti, anche dal leader John Elkann.
Mentre veniva inaugurato il centro dedicato alla fabbricazione delle batterie in quel di Mirafiori, lo scorso agosto si chiudeva una grossa operazione in Algeria. Che porterà alla creazione di migliaia di posti di lavoro, stando alle previsioni della stessa potenza delle quattro ruote.
Dei segnali poco incoraggianti sul conto della Fiat 500e erano già emersi nel recente passato. Quando, mentre la Tesla Model Y guardava le rivali dall’alto verso il basso nel panorama globale, la piccola torinese era l’unica della top 10 a rimediare un segno negativo. Certo, era appena il 3 per cento, ma la controtendenza rispetto ai competitor era poco incoraggiante. La tesi degli scettici trova nella decisione l’ennesima conferma di un corso che pare in seria crisi. Comunque, meno preoccupante in rapporto alla Volkswagen o così pare.
La sindacalista Daniela Cavallo, una delle figure chiave nella cacciata di Herbert Diess come capogruppo, ha profetizzato una tempesta perfetta. A non convincerla affatto è la decisione del numero uno del brand, Thomas Schaffer, di puntare all’aumento del margine operativo lordo al 6,5 per cento, col contestuale taglio di 10 miliardi di euro alla voce spese. Il timore della Cavallo è che ciò conduca a un ambiente disunita in VW, anziché stimolare i dipendenti ad agire di squadra, nel tentativo di rilanciare le sorti generali.