Stabilimento Volkswagen di Osnabrück: perché da qui parte lo tsunami dei lavoratori contro i manager

Ippolito Visconti Autore News Auto
I lavoratori dello stabilimento Volkswagen di Osnabrück, considerato un possibile obiettivo di chiusura, stanno tenendo nuovi scioperi.
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È lo stabilimento Volkswagen di Osnabrück il cuore della protesta dei lavoratori contro i manager. Dove siamo? Nella città extracircondariale della Bassa Sassonia, a un passo dal confine con il land della Renania Settentrionale-Vestfalia. La terza per popolazione, nel land, dopo Hannover e Braunschwei. Qui, i dipendenti della fabbrica, considerata un possibile obiettivo di chiusura in base ai piani di ristrutturazione del Gruppo automobilistico tedesco, stanno tenendo nuovi scioperi di avvertimento. Come parte delle proteste regionali sugli stipendi. Lo ha affermato il sindacato IG Metall.

Qual è il “trucco”

È la seconda volta in poche settimane che i lavoratori del sito sono in sciopero, a dimostrazione della crescente tensione per gli sforzi della Volkswagen di tagliare i costi e potenzialmente chiudere per la prima volta le fabbriche in Germania. Mentre gli scioperi nelle altre fabbriche della Germania occidentale della Volkswagen sono possibili solo da dicembre, i contratti di lavoro a Osnabrück sono disciplinati in modo diverso, rendendo tale azione possibile ora.

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Quanti soldi chiedono

IG Metall chiede aumenti salariali del 7% rispetto a un’offerta delle associazioni dei datori di lavoro di un aumento del 3,6% in 27 mesi. Le aziende affermano che le richieste sono irrealistiche. 

Questione Porsche

Lo stabilimento Volkswagen di Osnabrück, che impiega circa 2.300 dipendenti, produce i modelli Cayman e Boxster di Porsche e la T-Roc Cabriolet di Volkswagen. Ma Porsche ha annunciato i piani per costruire le prossime generazioni di Cayman e Boxster nel suo stabilimento di Stoccarda-Zuffenhausen, e Volkswagen interromperà la produzione della T-Roc Cabriolet l’anno prossimo, creando un potenziale problema di produzione per Osnabrück. La scorsa settimana, la responsabile del consiglio di fabbrica della Volkswagen Daniela Cavallo ha affermato che la dirigenza Porsche aveva informato lo stabilimento che avrebbe posto fine al loro attuale rapporto commerciale.

Effetto domino

Si allarga a macchia d’olio intanto la crisi dell’auto in Germania. Coi verdi, quelli che hanno voluto l’elettrico in Ue uccidendo l’automotive del continente, nel panico totale. Il grande malato, Volkswagen, che ha annunciato un taglio dei posti di lavoro (30.000?) e degli stabilimenti (almeno tre?), contagia la filiera. Un virus. Il fornitore tedesco Schaeffler, una multinazionale da circa 120 mila dipendenti, ha annunciato la riduzione di 4.700 posti di lavoro in Europa, più la chiusura di due fabbriche. E non si tratta dell’unica notizia negativa. Il colosso degli pneumatici Michelin in Francia, entro l’inizio del 2026, chiuderà due stabilimenti. Una scelta che interesserà 1.254 dipendenti. Terrore in Italia, per lo stabilimento di Momo del Novarese. Intanto Audi ha registrato un massiccio calo degli utili: meno 91% a 106 milioni di euro. Per fortuna, c’è stato l’aumento delle vendite del marchio di lusso italiano Lamborhini. A ottobre 2024, in terra tedesca, vendite a +6% ma le elettriche crollano del 5%: senza incentivi, nessuno vuole le full electric, macchine costose e scomode.

Trio Germania, Francia, Italia

Questa situazione che sta portando i Paesi della Ue a riaprire la discussione sulle multe che le Case automobilistiche riceveranno dal 2025 se non rispetteranno i nuovi limiti di emissioni di CO2. Siamo sui 15 miliardi di euro. Il ministro dell’Economia tedesco è disponibile, così anche la Francia e l’Italia. Non si vorrebbe spostare il traguardo del 2035, ma far slittare le sanzioni. Ferdinando Uliano della Fim-Cisl vuole inoltre costruire un fondo europeo, una sorta di Next generation Eu per l’auto, per affrontare in modo importante, sostenibile socialmente e industrialmente, tutto il percorso di transizione verso l’elettrico

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