Esiste la questione tasse benzina. L’Unione europea spinge per l’auto elettrica nel 2035, e l’Italia si adegua, volendo un circolante di vetture a batteria di 4,3 milioni di unità nel 2030. L’Anfia filiera nazionale fa però un ragionamento molto interessante e un po’ provocatorio, come abbiamo ascoltato a un recente convegno. La base è che la spesa dei connazionali per i carburanti per autotrazione benzina e gasolio nel 2023 è stata di 70,9 miliardi di euro alla pompa. Analizzando questa cifra nel dettaglio, si vede che 38,1 miliardi sono dovuti ad accise e Iva (su accise e su costo industriale). I restanti 32,8 miliardi sono quelli fatturati per la produzione e la distribuzione. La parte fiscale nel 2023 è salita del 22,7% rispetto al 2022, mentre la parte industriale ha subito un calo del 18,1%. Con un parco circolante totalmente elettrico, lo Stato italiano avrebbe un ammanco pari ai 38 miliardi l’anno di tasse benzina e diesel, fra accise e Iva carburanti. Ce lo possiamo permettere?
Tasse benzina: si scherza col fuoco
Di qui, la via d’uscita. Nel 2026, c’è una clausola di revisione al regolamento europeo che stabilisce lo stop alla vendita di auto endotermiche al 2035. Potrà esserci l’apertura a carburanti alternativi all’elettrico, come i carburanti sintetici, già menzionati nel regolamento stesso, utilizzati nelle vetture endotermiche. O con le elezioni Ue di giugno 2024, gli estremisti verdi perdono, o cambiano idea: slittamento dello stop ai motori termici dal 2035 al 2040, come minimo.
Tre problemi dell’auto elettrica
Per l’Anfia, la media utenza italiana considera le vetture elettriche troppo costose. Ha difficoltà legate alla ricarica, con un chilometraggio oscillante anche in funzione delle condizioni meteo. E il valore residuo dell’usato oggi è bassissimo. Infatti quando fai il finanziamento della Casa, questa ti propone il Valore futuro garantito.