Scontro totale fra il capo di VW Blume e la sindacalista Cavallo: Germania in fiamme

Ippolito Visconti Autore News Auto
Il CEO della VW Blume se la prende con i sindacati.
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Berlino bollente. L’industria tedesca sta perdendo terreno rispetto alla concorrenza globale. A causa degli elevati costi energetici e di manodopera. Costringendo alcune delle sue aziende più affermate, tra cui Thyssenkrupp, a rivedere gli accordi con i lavoratori da tempo considerati sacrosanti. Gli investitori stanno prendendo nota. Azioni Volkswagen in calo di quasi un terzo negli ultimi cinque anni, rendendola la peggiore tra le principali Case automobilistiche europee. Il veterano dirigente della VW, Oliver Blume (56 anni), è in rotta di collisione con il sindacato IG Metall mentre valuta la fine della sicurezza del posto di lavoro e la chiusura degli stabilimenti in Germania per ridurre i costi. Lo riporta Automotive News.

Il numero uno è alle prese con la domanda in calo di auto elettriche e coi rivali cinesi: adesso ci sono pure i potenti sindacati tedeschi. La pressione sulla VW è stata messa a nudo questa settimana quando il colosso ha rivelato che stava pianificando di eliminare un accordo di sicurezza del posto di lavoro vecchio di 30 anni, e valutando la chiusura degli stabilimenti in Germania. 

Daniela Cavallo in opposizione feroce

Il presidente del consiglio di fabbrica della VW, Daniela Cavallo, ha affermato che i sindacati “resisteranno ferocemente” ai piani, escludendo qualsiasi chiusura di fabbriche sotto la sua supervisione. Una riunione del personale mercoledì, in cui la dirigenza incontrerà i lavoratori, sarà “molto spiacevole”. La VW non elimina uno stabilimento dal 1988, quando chiuse il sito di Westmoreland in Pennsylvania (Usa).

A luglio, la Casa ha detto che potrebbe chiudere una fabbrica Audi a Bruxelles, citando un forte calo della domanda di auto elettriche di fascia alta. Il gigante è in ritardo su un programma di riduzione dei costi da 10 miliardi di euro presso il suo marchio omonimo, mentre deve finanziare progetti internazionali critici, tra cui un potenziale investimento da 5 miliardi di dollari nel produttore di veicoli elettrici statunitense Rivian e una partnership con la cinese Xpeng. Ex CEO del gruppo VW, tra cui Herbert Diess e Bernd Pischetsrieder, hanno fallito nei loro tentativi di apportare cambiamenti di vasta portata alla casa automobilistica con sede a Wolfsburg, mentre i sindacati sono rimasti fermi. 

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Il ruolo della Bassa Sassonia 

La struttura di governance decennale della VW conferisce un’enorme influenza allo Stato regionale della Bassa Sassonia. Che mantiene una quota di voto del 20 percento e può bloccare decisioni chiave. I rappresentanti dei lavoratori costituiscono metà del consiglio di sorveglianza della VW, dove le decisioni sui siti di produzione richiedono l’approvazione dei due terzi.

Proprio la maggioranza dei due terzi è necessaria per la costruzione e la ricollocazione degli impianti di produzione, senza fare riferimento alla chiusura effettiva. Ciò potrebbe lasciare un margine di manovra alla dirigenza, mentre i sindacati potrebbero sostenere che una ricollocazione è simile per natura a una chiusura, secondo persone a conoscenza della questione. Fra questioni legali e morali, la terra teutonica scotta.

Al centro del pasticcio colossale, la fissazione dei Verdi con le elettriche in Ue e le loro lobby politiche comunitarie nonché nei social con influencer pressanti non solo in terra tedesca: estrema sinistra ed estrema destra avanzano impetuosamente in Germania. 

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