Piove sul bagnato: lo sciopero dei portuali Usa è una batosta sulle Case auto europee, già alle prese con quell’inferno chiamato auto elettrica. La costa orientale degli Stati Uniti è paralizzata da martedì per il rinnovo dei contratti: la protesta, la prima così grande da quasi cinquant’anni, la guida l’International Longshoremen’s Association, il sindacato più rappresentativo del settore. Tratta con la United States Maritime Alliance per un nuovo contratto della durata di sei anni.
Povera Europa
Ma cosa c’entra il Vecchio Continente, già così malandato? Le aziende automotive Ue sfruttano i porti della costa orientale. Secondo l’AAI, i porti nei quali si svolge lo sciopero gestiscono il 34% di tutte le auto e le componenti che arrivano negli Stati Uniti: 135 miliardi di dollari di business. Che si bruciano.
Più giacenza, finché durano
Le Case Ue sapevano dello sciopero: nelle scorse settimane sono aumentate le giacenze in magazzino. Stellantis e Volvo inoltre hanno individuato nuove rotte di transito. BMW, Volkswagen, Nissan e Honda sono sul chi va là. Toyota ha aumentato la produzione, incrementando le giacenze nei piazzali per evitare ritardi nelle consegne. Mazda dice di avere sufficienti riserve per non subire contraccolpi. Pertanto, la legnata può arrivare sui clienti che hanno ordinato l’auto: tempi di consegna più lunghi.