Quando si fa viva, la sfortuna morde con tutta la sua forza: in un momento orribile per il Gruppo Volkswagen che potrebbe chiudere tre fabbriche in Europa e licenziare 30.000 persone, piomba lo sciopero dei porti in Usa sulla costa orientale e del Golfo. Dal Texas al Maine, dal 1° ottobre 2024, paralisi. Bloccati auto, banane, beni di ogni tipo. Le Case auto europee, in primis VW, spediscono le esportazioni di vetture specie sulla costa orientale: sono le più vulnerabili allo sciopero. Quindi, la guerra tra il sindacato International Longshoremen’s Association (85.000 lavoratori) e il gruppo di datori United States Maritime Alliance danneggia il mondo automotive, già stressato dalle malsane idee dei Verdi Ue con le loro elettriche che nessuno si fila. Con lo sciopero, ogni settimana 500mila i contenitori non potranno sbarcare o raggiungere le destinazioni. Perdite giornaliere che Jp Morgan stima tra i 3,8 e i 4,5 miliardi di dollari.
Servono soldi
“L’impatto dello sciopero è ora – ha affermato Anu Goel, vicepresidente esecutivo per i servizi e l’assistenza post-vendita di VW Group of America -. Aumenterà esponenzialmente qualsiasi cosa duri più di una settimana”. Soluzione: altri porti e hub, differenti tratte oceaniche. Sono soldi, novità, risorse da impiegare, esperimenti immediati.
Se lo sciopero dilagasse, sarebbero dolori
Due dei porti del VW Group of America, Baltimora e Jacksonville (Florida) sono chiusi: vietato scaricare le navi. Ognuna delel quali trasporta da 3.000 a 4.000 veicoli. Le strutture di spedizione VW a Freeport e Davisville, Rhode Island, rimangono aperte perché le sezioni sindacali locali hanno deciso di non scioperare. Per ora. Occorre reindirizzare le navi, ma questo richiede vagoni ferroviari e poi trasportatori per spostare i mezzi attraverso gli Stati Uniti. Esiste poi il guaio dei pezzi di ricambio: il 70 percento proviene dall’Europa e viene importato tramite il porto del New Jersey. Il quindici percento dal Messico tramite ferrovia e il resto dagli States. Col rischio che la serrata dilaghi, come i capi dei sindacati vorrebbero.
In generale, occhio alla destabilizzazione della filiera logistica: guerra Russia-Ucraina, crisi di Suez, Medio Oriente in fiamme, Panama in tilt, shut down dei docker della East Coast. Possibili ripercussioni sulla filiera dell’auto nel mondo.