Salvini a tutto campo contro l’auto elettrica

Dario Marchetti Autore
Matteo Salvini

Per Matteo Salvini la Cina è ormai una fissazione. Non pago di far parte di un governo che è riuscito ad alienarsi le opportunità occupazionali prospettate dall’arrivo delle imprese del Dragone lungo il territorio nazionale, il ministro dei trasporti e delle infrastrutture insiste ora nella sua battaglia contro l’auto elettrica, del tutto antistorica, perché sarebbe un enorme regalo alla Cina.

E per farlo, torna all’attacco della normativa UE che prevede lo stop alla vendita di auto provviste di motori endotermici dal 2035. Un provvedimento che è stato ancora una volta confermato dalla Commissione Europea per bocca di Teresa Ribera, contro la quale ora il leader leghista rivolge i suoi strali. Il tutto con il pericolo che il nostro Paese resti ancora una volta isolato in Europa solo perché la destra italiana intende agitare una bandierina a scopo di propaganda. Rivelandosi non meno impregnata di ideologia di quegli ecologisti che con la loro visione priva di piani B stanno distruggendo l’automotive continentale.

Un suicidio economico, ambientale, sociale e industriale: Matteo Salvini evoca l’apocalisse

Chi non vuole cambiare la normativa Ue che prevede l’obbligo di immettere sul mercato solo auto a zero emissioni nette di CO2 dal 2035 porta l’Europa a “un suicidio economico, ambientale, sociale e industriale”. Parole e musica di Matteo Salvini, impegnato a cercare di riguadagnare un consenso elettorale ormai traballante.

Auto elettrica

Per farlo ha scelto come arena l’Unione Europea, illudendosi di poter cambiare il finale di una commedia che è ormai stata scritta, ovvero la transizione ad un modello di mobilità più sostenibile. Un finale del tutto comprensibile, alla luce dello stress cui è sottoposto l’ambiente e dei fenomeni atmosferici sempre più estremi cui stiamo assistendo ormai da anni, anche lungo il territorio continentale.

Se è del tutto sacrosanto indirizzare l’eurozona verso l’elettrificazione dei trasporti, i dubbi sarebbero semmai fondati sui modi scelti per arrivarci. A partire dagli obiettivi sulle emissioni del 2025, ove però sembra in atto un ripensamento, esplicitato anche da Teresa Ribera, nuova vicepresidente della Commissione europea, responsabile per la transizione verde.

Teresa Ribera è una marziana, secondo il leader leghista

E proprio Teresa Ribera viene attaccata da Salvini, con toni difficilmente condivisibili. Secondo lui, la socialista iberica sarebbe “una marziana che è sbarcata ieri sul pianeta terra e non si accorge che le fabbriche stanno chiudendo e che le auto elettriche arrivano dalla Cina, che brucia carbone e inquina di più, per conquistare le nostre fette di mercato”.

Forse qualcuno dovrebbe dirgli, però, che gli altri si sono accorti che le fabbriche stanno chiudendo. A partire proprio dai socialisti spagnoli, che per evitare ricadute occupazionali stanno cercando di invogliare le case cinesi a costruire impianti sul loro territorio. E per farlo hanno non solo evitato di votare per i dazi UE, il cui appoggio è costato all’Italia la rottura delle trattative con Dongfeng e altri, ma anche impegnato il loro Premier, Pedro Sanchez, a fare da pontiere nella trattativa con il governo di Pechino.

Teresa Ribera

Nel suo attacco, Salvini ha poi coinvolto anche la Francia e la Von der Leyen. La prima farebbe finta di niente, andando verso il burrone, mentre la presidente riconfermata della Commissione, favorendo questa normativa nel primo quinquennio del suo mandato, “ha commesso un errore clamoroso, oggettivo, devastante, evidente”.

La realtà, però, dice molte altre cose che Matteo Salvini finge di non sapere

Le accuse del leader della Lega sono state pronunciate nel corso di un incontro con la stampa, a Bruxelles, a margine della riunione del Consiglio Trasporti dell’Unione. Una riunione durante la quale Salvini afferma di essere intervenuto, bontà sua insieme ad altri ministri europei, a difesa di 14 milioni di posti di lavoro legati all’industria dell’auto e dei motori.

E ora, naturalmente, il numero due del governo Meloni conterebbe sul fatto che la perseveranza sua, della Lega e del governo italiano, porti a una maggioranza a favore della richiesta di rivedere modi e tempi delle riduzioni delle emissioni di CO2 dalle auto.

Il problema grosso, è che Salvini, come tanti altri altri politici italiani ed europei, non rappresenta la soluzione ad una situazione sempre più grave. Che non possa esserlo lo si deduce da una frase pronunciata a proposito delle multe erogate nei confronti delle case che sforano i limiti sulle emissioni. Il vicepremier, al proposito, afferma che “se la gente non ha i quattrini per cambiare la macchina non è che puoi multare la fabbrica, che infatti licenzia gli operai.”

Ma in Italia, tanto per dirne una, se “la gente” non ha i quattrini è anche perché il suo governo si oppone al salario minimo orario per chi lavora. Un provvedimento invece votato dai socialisti spagnoli di cui è espressione quella Ribera da lui osteggiata. Insomma, la propaganda ha sempre le gambe corte, da qualsiasi parte provenga.

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