Revisione Ue del bando auto termiche: batosta per l’Italia

Ippolito Visconti Autore News Auto
Bruxelles dice no ancora al governo italiano sulla revisione del bando termico europeo.
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Sconfitta cocente per il governo Meloni: revisione del bando termico 2035, il riesame si farà nel 2026. Invece, l’Italia voleva che tutto fosse messo sotto la lente nel 2025. Inoltre, Bruxelles apre agli e-fuel, ma dimentica i biocarburanti chiesti dal nostro Paese. Per lo Stivale, insomma, solo un no grosso come una montagna, e un sì sempre più convinto alla potente Germania che ama i carburanti sintetici. Ha colpe l’esecutivo italico? No. È risaputo che in Europa non contiamo niente rispetto a Berlino e Parigi, vere locomotive. D’altronde, sono gli ecoinvasati ultragreen sinistroidi tedeschi che hanno voluto l’elettrico nel 2035, col Regolamento 2019: dopo la crisi epocale di VW e i licenziamenti in tutta la terra teutonica, ripiegano verso gli e-fuel, in attesa delle elezioni.

Roxana Minzatu: no totale all’Italia

Lo ha ribadito il vicepresidente esecutivo della Commissione, Roxana Minzatu, nel corso di un’interrogazione parlamentare sul tema: “Il Regolamento richiede alla Commissione di preparare una relazione sui progressi compiuti entro il 2025. Sulla base di tale relazione, la si riesaminerà il Regolamento nel 2026”. Pertanto, in mezzo a un mare di tecnocrazia, è difficile uscirne. E siccome l’Italia fa parte dell’Ue, questo è il suo destino: subire i voleri della sinistra tedesca che comanda a Bruxelles. Almeno per ora. Si vedrà cosa accadrà dopo il voto sia in Germania sia in Francia, che potrebbe destabilizzare ulteriormente un organo esecutivo Ue già traballante.

Cosa dice l’Ue

Come giustifica Bruxelles il no all’Italia e ad altri Paesi, evidentemente con peso specifico inferiore a Germania e Francia? “Il rispetto dei tempi dati crea certezza per produttori, fornitori e investitori, garantendo al contempo un lasso temporale sufficiente per assicurare una transizione equa”. Certo che – in Europa dilaniata dal terrore della disoccupazione automotive con fabbriche in chiusura – parlare di “certezza” e “transizione equa” fa sorgere qualche perplessità. In realtà, ci si dimentica che lo stesso Regolamento del 2019 imponeva – a livello centrale e periferico – di proteggere la nascita e la crescita dell’auto elettrica, elemento debole in Ue rispetto alla potentissima Cina: colonnine, bonus lato domanda e offerta, costo dell’energia, mantenimento dei livelli occupazionali, scudo contro l’avanzata delle fortissime Case orientali.

La Germania e i suoi e-fuel

Nel corso del suo intervento, Minzatu è tornata anche sul tema dei carburanti sintetici: “La Commissione lavorerà per garantire che gli e-fuel svolgano un ruolo nella riduzione delle emissioni di CO2”. Quindi, prima dice che c’è rispetto dei tempi. Poi però apre agli e-fuel, che tutto sono fuorché elettroni per auto elettriche.

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Auto: Italia in una posizione scomodissima

  • Il governo italiano – senza responsabilità, lo ribadiamo – si vede dire no di nuovo dall’Ue sull’anticipo della revisione per il bando termico.
  • L’Ue non parla mai dei biocarburanti su cui il nostro Paese punta.
  • Il governo non compra più gas da Putin, per punire severamente la Russia e isolarla, per la guerra contro l’Ucraina: il costo dell’energia nel Belpaese è quindi stellare, a discapito del settore automotive. In quanto alla rigassificazione, occhio ai prezzi mostruosi e alla sostenibilità ambientale. In parallelo, in linea con l’Ue, molte risorse interne vengono dirottate sulle armi da dare a Kiev e al suo leader Zelensky.
  • Abbiamo detto sì agli extra dazi Ue sulle elettriche Made in China: Pechino invita a non investire nelle nazioni che non si sono opposte alle tasse. Pertanto, zero Gruppi auto del Celeste Impero che aprano fabbriche da noi, in sostituzione o in abbinamento a Stellantis.
  • Adesso, è da vedere come si svilupperà il Piano Italia Stellantis, con effetti sulla produzione diretta e sull’indotto. Incognite pesanti su tutto.

Manca una parola meravigliosa: libertà

In tutto questo bailamme nel Vecchio Continente – stanco e malandato -, il grande assente è la parola “libertà”. Io – consumatore – dovrei in teoria, in uno Stato libero e in una comunità allargata libera, scegliere liberamente l’auto. In base a prezzo e convenienza di vario genere: il motore migliore. Invece, s’impone il bando termico 2035. Il primo ad allontanarsi dal punto di vista psicologico dall’Ue è il cittadino, che (fidandosi sempre meno della presunta transizione green) desidera essere libero di cambiare tipo di vettura quando desidera, come avvenne con lo smartphone che soppiantò telefonini meno evoluti in un contesto di massima libertà. Nulla è più splendido della libertà, inclusa la libera scelta di acquistare quel che si vuole. Chiaro che l’errore è alla radice: il voto a maggioranza nel 2019. Adesso, se sette Paesi “leggeri” in Ue (Italia inclusa, più Repubblica Ceca e Malta) sono contro, pesa il volere degli altri 20 su un totale di 27: i pesi massimi Germania e Francia trainano gli altri, almeno per adesso che la sinistra governa. All’epoca, anche la mancanza di un vero muro contro muro da parte dei Ceo dei Gruppi auto fu un errore. Che oggi si paga con un prezzo caro come il fuoco.

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