Addirittura 10.800 auto prodotte in Italia a gennaio 2025, ossia -63,4% su gennaio 2024: il dato drammatico arriva dall’Istat, come conferma l’Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica). Sono cose da anni 1950. In quanto ai diversi comparti, la produzione di veicoli è in contrazione del 37%, mentre quella di parti e accessori per autoveicoli e motori è scesa del 15,4%. In generale, l’indice della produzione industriale è sceso dello 0,6% rispetto all’anno precedente, mentre il fatturato dell’industria ha chiuso il 2024 con un calo del 3,4%. Male, ma non così tanto come l’auto. Pesa il forte calo di vendite Stellantis nel nostro Paese.
Dopo un 2024 tremendo
Da gennaio a novembre 2024, l’export italiano di autoveicoli ha raggiunto quota 16,4 miliardi di euro, con gli Stati Uniti come primo mercato di destinazione (19% delle esportazioni), seguiti da Germania (15,4%) e Francia (11,3%). Coi dazi, sarebbero dolori. La componentistica ha registrato esportazioni per 23 miliardi di euro, con un saldo positivo di 6,4 miliardi. Il fatturato del settore ha chiuso dicembre 2024 con un calo del 14,3%, trascinato dalla debolezza del mercato interno (-17%) e di quello estero (-11,4%). Ecco perché i fornitori si rivolgono alla cinese BYD, nella speranza che dia commissioni: così da formare un triangolo con le industrie in Ungheria e Turchia.
Paura 2025
A fronte di questi numeri preoccupanti, Gianmarco Giorda, direttore generale di Anfia, è preoccupato: “Anche l’apertura del 2025 conferma il trend negativo per la produzione automotive italiana e il Piano d’Azione per l’Automotive presentato dalla Commissione Europea il 5 marzo non risponde pienamente alle necessità del settore. Servono misure concrete per sostenere la competitività delle nostre imprese, soprattutto sul fronte dei costi energetici rispetto a competitor come Usa e Cina”.

Auto in Italia ko per quattro motivi
1) Non esiste una campagna ecobonus unica e coerente. Quanto annunciato in passato dal governo (5 miliardi) è scomparso. Così, il consumatore si disorienta. Secondo Anfia, è necessario un piano decennale per il rinnovo del parco auto circolante europeo – la cui età media è di 12,5 anni – con incentivi mirati alla decarbonizzazione.
2) C’è attesa per presunti incentivi auto paneuropei: i politici attivano l’effetto attesa. Nessuno compra auto, attendendo i bonus di Bruxelles.
3) Tra i principali ostacoli all’adozione di veicoli ricaricabili, l’elevato costo dell’energia e l’insufficiente capillarità delle infrastrutture di ricarica. A oggi, sono state assegnate con i fondi PNRR solo 6.000 colonnine sulle oltre 21.000 la cui attivazione era prevista entro fine 2025.
4) Arrivano pessimi segnali dall’UE. In occasione del Tavolo Automotive tenutosi il 14 marzo 2025 presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy, il direttore generale Unrae (Unione Case estere) Andrea Cardinali ha espresso perplessità sul Piano d’Azione presentato il 5 marzo dalla Commissione Europea. Lo ha definito più un Piano d’Attesa. Motivo: poca chiarezza necessaria per le aziende automobilistiche, che ogni anno stanno investendo centinaia di miliardi nella doppia transizione energetica e digitale. In quanto alle multe UE 2026 per il superamento dei target emissivi 2025, non verranno rinviate grazie al meccanismo proposto da Bruxelles: questo prevede la conformità come CO2 media calcolata su un periodo triennale, con l’obbligo di compensare eventuali scostamenti negli anni successivi. Risultato: genera subito impatti economici alla luce dei princìpi contabili internazionali.
Il lavoro creato dall’auto elettrica sostituirà quello dell’auto termica: illusioni UE
Gli influencer del Green Deal ci han raccontato per anni la favola che il lavoro creato dall’auto elettrica avrebbe sostituito quello dell’auto termica in Italia e in Europa. I promotori del mondo nuovo hanno dimenticato che, alla fine del mese, ci sono migliaia e migliaia di famiglie messe in ginocchio da un gruppo di ecoinvasati. La cui ideologia crolla innanzi a prezzi delle elettriche colossali, autonomia certificata nettamente sovrastimate e non correlata solo allo stile di guida del driver, costo del kWh vergognoso per la ricarica pubblica veloce, infrastrutture insufficienti, deprezzamento dell’auto dopo due anni.