Prima impone dazi sulle auto elettriche e poi dialoga con la Cina: Ue con tante idee e confuse

Ippolito Visconti Autore News Auto
Bruxelles afferma che potrebbe continuare i colloqui sui veicoli elettrici cinesi anche dopo i dazi.
Bruxelles afferma che potrebbe continuare i colloqui sui veicoli elettrici cinesi anche dopo i dazi.

Un giorno l’Ue dovrà dirci cosa vuole fare da grande: bastona di dazi le auto elettriche cinesi e poi vuole dialogare con Pechino. Bruxelles si deve decidere. Se piazza le tariffe, è una dichiarazione di guerra commerciale al Partito Comunista Cinese. E allora, dopo, a che tavolo si vuole sedere con gli orientali, per parlare di cosa? Forse, nella torre d’avorio comunitaria, da dove guardano affannarsi gli operai VW in vista dei tagli a causa dell’auto elettrica imposta dall’Unione, conoscono poco gli uomini che abitano oltre la Grande Muraglia. Li hai stuzzicati, e ora il Dragone ti scatena addosso la sua furia: controdazi sui prodotti Ue e tasse alle auto premium tedesche, già in grave crisi. La Commissione europea è disposta a continuare a negoziare con la Cina un potenziale accordo per evitare i dazi sui veicoli elettrici cinesi anche dopo l’imposizione definitiva delle barriere, ha affermato lunedì un alto funzionario Ue (fonte Reuters). Pare uno scioglilingua, che solo l’Ue poteva partorire. Della serie, ti do un cazzotto, ma poi parliamo e facciamo pace: perché temo che tu me lo restituisca mille volte più forte.

Burocrazia bifronte

Prima l’Ue vuole l’elettrica, poi mette i dazi alla Cina che vende elettriche, quindi desidera dialogare con chi va a tartassare: una burocrazia europea bifronte, equivoca, disorientante. Risultato: domanda di full electric che crolla e aziende automotive che licenziano. La verità è che la paura della replica dell’ex Celeste Impero terrorizza. Con conseguenze economiche, politiche e sociali devastanti per il malandato Vecchio Continente. Adesso non si scherza più con la lunghezza delle cozze e coi tappi delle bottiglie di plastica: ora c’è la Cina.

Si vota venerdì 4 ottobre 2024

Il verdetto è atteso venerdì 4 ottobre 2024. La Commissione, che sta conducendo un’indagine sulle presunte sovvenzioni di Pechino alle Case cinesi (idem la Cina sugli aiuti in Ue alle aziende europee di vario genere), ha inviato la sua proposta di dazi definitivi ai 27 membri. Dicendo che i negoziati su un possibile compromesso potrebbero continuare anche se i Paesi accettassero le aliquote tariffarie. L’auspicio di chi scrive è che prevalga la ragionevolezza: mai mettersi contro il Dragone, perché è un suicidio. Oltretutto, i dazi verrebbero alla lunga superati di prepotenza dagli orientali, tenaci, feroci quando c’è da centrare un obiettivo, per giunta ora pungolati nell’orgoglio profondo. Che errore strategico clamoroso, che autogol psicologico senza precedenti. Le tariffe proposte variano dal 7,8% per Tesla per le EV costruite in Cina, al 35,3% per SAIC (MG) e altre società considerate non aver collaborato all’indagine della Commissione. Tasse pure per BYD e Chery. Sono in aggiunta al dazio standard UE del 10% sulle importazioni di auto. 

Bruxelles afferma che potrebbe continuare i colloqui sui veicoli elettrici cinesi anche dopo i dazi.

Cosa serve per bloccare i dazi

Per il no, occorre una maggioranza qualificata di 15 Stati che rappresentino il 65% della popolazione. Se vengono imposte tariffe definitive, ciò significherebbe che anche i dazi provvisori risalenti a luglio dovrebbero essere pagati. Fino alla fine dell’indagine, le aziende possono coprirli con una garanzia bancaria. Disastro: una sorta di umiliazione inflitta a Pechino. Qui ci arriva uno tsunami in faccia che neppure s’immaginano dagli scranni dorati i Verdi tedeschi sinistroidi di Bruxelles, i maggiori responsabili dello sfacelo. La Spagna è per il no. Ma la Germania comanda tutti a bacchetta in Europa: se Berlino dice sì, traina tutti. Come sempre, su tutto.

Ci sarebbe la terza via

Volendo, ci sarebbe il prezzo minimo e un limite di volume: anziché i dazi. Mossa anti concorrenziale anche questa. Io, pessimo competitor, impongo il prezzo base all’altro che se no mi distrugge perché è più bravo di me. Un’ammissione di inferiorità. 

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