Tsunami auto elettrica. Moody’s vede un ulteriore rapido deterioramento del mercato dell’auto europeo; la produzione globale è stata più debole del previsto e la scarsa fiducia dei consumatori ha indotto le società a ritardare lo sviluppo dei modelli chiave, soprattutto quelli elettrici. Guai sia per le Case sia per i fornitori. A caduta, sugli operai. Come i disastri Stellantis e VW insegnano.
La coopetizione come soluzione
Il numero uno di Renault nonché presidente dell’associazione dell’industria automobilistica europea (Acea), Luca de Meo: “Gli europei devono stringere un dialogo con la Cina e connettersi con l’ecosistema cinese, per trarne il meglio, in uno spirito di coopetizione”. Un po’ cooperazione e un po’ competizione. “Mai la nostra industria ha avuto così tanto bisogno di apertura e di gioco di squadra. È un’opportunità che non possiamo mancare, dobbiamo imparare dalle nostre esperienze ed imitarle quando sono migliori di noi. È ciò che hanno fatto gli europei come Fiat o Citroën un secolo fa negli Stati Uniti, quando Ford rivoluzionò l’industria con la catena di montaggio”.
Cosa fanno Tavares e de Meo
Tavares e de Meo, capi rispettivamente di Stellantis e Renault, sono concordi: meglio cooperare con i cinesi piuttosto che venire travolti. Lo hanno detto al Salone dell’Auto di Parigi, tra i grandi appuntamenti dell’industria automobilistica europea giunto quest’anno alla sua novantesima edizione. Il motivo? Le vetture elettriche costano troppo e nonostante gli sforzi dei produttori per ridurli, «in questo momento di transizione, senza incentivi, il prezzo è ancora troppo alto», ha avvertito il manager portoghese, portando a esempio la Francia. «Il sostegno pubblico, come è stato fatto con successo quest’anno in Francia grazie al bonus ecologico e al programma di leasing elettrico, è più necessario che mai. Siamo orgogliosi di essere in prima linea in questa iniziativa, che ha contribuito enormemente alla democratizzazione della mobilità elettrica in tutta la Francia. Ci auguriamo che altri adottino programmi come questi”. Quindi, full electric flop e guai. Servono incentivi, dice.
Come con Leapmotor
La chiosa di Tavares: “Il modo migliore per competere immediatamente con i cinesi è stato quello di salire sul loro treno invece di lasciarci investire”. Vedasi accordo ritenuto “unico e innovativo con Leapmotor per competere contro le case automobilistiche cinesi, a partire dall’Europa e espandendoci in tutto il mondo. Stellantis è l’unica azienda occidentale che gestisce un marchio cinese attraverso la nostra JV, Leapmotor International, utilizzando la nostra esperienza commerciale e di vendita al dettagli”.
Europa a pezzi: auto elettrica da nausea
L’auto elettrica europea marcia e distrugge, calpesta, mastica e ingoia: Audi Bruxelles chiude. Altro che nuovi posti di lavoro e le altre favolette dei fanboy full electric che se la cantano e se la suonano fra di loro nei social: Gerd Walker, membro del consiglio di gestione della Casa di Ingolstadt con delega alla produzione e alla logistica è stato chiaro. L’azienda ha raccolto 26 manifestazioni d’interesse tra potenziali investitori. Problema: zero progetti fattibili e sostenibili per salvaguardare impianto e 3 mila posti di lavoro. Nella galassia dei brand Volkswagen, s’è cercato il salvatore, ma senza risultatTutto nasce dallo stop alla produzione delle Audi Q8 e-tron e Q8 Sportback e-tron, a causa della scarsa domanda. Le elettriche non le vuole nessuno: costose e poco pratiche, senza colonnine a sufficienza, con l’elettricità alle stelle. Eppoi chi crede più al mito della batteria che non inquina quando viene smaltita? Nessuno. Ma quale green, altro che ecologico. Il consumatore si rifiuta di sottostare al giochino verde della sinistra tedesca e Ue. Ronny Liedts, del sindacato Acv-Csc: “È probabile che gli operai perdano il loro lavoro: l’unica cosa che la dirigenza vuole fare è chiudere l’impianto il più rapidamente possibile. Nessuna delle soluzioni funziona per loro”. Le parole “auto elettrica” scatenano nausea. La associano al male, alla disoccupazione, alle tensioni sociali.
Germania verde in tilt
Belgio quindi in fiamme per colpa delle elettriche. Ma il male nasce in Germania: ZF traballa. Una delle principali realtà al mondo nella produzione di componentistica ha quantificato in 1.800 le posizioni che dovranno essere soppresse. Quando? Negli anni? No: entro la fine del 2024, presso la sede di Saarbrücken. La sforbiciata fa parte dello psicodramma Ue elettrico, rientrando nel più ampio programma di ristrutturazione presentato a luglio: eliminare addirittura 14 mila posti di lavoro solo in Germania nei prossimi quattro anni. È la transizione elettrica, signori, che fa andare in brodo di giuggiole i talebani della macchina a pila.