In un frangente iniziale, gli appassionati di auto non erano al settimo cielo di apprendere che Porsche fosse in procinto di lanciare un suv. Il marchio tedesco all’epoca fabbricava solo vetture sportive, la 911 e la Boxster, nient’altro. Il lancio nelle concessionarie di uno sport utility, Porsche Cayenne, coglieva tutti di sorpresa. Eppure, con uno spiccato fiuto imprenditoriale, abbinato alla lungimiranza, il marchio di Stoccarda rimase ferma sulle proprie posizioni, senza lasciarsi condizionare dall’opinione popolare.
Porsche Cayenne: la storia continua
Ora sarebbe curioso sentire cos’abbiano da dire i detrattori di allora. Di certo, il milionesimo esemplare ha lasciato la catena di montaggio nell’estate 2020. Lo scorso anno Porsche ha consegnato oltre 80 mila unità della Cayenne. In principio, nel 2002, l’azienda tedesca prevedeva di venderne circa 25 mila all’anno. Invece, aveva appena trovato la gallina dalle uova d’oro e col tempo se ne sarebbe sempre più resa conto.
La società ha attraversato grossi dissesti finanziari verso la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. La Boxster stava indicando la via della risalita. Ciononostante, alcuni membri del personale, fenomenali coi numeri, capirono che non erano sufficienti la 911 e la Boxster per il successo a lungo termine. Dunque, serviva una terza proposta, in grado di registrare un numero di immatricolazioni maggiore delle due messe insieme.
I vertici bocciarono, anzitutto, l’idea di una coupé o di una berlina a quattro porte, malgrado fosse stato contemplato un progetto simile. Invece, il management aveva optato in favore di un’auto dedicata alle famiglia. Infine, rimasero in ballottaggio un suv e un minivan. Poiché la seconda tipologia non era ritenuta premium negli Stati Uniti, in quel momento il principale mercato di riferimento per Porsche, si preferì uno sport utility.
Dal momento che il Cayenne celebrerà il suo 20esimo anniversario a settembre, è plausibile la commercializzazione di un’edizione speciale, atta a commemorare proprio l’importante ricorrenza. Se il Costruttore resiste ancora, nonostante le numerose sfide affrontate e le agguerrite rivali, una grossa parte del merito è da ascrivere al modello accolto nel lontano 2002 tra la perplessità generale.