Polestar, il bando degli Usa alla tecnologia cinese è una trappola: vediamo perché

Dario Marchetti Autore
Le sue preoccupazioni sono condivise da molte altre case, a partire dalla Ford
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Il bando emesso da Biden nei confronti della tecnologia cinese per le auto connesse rischia di tramutarsi nell’ennesimo boomerang per gli Stati Uniti. A spiegarlo è Polestar, affermando che per il modo in cui è formulata la proposta di legge impedirebbe la vendita in America anche dei modelli prodotti lungo i confini nazionali.

In particolare, la casa automobilistica evidenzia i problemi legati al linguaggio generico della norma. Per ovviare al problema Polestar ha quindi chiesto al Dipartimento del Commercio di precisare meglio la stessa e, in particolare, di restringere la portata dei componenti e dei sistemi che sarebbero inclusi nel divieto. Una tesi che è stata del resto appoggiata da altre case automobilistiche, tra cui Ford, Honda e Tesla, che dal canto loro hanno presentato commenti in merito alla portata e alla tempistica del provvedimento.

Auto connesse: il provvedimento è formulato male e potrebbe provocare danni non voluti, non solo a Polestar

Com’è ormai noto, nel passato mese di settembre il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha proposto una nuova norma che proibisce la vendita e l’importazione di auto connesse dalla Cina e dalla Russia negli Stati Uniti. Ove tale norma passasse, secondo Polestar, le verrebbe impedito di vendere i veicoli che costruisce non in Cina, ma negli Stati Uniti, in South Carolina.

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Perché Polestar lo afferma? A spiegarlo è il commento inviato al dipartimento, in cui ha affermato che la norma proposta, così come è stata redatta, diventerebbe talmente invasiva da proibire di fatto a Polestar di vendere le sue auto negli Stati Uniti. Tutte, non solo quelle costruite al di fuori del Paese. Per impedire un esito di questo genere, l’azienda chiede quindi all’agenzia di restringere la portata dei componenti e dei sistemi che sarebbero inclusi nel divieto.

E che non siano parole campate per aria lo confermano i commenti inviati da altre case, a partire da Ford. Ecco quanto affermato dall’Ovale Blu: “Un certo linguaggio nella norma proposta potrebbe essere interpretato in modo eccessivamente ampio e inutilmente espansivo”. E Ford sa di cosa si parli, considerato che costruisce la Lincoln Nautilus nella Repubblica Popolare Cinese. Ove passasse l’interpretazione federale, sarebbero gli stessi marchi statunitensi a condurre attività di spionaggio a favore dei cinesi. Se non siamo dalle parti di Hollywood, poco ci manca.

Le rimostranze sono comuni

Sin qui Polestar e Ford. Ma il capitolo delle doglianze è praticamente comune all’intero settore automobilistico, se si pensa che anche Nissan , Hyundai Motor Group, Volkswagen Group of America, Volvo e Tesla hanno presentato commenti analoghi. In pratica, tutti hanno proposto che l’agenzia definisca meglio l’ambito delle regole e vada a raffinarne il linguaggio in modo da precisarne i contorni. Anche perché migliorarne la chiarezza eviterebbe di farne l’ennesimo autogoal.

Molti di loro, peraltro, hanno sollevato obiezioni anche sulla tempistica proposta. Per il modo in cui il provvedimento è stato formulato, si verrebbe a creare un vero e proprio corto circuito. In pratica, i divieti relativi al software della norma entrerebbero in vigore per l’anno modello 2027, mentre le restrizioni hardware entrerebbero in vigore per il 2030. Solitamente, però, le case automobilistiche progettano nuovi prodotti da tre a cinque anni prima dell’inizio della produzione. Con l’entrata in vigore del divieto, si troverebbero a produrre modelli impossibili da vendere.

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HMG ha affermato che proprio la tempistica, troppo ravvicinata, impedirà alle aziende di conformarsi ai requisiti. Mentre Honda ha affermato che il settore avrà bisogno di tempo per condurre test e convalide adeguati per riuscire a limitare “la potenziale creazione di altre vulnerabilità di sicurezza”. VW ha chiesto a sua volta all’agenzia di ritardare l’implementazione del divieto hardware fino al 2031 per concederle l’arco di tempo necessario per potersi conformare.

La ratio del divieto sulle tecnologie cinesi

Occorre sottolineare come la norma in questione rappresenti solo l’ultima di una serie di misure legislative e politiche volte a proteggere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Il governo federale, infatti, afferma che le auto connesse raccolgono grandi quantità di informazioni mentre circolano sulle strade americane.

Al di là del giudizio che può essere dato, già da tempo si erano levate voci tese a sottolineare come un provvedimento simile, proprio per il modo in cui è stato concepito, rischia di rivelarsi un boomerang. Basta infatti vedere come verrebbe colpito il modello di maggior successo prodotto da Lincoln, la Nautilus. O quanto avverrebbe nel caso di Polestar, che potrebbe essere costretta a chiudere lo stabilimento in North Carolina, alla luce della sostanziale inutilità della sua produzione.

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