Dopo il flop UE Green Deal auto elettrica, ecco l’idea del governo italiano: più armi, meno vetture, con incentivi di Stato. Il parolone tecnico e burocratico è riconversione. Siccome l’Europa fa macchine non competitive con la Cina a causa delle idee dei verdi europei, allora l’industria si converte dall’auto alla difesa. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato che l’esecutivo intende incentivare la riconversione dell’industria automobilistica verso comparti ad alto potenziale di crescita: difesa, aerospazio, blue economy e cybersicurezza. “Siamo un governo responsabile: il nostro obiettivo è mettere in sicurezza le imprese e tutelare i lavoratori”, intervenendo pochi istanti fa al Tavolo Automotive al Mimit. Pertanto, se l’auto crea disoccupazione, la difesa può creare posti di lavoro.
L’industria dell’auto europea sta attraversando una fase di profonda trasformazione: la Cina ci fa a pezzi. Ecco altri paroloni: diversificazione produttiva. “Vogliamo salvaguardare le competenze tecniche e il capitale umano già formato, indirizzandoli verso settori con una maggiore redditività e stabilità”. D’altronde, di armi e difesa parla sempre più l’UE, nella persona del capo della Commissione Ursula von der Leyen. Prima l’Italia ha seguito il Green Deal UE, ora altri indirizzi di Bruxelles.
Reazioni durissime
“Governare la transizione non vuol dire passare dal green al militare – così Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil -. Sarebbe una scelta di cui non vogliamo neanche discutere: assurda dal punto di vista etico, industriale e occupazionale”. Ferdinando Uliano, segretario generale Fim-Cisl: le transizioni si governano con le risorse, e quelle messe in campo da UE e Italia sono insufficienti.

Ecobonus auto Italia addio
Sino a poche settimane fa, il governo puntava sull’Ecobonus per l’acquisto di veicoli elettrici. L’UE – cui l’Italia appartiene – dice di insistere con gli sconti statali. Adesso, si scopre che il bonus non è stato efficace su scala nazionale e che serve un piano di incentivi realizzato direttamente a livello europeo. Strano: l’UE ha appena detto che ogni nazione farà da sé. Dove vanno i soldi dello Stato? “I fondi pubblici saranno destinati principalmente alla componentistica, per supportare gli investimenti delle imprese e favorire la diversificazione produttiva”, dice Urso. Quanti soldi? Per sostenere il settore automotive nel percorso di transizione, il governo ha stanziato 2,5 miliardi di euro nel triennio 2025-2027: già 1,6 miliardi previsti per il 2025. Destinati ad accordi per l’innovazione, contratti di sviluppo e crediti d’imposta. Più 100 milioni di euro per interventi mirati sulla domanda, al di fuori del settore delle vetture, che verranno concordati direttamente con la filiera. Più l’8 aprile lo sportello per i contratti di sviluppo dedicato alle filiere strategiche, a partire proprio da quella automotive, con una dotazione di 500 milioni di euro.
La Commissione UE non ha parlato di incentivi paneuropei
Quali incentivi specifici saranno introdotti per aumentare l’adozione di veicoli a zero emissioni? Questa la domanda che la Commissione UE si fa per spiegare il Piano auto. Risposta: “La Commissione collaborerà con tutti gli Stati membri per scambiare le migliori pratiche e le lezioni apprese sui programmi di incentivi per i consumatori, inclusa la tassazione. Ciò si tradurrà in una raccomandazione della Commissione, che delineerà anche potenziali fonti di finanziamento che gli Stati membri possono utilizzare per sostenere tali incentivi. La Commissione promuoverà l’adozione di programmi di leasing sociale per veicoli nuovi e usati a zero emissioni attraverso la sua prossima raccomandazione sulla povertà nei trasporti, la cui adozione è prevista per il primo trimestre del 2025. Questa raccomandazione incoraggerà gli Stati membri a integrare tali programmi nei loro piani nazionali nell’ambito del Fondo sociale per il clima, rendendo il trasporto sostenibile più accessibile a tutti. Il leasing sociale (e in particolare i programmi per il noleggio o il leasing di veicoli a zero emissioni destinati a gruppi vulnerabili) sono inoltre trattati dalla Guida ai piani sociali per il clima, che la Commissione adotta lo stesso giorno di questa comunicazione”.
Quindi, la Commissione UE non ha parlato di incentivi paneuropei. Cui ora Urso fa invece riferimento. Un bel mistero. E anche un po’ di caos.
Pressing sull’UE
Ancora Urso: “Ci siamo mossi per primi, già sei mesi fa. Con il nostro non-paper sul settore dell’automotive abbiamo costretto la Commissione UE a inserire nel Piano d’azione sull’automotive due precondizioni assolutamente necessarie, ma ancora non sufficienti: il rinvio delle sanzioni previste per il 2025, che avrebbero comportato il collasso dell’industria europea, e l’anticipo alla seconda metà di quest’anno della revisione del regolamento sui veicoli leggeri, inizialmente prevista per la fine del 2026”. Ma non basta, dice: è fondamentale che, per il raggiungimento degli obiettivi della transizione, si apra a tutte le tecnologie disponibili, a partire da biocarburanti e idrogeno. Urge rivedere il metodo di calcolo delle emissioni. “Servono inoltre risorse adeguate a livello europeo per incentivare la produzione Made in Europe e garantire l’autonomia strategica sulle batterie elettriche. La battaglia è ancora lunga ma noi non molliamo. Sappiamo che il sistema Italia, imprese e sindacati, sono con noi”.
Nessun rinvio
No. In realtà, non ci sarà un rinvio delle ammende, ma un nuovo calcolo delle emissioni. Oggi, la regola impone multe nel 2026 per le emissioni 2025 (sulla gamma venduta): quello proposto è solo il calcolo delle emissioni medie su 3 anni (2025-27) anziché sul singolo anno (2025). Nel conto economico, i princìpi contabili internazionali dello impongono di effettuare un accantonamento prudenziale: le Case mettono via i soldi per un importo pari alla sanzione stimata. È come se quei quattrini non ci fossero, con ricadute su fabbriche e occupazione. No, nessun rinvio.
L’opinione di Federauto (concessionari italiani)
Federauto ribadisce tre punti: rendere più flessibili le regole sulle multe per la Case; anticipare al quest’anno la verifica sul Regolamento CO2; revisionare il testo e di modificare l’approccio – ideologico e dirigistico – al tema della transizione. Quindi pplicare il principio della neutralità tecnologica, sollecitata anche dal Piano Draghi per rendere anche i carburanti rinnovabili (in primis, Biofuels, HVO e Biometano). Lo ha dichiarato il presidente Massimo Artusi, intervenendo al Tavolo Automotive. Si è solo rinviato il problema, senza intervenire sul metodo di misurazione delle emissioni di CO2, che è il vero albero avvelenato della catena: applicare soltanto il Tank-to-Wheels (dal serbatoio alle ruote), anziché il più veritiero Well-to-Weheels (dal pozzo alle ruote) è un modo surrettizio per spinare verso il motore elettrico, senza peraltro migliorare le emissioni nel loro complesso. No alle flotte elettriche imposte dall’alto: dato che privati e famiglie in Italia e in Europa rifiutano l’elettrico col flop Green Deal UE, si tenta la strada dei parchi auto e del noleggio full electric. Sempre d’imperio.
Partita da giocare: siamo capaci?
Bisogna anche vedere la partita come si evolve. Giocando con l’auto elettrica, abbiamo perso, a livello di Italia ed Europa: la Cina ci ha mangiati vivi. Un suicidio industriale, visto che con l’auto termica eravamo dominatori. Adesso, qualora ci si converta alla difesa e al resto, occorre capire se abbiamo denaro e competenze. Il rischio è di perdere anche questa seconda partita dove l’UE intende portare tutti.