Questa mattina a Roma Assemblea annuale di Confindustria: il nuovo presidente Emanuele Orsini è stato perentorio nella sua critica anti Ue sull’auto. Parole di fuoco sul bando Ue delle termiche 2035. “L’accordo sul clima è impregnato di troppi errori che hanno messo e mettono a rischio l’industria. La decarbonizzazione inseguita anche al prezzo della deindustrializzazione è una débâcle”. Insomma, no al solo elettrico.
Auto: regalo alla Cina
Un suicidio Ue. “La storia e il mercato europeo dell’auto elettrica che stiamo regalando alla Cina parlano da soli. La filiera italiana dell’automotive è in grave difficoltà, depauperata del proprio futuro dopo aver dato vita alle auto più belle del mondo e investito risorse enormi per l’abbattimento delle emissioni”.
Tanti comparti oltre all’auto
Orsini sostiene che si dovrebbe cambiare la normativa sugli ETS (Emission Trading System), il meccanismo europeo di scambio di quote di emissioni utilizzato per raggiungere l’obiettivo di riduzione della CO2. “Continuando così regaleremo ai nostri competitor internazionali, come sta avvenendo per l’automotive, anche l’acciaio, il cemento, la metallurgia, la ceramica, la carta. Con ricadute negative sugli investimenti, sulla crescita e sull’occupazione”.
Tra il 1993 e il post Covid, a fronte di un aumento del PIL pro capite negli Stati Uniti pari a +56,6%, quello dell’Europa è stato della metà, dcie Orsini. Il risultato è severo: “Ora basta, dobbiamo cambiare passo. L’industria, italiana ed europea, difenderà con determinazione la neutralità tecnologica, chiedendo un’applicazione più realistica e graduale del Green Deal. Ecco perché oggi serve più che mai una solida politica
industriale europea. Una reindustrializzazione basata sulle tecnologie di punta, sulla produzione di materie prime, sull’applicazione dell’Intelligenza Artificiale. Unita a un’adeguata revisione della politica commerciale e della concorrenza”.
Le quattro domande di Orsini
Uno. Come si fa a parlare seriamente di competitività se l’Europa investe appena 20 miliardi in dieci anni sull’Intelligenza Artificiale, mentre la Cina ne investe 100 e gli Stati Uniti ben 330?
Due. In che modo possiamo parlare di competitività senza un mercato unico dell’energia, con l’Italia (seconda manifattura d’Europa) che paga una bolletta elettrica fino al 40% superiore alla media europea?
Tre. Come facciamo a essere indipendenti per gli investimenti relativi alla difesa, se rinunciamo alla produzione e alla trasformazione delle materie prime?
Quattro. E ancora: quando verrà annunciato lo spostamento allo stop al motore endotermico oggi fissato per il 2035? Non possiamo aspettare il 2026.
Il premier Giorgia Meloni contro il bando termico
Sulla stessa linea il premier. Con due concetti.
Uno. “Come correttamente ha sottolineato Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività europea, gli ambiziosi obiettivi ambientali dell’Europa devono essere accompagnati da investimenti e risorse adeguati, da un piano coerente per raggiungerli, altrimenti è inevitabile che la transizione energetica e ambientale vada a scapito di competitività e crescita”.
Due. Il bando delle vendite di motori termici nel 2035 è uno degli esempi più evidenti di questo “approccio autodistruttivo: si è scelta la conversione forzata a una tecnologia, l’elettrico”. Con vari ma: “Non deteniamo le materie prime, non controlliamo le catene del valore, con una domanda relativamente bassa, con un prezzo proibitivo per i più e una capacità produttiva europea insufficiente”.
Auto: Giorgia Meloni lancia l’allarme giovani
Allarme disaffezione dei giovani verso le macchine: a lanciarlo è il premier. “L’auto sta uscendo dai consumi dei giovani, non è più una loro priorità. Potrebbero essere sempre meno disposti a dedicare parte del reddito” alle vetture. “Dobbiamo farci i conti, capire come possiamo prevenire, affrontare, risolvere, individuare settori su cui puntare, accompagnare eventuali trasformazioni necessarie. Serve una visione chiara in Italia, in Europa, nell’Occidente. Ed è una riflessione che il governo non può fare senza gli industriali”.
Cosa dice la legge
Ricordiamo che, a marzo 2023, l’Ue ha approvato una legge storica: richiede a tutte le nuove auto di avere emissioni di CO2 pari a zero dal 2035, vietando di fatto i veicoli diesel e a benzina. Altro target: emissioni di CO2 inferiori del 55 percento dal 2030 rispetto ai livelli del 2021. La misura era intesa ad accelerare l’elettrificazione dell’industria automobilistica: flop colossale. Domanda scarsissima, elettriche detestate e abbandonate, vetture scomode e costosissime, poche colonnine. In più non regge la storiella che le batterie non inquinano: il consumatore si è stufato di sentire queste sciocchezze dette da lobbysti e influencer. Meloni e i suoi alleati si sono sempre opposti al divieto di motori a combustione interna: al momento della decisione, il suo governo si è astenuto insieme a Bulgaria e Romania, mentre la Polonia è stata l’unica nazione a votare contro.