Per fortuna, la Cina ci salva in materia di pannelli fotovoltaici e auto elettriche. Anche se l’Ue poteva distruggere tutto. La storia inizia nel 2013, quando Bruxelles mette dazi anti cinesi sui pannelli che arrivano da Pechino. Un disastro, con rinnovo nel 2017. Buon per noi che le aziende del Dragone sono così competitive da infischiarsene dei dazi medievali e vincere. Nel 2018, dopo i pasticci della burocrazia Ue, zero dazi. I produttori cinesi sono autorizzati a vendere i pannelli solari nel mercato europeo rispettando un prezzo minimo (se sarà superato, le importazioni saranno soggette nuovamente a dazi fino al 65%). Grazie ai cinesi, chi ha un’auto elettrica si proietta nel futuro con la casa o l’azienda dotata di fotovoltaico. Si diffondono le energie rinnovabili.
Adesso, l’Ue ci riprova: è la burocrazia antica e stanca che si trascina in un Vecchio Continente malandato. Il quale rifiuta di giocare la partita in modo aperto, sulla concorrenza, e si chiude in maniera infantile. Dazi sulle auto elettriche cinesi. Come per i pannelli, non serviranno a niente. Se non a creare la guerra commerciale che danneggerà il debole, il consumatore europeo. Idem i dazi sul biodiesel cinese.
Pannelli e auto elettrica: binomio vincente
L’offerta di moduli, quasi completamente prodotti in Cina, supererà di più di una volta la domanda da parte degli installatori di tutto il mondo, dice Staffetta Quotidiana. Perciò, i prezzi dei pannelli continueranno a scendere: da gennaio a oggi, i prezzi dei moduli più diffusi si sono già ridotti del 14%; oggi un modulo “medio” costa 12 centesimi al watt, uno ad alta efficienza costa 19 centesimi al watt mentre un modello economico costa 8 centesimi al watt. Sono alcuni dei dati che si possono leggere nella presentazione di Enerpoint “Moduli fotovoltaici: sviluppi tecnologici e nuove dinamiche di mercato”. Il documento è stato illustrato dal presidente Paolo Rocco Viscontini in occasione del seminario “Autorizzare e costruire impianti fotovoltaici: le opportunità della legislazione in vigore” organizzato lunedì a Milano dallo studio legale Dla Piper. Dalle slide emerge tra l’altro che nel 2028 la domanda attesa sarà al massimo poco superiore a un GW, a fronte di una capacità produttiva di moduli vicina ai 2,5 GW già nel 2026. Sovraccapacità che riguarda un po’ tutta la filiera, dal polisilicio al wafer, dalle celle ai moduli.
Decreto chiave del governo Meloni: ottimo
Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha firmato l’atteso decreto ministeriale sull’Energy Release: il meccanismo, spiega Staffetta Quotidiana, riserva un prezzo calmierato dell’energia elettrica alle imprese energivore che si impegnano a realizzare nuova capacità da fonti rinnovabili. Stabilisce la cessione anticipata di energia elettrica a prezzi contenuti da parte del Gse alle imprese energivore. La messa a disposizione dell’energia elettrica avviene mediante contratti per differenza a due vie a fronte di due impegni. Uno, realizzare nuova capacità di generazione green entro 40 mesi dalla sottoscrizione. Due, restituire l’energia anticipata su un orizzonte temporale di 20 anni ad un prezzo pari a quello di anticipazione. La nuova capacità è realizzata mediante nuovi impianti ovvero mediante il rifacimento di strutture esistenti, di potenza pari almeno a 200 kW.
Il provvedimento prevede contributi fino a un massimale di 300 mila euro a copertura dei costi sostenuti dalle imprese per garantire il valore dell’energia anticipata. Ecco 100 milioni di euro i cui importi verranno regolati nell’ambito dei contratti di anticipazione. “Variamo uno strumento per sostenere concretamente la transizione del nostro settore industriale verso le fonti energetiche rinnovabili”, ha dichiarato Pichetto.