Uno studio scientifico di Matthias Schmidt dello Schmidt Automotive Research scatena il panico fra i politici Ue: i costruttori cinesi erano, sono e resteranno fortissimi pure con le barriere doganali, coi dazi sulle auto elettriche orientali, come riporta Automotive News. La banca d’investimento UBS ha scoperto che le Case automobilistiche cinesi hanno un vantaggio di compatto BYD Atto 3 viene immatricolato a 17.923 euro in Cina, ma a 37.990 euro in Germania.
Per i cinesi, margini di profitto enormi che scenderanno
Gli esperti dello Schmidt Automotive Research sono categorici: le Case automobilistiche come BYD hanno un margine sufficiente nei loro prezzi europei per assorbire tariffe anche del 30%. Il numero di veicoli elettrici cinesi importati in Europa potrebbe non essere influenzato in modo significativo dalle nuove tariffe dell’Ue. Insomma, l’Ue spalanca le porte alla Cina, poi tenta di chiudere tutto per arginare l’invasione, e nel frattempo i cinesi si strofinano le mani.
Gli orientali hanno margini elevati incorporati nei loro prezzi di listino europei. Il Rhodium Group, un think tank focalizzato sulla Cina con sede a New York, ha affermato in un rapporto di fine aprile che eventuali nuove tariffe dovrebbero essere alte quanto 50% (dall’attuale 10%) per avere un impatto reale. Rodium ha dichiarato di aspettarsi tariffe vicine al 30%. Di questo passo, afferma il rapporto, “alcuni produttori con sede in Cina saranno ancora in grado di generare margini di profitto confortevoli sulle auto che esportano in Europa a causa dei sostanziali vantaggi in termini di costi di cui godono”. L’impatto principale sarebbe sui profitti dei marchi cinesi. Chiaro: incasseranno meno soldi. Non possono imporre un sovrapprezzo rispetto ai marchi storici, altrimenti perdono di fascino. Continueranno allo stesso livello di prezzo e opereranno con ricavi più bassi.
Deresponsabilizzazione dei politici Ue: decisione dazi post elezione
La verità – aggiungiamo noi – è che il danno è stato fatto dalla politica Ue a favore della Cina (involontariamente con bando alle termiche nel 2035) e ora il Vecchio Continente non sa come uscirne vivo. La Commissione europea riflette se piazzare dazi sulle auto elettriche cinesi. Non lo fa ora perché non vuole responsabilità, ci sono le elezioni. Si deresponsabilizza aspettando i nuovi politici poste elezioni, nell’attesa del report sui sussidi di Pechino alle Case. Col Ppe che, temendo il peggio, fa retromarce sempre più vigorose verso un ammorbidimento della linea oltranzista ed ecotalebana del full electric. Troppo tardi: anche perché le Case hanno investito miliardi di euro nell’elettrico, e ora con che coraggio la politica Ue può tornare sul termico? Le elezioni del Parlamento europeo si concluderanno domenica 9 giugno: poi arriveranno le decisioni. C’è fretta di mettere i dazi, ci dicevano, ma evidentemente non troppa fretta: un modo di fare politica tipica dell’Ue. Con ripercussioni pesantissime per l’automotive, l’industria del settore, l’indotto, la componentistica, i consumatori.
Nel frattempo, Cina e Case auto del Paese del Dragone festeggiano: la loro catena decisionale è velocissima, c’è massima efficienza, col desiderio di essere produttivi e di stupire, a livello finanziario e politico. E questi continui autogol dell’Europa accrescono la forza della nazione della Grande Muraglia in un settore chiave dell’economia mondiale: l’auto.