Si conclude in un vero e proprio disastro finanziario il sogno delle batterie per auto elettriche europee. Northvolt, il produttore svedese che lo aveva incarnato agli occhi dell’Unione Europea, ha infatti annunciato da poche ore di aver presentato istanza di fallimento in Svezia. Una bancarotta che trascina con sé non meno di otto miliardi di euro, ma soprattutto conferma la pressoché totale dipendenza dell’industria automobilistica europea dai produttori di batterie cinesi.
Northvolt in bancarotta: adesso è finita veramente
Finisce in bancarotta l’avventura di Northvolt, il produttore svedese di batterie elettriche che nei piani UE avrebbe dovuto porre fine alla dipendenza dai principali produttori asiatici. All’azienda non è bastato neanche chiedere l’ombrello protettivo rappresentato dal Chapter 11, la procedura fallimentare in vigore negli Stati Uniti, per riuscire a raggranellare i fondi necessari al fine di risolvere i persistenti problemi connessi all’aumento della produzione nel suo stabilimento principale nel nord della Svezia.

Questo il commento dell’azienda, in una nota diffusa a margine del suo annuncio: “L’azienda non è stata in grado di garantire le condizioni finanziarie necessarie per continuare nella sua forma attuale”. Una pietra tombale non solo sulle speranze europee, ma anche sul lavoro di oltre 5mila dipendenti, che dovranno ora cercarsene un altro.
L’annuncio non rappresenta una sorpresa. anzi. Nella giornata di ieri, infatti, era stato il quotidiano svedese Dagens Nyheter a riferire che Northvolt era sul punto di dichiarare bancarotta e che il consiglio di amministrazione avrebbe potuto decidere sulla questione nella giornata di oggi.
Oltre otto miliardi di dollari di debiti
Alla fine del mese di gennaio, il debito dell’azienda svedese ammontava a più di 8 miliardi di dollari, risultante dall’unione dei bilanci delle nove entità Northvolt coinvolte nel processo del Chapter 11. A mostrare la voragine erano stati i documenti pubblicati in precedenza.
A spiegare cosa accadrà ora è stata la stessa nota emanata dalla società svedese, che afferma al riguardo: “Un curatore fallimentare nominato dal tribunale svedese supervisionerà ora il processo, inclusa la vendita dell’azienda e dei suoi beni e la liquidazione degli obblighi in sospeso”.
Com’è facile comprendere, si tratta di un duro colpo anche per l’Unione Europea. Le istituzioni continentali avevano puntato forte su Northvolt, sperando che il produttore nordico di batterie per auto elettriche avrebbe contribuito a ridurre drasticamente la dipendenza delle case automobilistiche occidentali dai rivali cinesi. A partire da CATL e BYD, che ora potranno continuare a detenere una posizione di estrema forza sul mercato continentale.
L’azienda, nel corso della sua navigazione, ha calamitato oltre dieci miliardi di euro tra azioni, debiti e finanziamenti. Sorta nel 2016, con lo slogan “Fare la storia del petrolio”, ha attirato le attenzioni di colossi come Volkswagen e Goldman Sachs. La casa di Wolfsburg ha acquistato una quota azionaria pari al 21%, contro il 19% della banca d’affari statunitense. Investimenti in pratica mandati in fumo dallo spiaggiamento di Northvolt. Che potrebbe avere conseguenze di non poco conto soprattutto per il Gruppo VW, a sua volta coinvolto in un processo di ristrutturazione che si prospetta in salita.
Le tappe di una vera e propria odissea
La bancarotta di Northvolt è arrivata al termine di un periodo in cui periodicamente era tornata ad affacciarsi la speranza di riuscire a rimettere in linea di galleggiamento l’azienda. All’inizio dell’anno passato, in particolare, Northvolt aveva concluso un accordo di prestito verde da 5 miliardi di dollari con un gruppo di finanziatori. I soldi racimolati dovevano servire per finanziare l’ampliamento di un grande stabilimento, ma il finanziamento è stato successivamente annullato a causa dell’aumento dei problemi dell’azienda.

A questo guaio si è poi aggiunto quello collegato all’annullamento di un contratto di fornitura firmato con BMW. La casa automobilistica tedesca aveva infatti dato vita ad un ordine da 2 miliardi di dollari nel giugno dello scorso anno, che è stato stracciato quando il produttore di batterie scandinavo non è riuscito a rispettare un contratto di fornitura a lungo termine di celle per batterie che era stato firmato nel corso del 2020.
L’ex CEO di Northvolt, Peter Carlsson, che si è dimesso poco dopo la presentazione della richiesta di fallimento ai sensi del Capitolo 11 a novembre, al momento delle sue dimissioni aveva affermato che la società aveva bisogno di circa 1,2 miliardi di dollari per rilanciare l’attività. Soldi che non sono mai arrivati.