La tecnocrazia di Bruxelles – lentissima – intende attendere l’inizio del dialogo strategico della Commissione Ue nel 2025 per parlare di multe alle Case, ma l’Acea (costruttori) vuole chiarezza entro fine 2024. Per evitare danni alla competitività e all’occupazione, la lobby delle Case auto europee si rivolge per l’ennesima volta all’Ue: serve un’azione riguardante le norme sulla CO2 subito. È un invito ai decisori di Bruxelles a fare chiarezza su posti di lavoro e investimenti e per sostenere anziché ostacolare la transizione verde ed evitare danni inutili al settore. Che rimane impegnato nell’obiettivo di neutralità climatica per il 2050 e nel passaggio alla mobilità a zero emissioni. Tuttavia, poiché i nuovi limiti di CO2 per le auto e i furgoni entreranno in vigore nel 2025: multe di 16 miliardi totali. Con possibili tagli a dipendenti e fabbriche.
Lavorare in perdita: spettro terribile
Luca de Meo, presidente dell’Associazione europea dei costruttori di automobili – e Ceo del Gruppo Renault -: “Senza una chiara dichiarazione politica da parte della Commissione europea entro la fine del 2024, come sollecitato anche dai Governi tedesco, francese, italiano e di altri Paesi europei”. Insomma, aggiungiamo noi, in stile Cina, Usa o Russia. Ma siamo in Ue.
Elettriche ko
Le vendite di veicoli elettrici sono attualmente stagnanti a circa il 13% di quota di mercato, ovvero 10 punti percentuali al di sotto di dove dovrebbero essere, e questo divario è troppo ampio per essere colmato in tempo. Perché? La nostra opinione: manca un ecosistema di colonnine tipo Tesla Supercharger, il costo dell’elettricità è enorme, non c’è stata una protezione anti Cina. Il Regolamento Ue che imponeva tutto questo non è stato rispettato né a livello centrale (Bruxelles) né regionale (i vari governi). L’auto elettrica – gioiello tecnologico – è vittima innocente.
Investimenti per 250 miliardi di euro
Ancora de Meo: “In un sistema ben funzionante, pagare le sanzioni dovrebbe essere l’eccezione, non la norma. Ed evitare le sanzioni dovrebbe basarsi su una sana economia, non infliggere danni. I membri Acea hanno promesso 250 miliardi di euro nella transizione alla mobilità verde e, proprio come tutti gli altri, vogliamo che abbia successo. Sfortunatamente, la valutazione onesta deve essere che la transizione non sta andando come previsto e che attenersi alla rigidità legale porta a danni potenzialmente irreversibili. La flessibilità legale, invece, manterrà il flusso degli investimenti e la transizione in carreggiata”.
Soluzioni
Le attuali opzioni: introduzione graduale o conformità media pluriennale. Che non alterano gli obiettivi di CO2 o le ambizioni climatiche complessive, ma affrontano realtà di mercato al di fuori del controllo dei produttori: tensioni commerciali, aumento dei costi di produzione, crescita lenta delle infrastrutture di ricarica e calo dei sussidi all’acquisto. Queste opzioni sono già note anche nel diritto Ue (per i veicoli più pesanti come camion e autobus) e utilizzate in altre giurisdizioni importanti.
Risveglio tardivo
Raggiungere obiettivi di riduzione della CO2 più severi richiede l’interazione senza soluzione di continuità di fattori particolari: alcuni sotto il controllo diretto dei produttori, altri no. “I target normativi e la fornitura di auto da soli non sono sufficienti; la transizione deve essere guidata anche dal mercato”. Tutto vero, il nostro commento. La lobby delle auto ha ragione. Ma il risveglio è tardivo: l’idea della Commissione Ue risale al 2019. Era opportuno fare muro all’epoca: no alla politica che decide quali vetture il consumatore debba comprare, sì alla libertà di mercato in nazioni libere in una comunità libera. Come accaduto con gli smartphone. È un problema di salute politica ed economica del Vecchio Continente, stanco, debilitato, sorpreso dalla velocità di Pechino, Washington e Mosca: l’imprenditore che cerca regole precise in fretta contro l’elefante della burocrazia assonnato.
I nomi
I nomi dei 16 principali produttori di automobili, furgoni, camion e autobus con sede in Europa: BMW Group, DAF Trucks, Daimler Truck, Ferrari, Ford of Europe, Honda Motor Europe, Hyundai Motor Europe, Iveco Group, JLR, Mercedes-Benz, Nissan, Renault Group, Stellantis dal 1° gennaio 2025 (Tavares ne era uscito), Toyota Motor Europe, Volkswagen Group e Volvo Group. Parliamo di 13,2 milioni di europei lavorano nel settore automobilistico, col 10,3% di tutti i posti di lavoro manifatturieri Ue, per 383,7 miliardi di euro di entrate fiscali: 106,7 miliardi di euro di surplus commerciale per l’Unione europea. Oltre il 7,5% del Pil Ue è generato dall’industria automobilistica, con 72,8 miliardi di euro di spesa annua in ricerca e sviluppo (il 33% del totale Ue).