Siamo vicini alla ricorrenza del 60esimo anniversario di uno dei successi più iconici nell’intera storia del motorsport. Quello della MINI Cooper S guidata dall’irlandese Patrick (Paddy) Hopkirk che vinse la classifica generale del Rallye Monte-Carlo, un vero punto di svolta nella storia del marchio che guardava alle corse con tanto interesse. D’altronde alla fine degli Anni Cinquanta, per conto della British Motor Corporation, Alec Issigonis dava vita a una vettura di piccole dimensioni decisamente moderna per il suo tempo con motore trasversale e trazione anteriore. Un set di caratteristiche che abbinate alla mano di John Cooper, progettista di Formula 1 e pilota, diveniva una eccellente auto da corsa.
La prima MINI Cooper vide infatti la luce nel 1960 puntando su 55 cavalli di potenza, in accordo con un miglioramento non indifferente rispetto alla potenza di 34 cavalli a disposizione della MINI originale dell’anno precedente. Nel 1961 la MINI Cooper comincia ad essere apprezzata dal grande pubblico per le sue caratteristiche sportive che permettevano di ottenere prestazioni tipiche di vetture di categoria superiore; un incipit utile anche a ragionare sull’impiego nei rally e in pista.
La MINI Cooper venne infatti realizzata su misura per i percorsi da rally del tempo; l’assenza di sbalzi pronunciati assicurava infatti un comportamento neutro, mai visto fino a quel momento. In virtù dei suoi 650 chilogrammi di peso alla bilancia, il rapporto peso/potenza rimane comunque accettabile anche se i cavalli a disposizione erano solamente 55; una configurazione comunque interessante e al centro di quello che da lì a poco sarebbe diventato il leggendario go-kart-feeling che si sperimenta solamente a bordo di una vera MINI.
Bisogna attendere soltanto il mese di maggio del 1962 per leggere il nome di una MINI nella lista dei vincitori di un rally su scala internazionale: all’International Tulip Rally, che conduceva da Noordwijk (in Olanda) alla Costa Azzurra e ritorno, Pat Moss guidava la MINI Cooper nel minor tempo possibile per completare l’intero percorso di gara. Dal momento in cui, sempre nel 1962, Stuart Turner, allora direttore sportivo della BMC, ingaggiò Timo Mäkinen e Rauno Aaltonen accanto a Paddy Hopkirk cominciava la vera storia al top delle corse per la MINI.
Per la generazione dei necessari successi si puntava all’ingegneria alla base della MINI stessa e sui tre migliori piloti a disposizione all’epoca; oltre che su una logistica professionale e organizzatissima, capace di stabilire nuovi standard. Grazie a una ottimizzazione ulteriore della camera di combustione del propulsore, si ottennero fino a 90 cavalli di potenza su quella che veniva denominata MINI Cooper S anche in virtù di una cilindrata maggiorata fino a 1.071 cc utile per rientrare nella Classe 1.100.
Il Rallye Monte-Carlo era un avversario piuttosto ostico, soprattutto per la piccola MINI Cooper
Già negli Anni Sessanta pensare di vincere il Rallye Monte-Carlo era un’impresa, specialmente ipotizzare di farlo senza alcuna preparazione. Nel 1963 è però il turno della prima vittoria di classe al Monte-Carlo, grazie a Rauno Aaltonen ma ciò che avverrà l’anno dopo lascerà di stucco i 277 concorrenti di quell’edizione 1964. La MINI poteva dire la sua grazie ad una preparazione sempre certosina e all’abbondanza di neve e ghiaccio; la leggenda si fa avanti.
In quella iconica “Notte dei lunghi coltelli”, penultima tappa del Rallye Monte-Carlo, l’inverno del Monte caratterizza la vittoria del 1964 della MINI Cooper S numero 37 con targa 33 EJB. Al Col de Turini c’è da superare ormai i 34 tornati in 24 chilometri a 1.600 metri di altezza fra neve e ghiaccio implacabili. Patrick (Paddy) Hopkirk giunge a 17 secondi di distacco da Bo Ljungfeldt, su Ford Falcon con motore V8 decisamente su un altro pianeta rispetto alla MINI; tuttavia, in accordo col regolamento di allora, utile a compensare le differenze di peso e di prestazioni, la piccola MINI riuscì a finire al vertice della classifica difendendo il suo vantaggio anche tra le strade di Monte Carlo durante la prova conclusiva.
Quella del Monte-Carlo non sarà però l’unica vittoria di una MINI alla classicissima dei rally. La MINI continuò a dominare il Rallye Monte-Carlo anche durante le edizioni successive. Nel 1965 fu la volta della vittoria di Timo Mäkinen, portata a casa con un corposo vantaggio sugli inseguitori anche in virtù di una revisione della cilindrata del motore verso l’alto ora portata a 1.275 centimetri cubici. Mäkinen vinse cinque delle sei prove speciali nella fase finale, risultando quindi il migliore in quella edizione altrettanto trionfale. Nel 1966 i piloti della MINI si classificarono dal primo al terzo posto, ma la direzione gara li squalificò tutti e tre in virtù di una tecnologia di illuminazione definita non conforme. I successi al Monte permisero di incrementare i dati di vendita della MINI mentre nel 1967 con la vittoria assoluta di Aaltonen cominciava ad emergere la fine di un’era decisamente d’oro. Tutto si concluse definitivamente nel 1970 col Gruppo Leyland ormai in difficoltà finanziarie che chiudeva definitivamente il capitolo di MINI negli sport motoristici. L’anno successivo l’ultima MINI Cooper S usciva dalle linee produttive del costruttore.
Il legame tra corse e produzione in serie
I gloriosi successi nelle corse hanno permesso di rivedere la storia del marchio anche nella produzione in serie. Quel patrimonio di allora rimane attuale pure oggi, con caratteristiche tipiche delle MINI di oggi che si rifanno a quelle di un tempo: sbalzi ridotti, motore anteriore trasversale, agilità e ingombri ridotti. D’altronde solo pochi ritrovati automobilistici sono sopravvissuti in un arco di tempo così ampio, con pochi altri veicoli che hanno raggiunto una popolarità simile nel tempo.
Anche dopo il ritorno della MINI, nel 2001 con l’acquisizione da parte del Gruppo BMW, le corse sono rimaste parte fondamentale del processo di sviluppo di un modello iconico così come la reintroduzione della sigla John Cooper.
Nel 2011 e nel 2012, la MINI ha continuato la sua storia nel motorsport con la John Cooper Works WRC in gare selezionate del FIA World Rally Championship (WRC). Dal 2012, la MINI ALL4 Racing, progettata appositamente per i rally di lunga durata, ha accettato la sfida del Rally Dakar, la prova di resistenza definitiva per piloti, auto e team. Le prestazioni e l’affidabilità della MINI ALL4 Racing hanno portato a quattro successi consecutivi alla Dakar dal 2012 al 2015, seguiti da altre vittorie nel 2020 e 2021.
Su strada il kit di fine tuning John Cooper Works garantisce il miglioramento degli aspetti tecnici del veicolo, condizione che prosegue pure oggi con la nuova generazione di MINI; non è un caso che si possono avere MINI John Cooper Works capaci di oltre 300 cavalli di potenza.
Oggi sono soprattutto i team privati a rendere onore alla storia motoristica del costruttore. Nel 2021 è nato a Nürburg il progetto Bulldog Racing, dedicato alle gare di resistenza classiche. Quando la MINI John Cooper Works del Bulldog Racing fece la sua prima apparizione alla leggendaria 24 Ore del Nürburgring, nel 2022, la John Cooper Works sfidò ogni previsione per 40 giri e fu messa fuori gara dopo un incidente.
A maggio 2023, alla sua seconda 24 Ore del Nürburgring, il Bulldog Racing Team ha ottenuto un acclamato secondo posto nella sua classe con una MINI John Cooper Works 1to6 Edition.