Mercato auto Italia a dicembre 2024 in rosso: Caporetto elettriche

Ippolito Visconti Autore News Auto
Dicembre 2024 in calo del 4,9% per il mercato auto, a 105.715 unità.
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Drammatico dicembre 2024 in Italia per l’auto: 105.715 unità, giù del 4,9% rispetto a dicembre 2023. Ma il rosso è molto più grave di questa percentuale, perché il dodicesimo mese di due anni fa aveva addirittura due giorni in più sull’analogo periodo dell’anno scorso. Con 1.558.704 immatricolazioni, tutto il 2024 è una tragedia greca, con una flessione dello 0,5% rispetto al 2023, rimanendo al di sotto dei livelli pre-pandemia: -18,7% rispetto al 2019. Insomma, mancano 358.000 unità. Emorragia che si traduce in rischi di chiusure, tagli, licenziamenti. Nel mese di dicembre le auto elettriche registrate in Italia sono 5.853, il 14% in meno rispetto allo stesso mese del 2023. Sono state immatricolate 64.983 vetture full electric, il 2% in meno rispetto al 2023, con una quota di mercato stabile al 4,2%. Addio pertanto alla transizione automotive nel nostro Paese, verso l’elettrico. Nel 2024 quota Bev al 4,2% (in linea con il 2023) e Phev al 3,3% (in calo rispetto al 4,4% del 2023). Una Caporetto.

Circolante: obiettivo ambizioso

Sicché abbiamo 277.365 auto elettriche circolanti in Italia a gennaio 2025. Con 60.339 punti di ricarica. Stando al programma inviato dal governo Meloni all’Ue, avremo un parco viaggiante di 4,3 milioni di full electric nel 2030. Con una rete di colonnine così scarsa (il 20% di quelle esistenti è scollegato alla rete), e senza una vera spinta all’acquisto, per le macchine a corrente si fa dura. Si passa dall’utopia Ue basata sulle parole alla durissima realtà.

Ma quale transizione: Italia e Ue nel caos

Oggi, il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti dai Regolamenti europei nel 2019 è utopia. La lobby Unrae (Case estere) ripete a Bruxelles (il governo italiano concorda) che i target in vigore dal 2025 sono irrealistici: potrebbero comportare per i costruttori sanzioni stimate di 16 miliardi di euro solo nel primo anno. Poi si vede nel 2026 e nel 2027. Le aziende parlano di politica frammentaria e scoordinata a livello sia europeo sia italiano: insomma, anche a Roma le idee sono tante e confuse. Il Green Deal non è la causa della crisi dell’automotive in Europa. Il problema sono la carenza e la disomogeneità degli strumenti incentivanti. Pesa la fiscalità sull’auto. C’è la scarsa disponibilità di infrastrutture adeguate. Tutto questo frena il mercato in relazione allo sviluppo atteso delle nuove tecnologie a zero e bassissime emissioni.

Europa disunita

A favore della cancellazione o del congelamento delle sanzioni si sono espressi anche diversi governi europei (fra cui il nostro), il Partito popolare europeo (protagonista però del Green Deal), nonché le Confindustrie di Francia, Germania e Italia. Mancano due governi chiave: Parigi e Berlino. Senza questi, la pressione esercitata su Bruxelles non si fa sentire. E i risultati si vedono: l’Ue prosegue per la propria strada. Ci sarà un Dialogo strategico sul futuro dell’industria automotive europea a gennaio 2025. Target: rafforzare la competitività del settore, affrontare le sfide della decarbonizzazione con un approccio tecnologicamente neutrale, sostenere l’occupazione, modernizzare il quadro normativo.

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L’Unrae critica il governo Meloni

Le Case rilevano “l’inadeguatezza di una politica solo di supporto alla produzione”. Assente “una congrua, coerente e continuativa attenzione di sostegno al mercato delle nuove tecnologie”. Insomma, se lo Stato dà i soldi solo ai produttori, ossia lato offerta, la misura rischia di non funzionare. Servono ecobonus lato domanda: sconti statali, incentivi. Sentiamo Motus-E: “Serve una politica industriale chiara e pragmatica, che aiuti la filiera a evolversi e a innovare. Per questo motivo nelle scorse settimane abbiamo chiesto al governo un maggiore coordinamento istituzionale sulla transizione tecnologica dei trasporti, indispensabile per cogliere le opportunità di una sfida decisiva per l’intero Sistema Paese”.

Guaio elettriche fra km 0 e bonus anomali

Quindi, un risultato orribile per le elettriche. Ma le cose sarebbero perfino andate peggio se non fosse per le auto immatricolazioni dei concessionari, spesso vincolate dai costruttori: le famigerate km 0. E i vecchi bonus per le full electric? Gli effetti degli incentivi sono stati di fatto più che azzerati a fine anno, proprio perché hanno contribuito a disorientare il mercato più che a sostenerlo, attacca Federauto. Soldi arrivati in ritardo e isolati da una revisione complessiva della politica per l’auto. L’effetto attesa dell’ecobonus, come al solito, prima ha frenato il mercato; poi lo ha improvvisamente e per poco tempo dilatato, suscitando qualche illusione, la chiosa. Infine, c’è la stasi del noleggio e dell’auto aziendale: fetta preponderante del mercato. “Serve una politica fiscale sull’auto equa e condivisa, che metta ordine nella giungla delle imposizioni sugli autoveicoli e ridistribuisca più razionalmente il carico”. 

Pasticcio multe Ue: paradosso allucinante

Le Case come possono evitare le multe Ue? Per mantenere le percentuali di veicoli a zero emissioni in un mercato che non li vuole, i costruttori “saranno costretti ad abbassare le quote di produzione dei veicoli ad alimentazione fossile (quelli cioè che hanno più mercato) ed aumentare il prezzo al consumatore”, dice Federauto. Il che porterà a un ulteriore calo delle immatricolazioni, e al ridimensionamento delle reti di vendita (dopo gli annunciati licenziamenti nelle fabbriche e dell’indotto). Il circolante diventerà sempre più dannoso per l’ambiente e per la sicurezza. Si voleva un mondo più pulito e invece lo si rende più sporco: paradosso allucinante.

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