Dopo l’errore del Green Deal 2019 che impone l’auto elettrica, col Piano d’Azione UE 2025 si persevera: siccome i privati e le famiglie, nonché le ditte piccole e le partite IVA, non comprano full electric in Europa, allora si impone l’acquisto alle aziende con grandi flotte. Parchi auto per forza fatti di macchine a batteria. In generale, si insiste con i mezzi a corrente che devono per forza essere ingoiati, come fossero una medicina. Problema: manca il profumo della libertà nella scelta dell’auto in Europa nel 2025. Tu, politico, cerchi di imporre dall’alto, d’imperio, la vettura che io – privato o azienda – devo comprare o prendere a noleggio. Così, distruggi l’elemento chiave del processo di acquisto della macchina: la libertà. Parola meravigliosa. Che va di pari passo con la libertà di spostamento, di movimento nelle Zone a Traffico Limitato, la libertà di entrare in possesso di un qualsiasi oggetto, la libertà di viaggiare. Esattamente come quando si compra un cellulare: io liberamente scelgo lo smartphone che meglio si adatta alle mie esigenze.
Sarà un secondo flop
Senza libertà, senza il profumo della libera scelta, il Piano d’Azione UE 2025 per l’auto sarà un secondo flop. Anzi, stavolta il tonfo si sentirà ancor più rispetto al 2019, in quanto Cina, USA e Russia sanno perfettamente che non siamo in grado di rialzarci con queste normative. Basti immaginare un qualsiasi alto funzionario di Pechino alla lettura del Piano d’Azione UE: sa già che il Dragone vincerà per i prossimi mille anni giocando la partita in ciabatte.

Mercato di sostituzione
Oltretutto, l’auto elettrica così tanto che il mercato delle vetture è di sostituzione. Mi disfo della vecchia perché ormai morta, non tanto per fare il salto di qualità verso tecnologie più evolute: mi piacerebbero, ma prima devo comprare il pane e pagare le tasse; poi, se avanza qualcosa, acquisterò la macchina. Le cose prenderebbero un’altra piega se ci fosse un Piano Marshall di una pagina (una, sì scritta con chiarezza) con una valanga di miliardi di euro per colonnine di ricarica ultra veloci e funzionanti in tutta Europa, bonus intelligenti all’acquisto, riduzione della pressione fiscale. Il consumatore va corteggiato, non costretto da un Piano d’Azione immenso, vago, fumoso e soprattutto con pochi euro.
La Cina non è vicina
La seconda soluzione è aprire il mercato UE alle elettriche cinesi: di low-cost non c’è proprio nulla. Ma le stesse Case orientali inizierebbero la corsa al ribasso, con margini di profitto immensi, a beneficio del cliente. Tuttavia, Bruxelles ha prima detto che l’elettrico fa bene all’ambiente, poi ha stangato le macchine del Celeste Impero coi dazi sul Made in China. In questo contesto caotico e contraddittorio, l’automotive del Regno di Mezzo ci farà a pezzi, con le PHEV e – fra qualche anno – con le stesse BEV.
Una parolina sulla burocrazia
In quanto alla semplificazione normativa voluta dall’UE, basti osservare l’iter del Piano d’Azione per capirci. Prima il Dialogo Strategico con nessuna idea delle Case realizzata (allora a cosa è servito il dialogo?); poi l’idea della Commissione; quindi il Trilogo con Consiglio e Parlamento UE; infine la battaglia delle lobby verdi spaventate innanzi alla perdita di potere. Sono tempistiche lunghissime con procedure bizantine, peraltro con decisioni che si vogliono prendere a distanza di un lustro dal pasticcio del Green Deal 2019.