L’Unione europea dà l’ok ai dazi auto elettriche cinesi: quattro disastri per l’economia

Ippolito Visconti Autore News Auto
Devastato un settore vitale per il Vecchio Continente.
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La Commissione europea dice sì agli extra dazi auto elettriche cinesi definitivi (dal 5 luglio 2024 c’erano quelli provvisori), per macchine Made in China ed esportate nel Vecchio Continente. Bruxelles ha definito il regolamento di attuazione del provvedimento, sarà pubblicato domani in Gazzetta Ufficiale Ue. Sono extra, perché si sommano all’attuale aliquota del 10%: giovedì 31 ottobre partono. Perché? Perché per l’Ue Pechino avrebbe sovvenzionato irregolarmente le Case, e questo sarebbe una minaccia di danno consistente all’industria Ue. 

Dazi: quanto e quando

Le tariffe aggiuntive a carico di Byd passano dal 17,3% al 17%, quelle sul gruppo Geely dal 19,3% al 18,8% e sul gruppo Saic dal 36,3% al 35,3%. Il dazio sulle Tesla scende dal 9% al 7,8%, mentre scende dal 21,3% al 20,7% la tariffa su tutte le altre aziende, che hanno prestato collaborazione ai funzionari. Infine, per tutti gli altri costruttori, il dazio sarà del 35,3%. I dazi definitivi saranno riscossi a partire dall’entrata in vigore e quindi non saranno retroattivi come originariamente previsti: non applicati dal 5 luglio 2024. Le misure rimarranno in vigore per 5 anni, a meno che non venga avviata una revisione. Sono cinque i disastri per l’economia, con devastazione di un settore vitale per il Vecchio Continente.

Uno: disoccupazione

L’auto in Europa valeva 13 milioni di posti di lavoro. Sì, valeva. Adesso inizia il dramma, coi tagli, la disoccupazione crescente, le fabbriche che chiudono, le proteste, i guai con banche e finanziarie da parte degli innumerevoli indebitati che non potranno onorare i prestiti. Alla base del guaio senza precedenti c’è l’Unione europea col delirio per l’auto elettrica, pompato nei social da influencer (facenti parti a gruppi di potere) i quali fingono in malafede intellettuale che le batterie e l’elettricità non inquinino. I dazi non risolvono nulla e anzi accentuano il problema: Pechino esorta le Case a non costruire fabbriche in Ue. Questo comporta che nuovi posti di lavoro non nasceranno.

Due: guerra commerciale col Dragone che ci distruggerà

La Cina respinge ogni addebito e accusa l’Europa di aiuti alle aziende, promettendo dazi su liquori, carne di suino, latticini Made in Europe ed esportati nella Terra di Mezzo. Bruxelles e i governi negano. Uno a uno: accuse reciproche e addebiti respinti. Se la giocano alla pari, nessuno può dire chi abbia ragione dei due. In più, adesso la Cina tasserà le auto premium a benzina di BMW, Mercedes e VW, dando una mazzata terribile all’automotive germanico, già in ginocchio.

dazi auto cina
Waving flags of China and EU on flagpole, on blue sky background.

Tre: l’Ue prosegue il negoziato, mostrando debolezza

Dopo mesi di incertezza, arrivano i dazi. Modesti. Poca roba rispetto al 100% di dazi Usa. Quindi tutto in ritardo e di scarsa efficacia: causa solo la guerra commerciale con la Cina. In più, l’Ue si mostra debole: l’adozione delle misure doganali non mette la parola fine alla disputa. Si cerca una soluzione negoziale con Pechino. 

Quei dazi rallentano i cinesi, li infastidiscono, li irritano, stuzzicano il loro orgoglio e il loro desiderio di rivalsa. Ma non li uccidono. Col volume della produzione cinese, il 20% di dazio lo assorbono passeggiando. Altra cosa sarebbe se fosse al 100%, come negli Usa, e non negoziabile. Occhio al mito dei cinesi che vendono da noi solo elettrico, una visione distorta tipica di chi del mondo automotive non capisce nulla, osservando il pianeta Terra con distacco dalla torre d’avorio: il 78% dell’export dalla Cina è termico. BYD poi aprirà la fabbrica in Ungheria nel 2025, come da tempo previsto.

Quattro: zero transizione elettrica e consumatore massacrato

Il potenziale cliente dell’auto elettrica non compra nulla. L’elettrica tradizionale costa un occhio della testa. Quella cinese costava poco, ma coi dazi è troppo cara. Addio al mercato full electric e addio alla transizione e alla decarbonizzazione. Un’Ue parolaia che ha solo voluto abbindolare un elettorato sprovveduto coi discorsi sul verde, detto green così da essere più affascinante. Alla fine i tecnocrati, sospinti dai fanboy social, hanno ucciso l’industria auto europea con effetti allucinanti sul Pil, rendendo l’Europa dipendente dalla Cina che ha in mano batterie e filiera delle auto elettriche. È stata imposta una tecnologia che il consumatore rifiuta, al contrario di quanto avvenne con lo smartphone che vince in piena libertà. Pechino ci schiaffeggia anche moralmente, dandoci lezione di libero mercato. Oggi, automobilisti e operatori del settore tendono a detestare l’auto elettrica, che in sé è innocente: andavano creati un ecosistema (colonnine ovunque) consentendo di vendere prodotti a prezzi accettabili. Così invece il mercato è paralizzato: il risultato sarà un effetto Cuba con la corsa al termico usato non troppo caro.

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