Lo stop cinese alle terre rare potrebbe comportare l’addio definitivo al Green Deal dell’UE?

Ricarica auto elettrica Ricarica auto elettrica

Le guerre commerciali in atto, in particolare quella tra USA e Cina, sembrano fatte apposta per mettere ulteriormente in difficoltà l’auto elettrica. Se le prime avvisaglie di quanto sta accadendo si erano avute a metà febbraio, quando gli Stati Uniti avevano provato a impossessarsi delle terre rare ucraine, ora è la Cina a usare le stesse come un vero e proprio scudo. E lo sta utilizzando proprio contro gli Stati Uniti, dopo l’imposizione di dazi pari al 125% nei confronti della produzione cinese. Andiamo a vedere cosa sta accadendo e quali possono esserne le implicazioni.

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Pechino ha fermato l’esportazione di terre rare

L’indiscrezione partita dal New York Times, secondo il quale Pechino, in risposta ai dazi al 125% imposti da Trump alle merci prodotte sotto la Grande Muraglia, ha fermato le esportazioni di terre rare in tutto il mondo, è una di quelle destinate a mettere in subbuglio il management di un gran numero di aziende, in ogni parte del globo.

Terre rare per EV
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La decisione del governo di Pechino, implica infatti la paralisi di diversi settori industriali. A partire dall’elettronica, passando per la difesa, e finendo con le auto. I materiali in questione sono usati, fra le altre cose, nella produzione di dispositivi elettronici (smartphone, computer e tablet), in molti strumenti militari e nei magneti permanenti per motori elettrici, turbine eoliche.

E già questo dovrebbe far capire l’importanza rivestita dai 17 elementi noti con il termine di terre rare. Oltre che della centralità ormai assunta dalla Cina nei piani produttivi di buona parte del mondo. Al momento, infatti, il gigante asiatico controlla circa il 70% delle estrazioni e il 90% della lavorazione di terre rare. Se poi si parla di terre rare pesanti, tale quota si eleva al 99,9%.

Il nervosismo è destinato a crescere nell’automotive occidentale

Se, almeno stando ai dati forniti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), la domanda di terre rare nel 2023 è stata di 93 chilotoni, pari a 93 milioni di chilogrammi, nel 2040 la stessa dovrebbe attestarsi a 134 nel 2030 e a 169 un decennio più tardi. Ai prezzi attuali, si tratta rispettivamente di 7, 10-12 e 11-13 miliardi di dollari.

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Una parte rilevante di questi soldi provengono proprio dall’industria automobilistica. In particolare, sono le auto elettriche a fare leva su disprosio, samario, neodimio e terbio. Sfruttano queste terre rare nei motori a magneti permanenti, che rappresentano il 70-80% dei propulsori.

Oltre alla Cina, altri grandi produttori di terre rare sono Australia, Myanmar e Malesia. Ma Pechino continuerà a godere di una straordinaria posizione di forza nel futuro. Resa possibile da una quota oscillante tra il 54 e il 77% in termini di produzione e raffinazione.

La Cina ha il coltello dalla parte del manico

Di fronte alla forza della Cina, si staglia con altrettanta evidenza la debolezza di Stati Uniti e Unione Europea. Tanto che ad ogni scoperta di giacimenti di terre rare, i media occidentali sono soliti dedicare titoli esultanti alla prossima fine della dipendenza da Pechino.

Terre rare per EV
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Purtroppo, però, questa ipotesi è molto lontana dalla realtà. A spiegarlo è stato di recente Giuliano Noci, professore ordinario al Politecnico di Milano e prorettore del Polo territoriale cinese dal 2011. Nel corso di un’intervista rilasciata al Corriere della Sera ha infatti affermato: “Noi siamo totalmente dipendenti dalla Cina, perché, mentre l’Occidente cercava petrolio, loro 20 anni fa stringevano accordi per i giacimenti di terre rare. Hanno visto più lontano”.

A rendere complicato pensare che l’Occidente possa resistere a un embargo quasi totale è anche il fatto che le aziende operano spesso con scorte minime. Una decisione derivante dalla necessità di ridurre i costi.

Una situazione resa ancora più difficile dalla pratica impossibilità di sostituire facilmente le terre rare. Il governo cinese lo sa perfettamente e, soprattutto, sa di avere il coltello dalla parte del manico. Con un solo appiglio per l’Occidente, quello reso possibile dalle nuove chimiche che si stanno affacciando sul mercato.

Il rimedio potrebbe essere il motore senza terre rare?

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Quanto sta avvenendo sul fronte politico, sembra destinato ad avere non poche ripercussioni sul Green Deal, peraltro già ammaccato dai molti passi indietro in sede UE. Sono dunque le aziende, come al solito, a doversi prendere a carico una situazione sempre più ingarbugliata.

Le stesse che, nel corso degli ultimi anni, hanno cercato di ottimizzare al massimo il funzionamento dei motori elettrici. Facilitate in tal senso dalla grande semplicità dei propulsori green. La via ideale per farlo, è stata individuata proprio nei materiali, con una particolare attenzione verso i più leggeri.

Tra quelle che si sono specializzate in tal senso occorre mettere in rilievo ZF Friedrichshafen. La società tedesca, infatti, ha da poco annunciato il varo di un nuovo motore ultracompatto per auto elettriche, caratterizzato dall’assenza di magneti o terre rare. Fondato su un design innovativo concepito nel preciso intento di trasmettere l’energia attraverso un eccitatore induttivo posizionato all’interno dell’albero del rotore, senza alcuna necessità di contatto meccanico.

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Presentata all’IAA Mobility 2023, il salone dell’auto di Monaco di Baviera, secondo ZF Fiedrichshafen da tale soluzione potrebbe scaturire una vera e propria rivoluzione nel settore degli EV.

A ZF si affianca un’altra azienda tedesca, Mahle, incamminatasi da tempo nella stessa direzione. Anche il suo nuovo motore è privo di terre rare e garantisce un’efficienza complessiva pari al 95%. Un traguardo possibile soltanto per i powertrain delle monoposto elettriche di Formula E.

Terre rare per EV

L’assenza di un magnete assicura maggiore affidamento e durabilità e costi più contenuti. Inoltre, la trasmissione delle correnti elettriche tra le parti rotanti e stazionarie senza un contatto, grazie all’induzione. permette al motore di funzionare non solo con grande efficienza ad alte velocità, ma anche senza andare incontro a usura.

Motori senza terre rare: anche l’Italia è nella partita

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Nella corsa al motore senza terre rare, si è inserita di recente anche l’Italia, con Spinrel, presentato alla fiera internazionale della tecnologia automobilistica di Colonia. Prodotto da un cluster tutto italiano, Green Silence Group funziona senza variazioni di flussi magnetici.

Al suo interno sono posizionate cavità strategiche le quali, generando vuoti e riempiendoli, aiutano il motore a ruotare. Un modus operandi tale da riuscire a garantire un’erogazione di energia più elevata e costante, dando vita a migliori caratteristiche meccaniche.

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