L’Italia può dire addio al sogno della Casa auto cinese: ritorsione di Pechino

Ippolito Visconti Autore News Auto
Altro che costruttore cinese per arrivare a un milione di auto fatti nel nostro Paese.
byd nave cargo

I dazi Ue fanno inferocire Pechino, che ora si prende la sua vendetta: stoppa le Case intenzionate a investire in Europa. Se il Paese ha detto sì ai dazi, zero soldi in quella nazione, dice la Reuters. Siccome l’Italia ha dato l’ok alle tasse, possiamo dire tranquillamente addio al sogno del costruttore orientale qui da noi. L’esecutivo Meloni cercava un sostituto di Stellantis, in gravissima crisi, per toccare quota un milione di auto fatte in Italia, costruite nei nostri confini così da dare lavoro. Contrastando la drammatica disoccupazione e i tagli nell’indotto. La direttiva segue un avvertimento simile lanciato a luglio 2024: Pechino aveva consigliato alle case automobilistiche cinesi di non investire in Paesi come India e Turchia per via dei dazi anti Cina.

La Cina spacca in due l’Europa

Pechino geniale. La mossa spacca in due l’Europa, già dilaniata dalle divisione. Un’Unione europea mai nata, che adesso pare come un mostriciattolo in grado di partorire brutture: l’imposizione dell’elettrico, la morte dell’automotive, i dazi anti Cina che fanno imbestialire il Dragone. Le nuove tariffe fino al 45,3% sono entrate in vigore mercoledì dopo un’indagine durata un anno che ha diviso il blocco.

Chi ha dato l’ok si mette le mani nei capelli

Dieci membri, tra cui Francia, Polonia e Italia, hanno sostenuto le tariffe in una votazione di questo mese. Qui, zero investimenti dei cinesi. Se Varsavia se ne infischia, Italia e Francia hanno corteggiato le Case automobilistiche cinesi per gli investimenti, ma hanno anche messo in guardia sui rischi che un’ondata di veicoli elettrici cinesi a basso costo pone ai produttori europei. La linea mediana del nostro governo non ha pagato: troppo ondivago. Il governo italiano era in trattative con Chery, la più grande casa automobilistica cinese per esportazioni, e altre case automobilistiche cinesi, tra cui Dongfeng Motor, su potenziali investimenti. Comunque, l’Italia era sotto schiaffo: enormi le pretese, le condizioni imposte dai cinesi non per costruire da noi, ma solo per assemblare.

Cinque membri, tra cui la Germania, si sono opposti. Qui la Cina investirà.

E 12 si sono astenuti. Si vedrà Pechino cosa farà di loro. In generale, o aumenterà l’esportazione (con le loro navi cargo gigantesche) per aumentare il giro d’affari, o si aggireranno i dazi in Ungheria e Turchia. Magari in Spagna, che ha detto no ai dazi e attende investimenti cinesi.

auto cinesi

BYD, SAIC e Geely informati

I colossi come BYD, SAIC e Geely sono state informati in una riunione tenuta presso il ministero del Commercio il 10 ottobre 2024: sospendere i loro piani di investimenti in attività pesanti, come fabbriche nei Paesi che hanno sostenuto la proposta. Anche diverse Case automobilistiche straniere hanno partecipato all’incontro, dove ai partecipanti è stato detto di essere prudenti riguardo ai loro investimenti nelle nazioni che si sono astenuti dal voto. Sono stati incoraggiati a investire in quelli che hanno votato contro le tariffe. È vero? Geely ha rifiutato di commentare. SAIC, BYD e il ministero del commercio non hanno risposto immediatamente alle richieste di commento.

La SAIC, di proprietà statale, il secondo più grande esportatore di automobili della Cina, sta scegliendo un sito per una fabbrica di veicoli elettrici in Europa e ha pianificato separatamente di aprire il suo secondo centro ricambi europeo in Francia quest’anno per soddisfare la crescente domanda delle sue auto a marchio MG. BYD sta costruendo uno stabilimento in Ungheria, che ha votato contro i dazi. Il gigante cinese dei veicoli elettrici ha anche preso in considerazione di trasferire la sua sede centrale europea dai Paesi Bassi all’Ungheria a causa di problemi di costi, hanno affermato due diverse persone a conoscenza della questione.

Ue rinchiusa nel castelletto medievale sulla collina

Nel frattempo, le auto termiche PHEV (termiche ibride plug-in) cinesi potranno invadere l’Europa. Bruxelles magari piazzerà dazi anche su queste vetture a benzina con batteria ricaricabili. Un dazio via l’altro, una barriera sempre più alto, come chi è circondato nel suo castelletto medievale sulla collina, in attesa che il destino si compia, assediato da nemici col sangue agli occhi e il coltello fra i denti. Sarebbe opportuno arrendersi e scendere a patti col più forte, anziché subire un rovescio via l’altro con perdite pesantissime: disoccupazione, scioperi, tensioni sociali, ricadute sulle Borse e sugli equilibri politici. Ma sì: servirebbero politici di personalità nell’Ue.

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