L’Italia scende in campo per salvare il settore automotive: il governo Meloni ha un piano per rinviare lo stop ai motori diesel e benzina dal 2035, dice il Sole. Pressa l’Unione europea. Può una nazione dal peso specifico basso nella comunità riuscire a vincere questa partita? Difficile. Comunque, lunedì il ministro delle Imprese Urso illustrerà la posizione a Confindustria e sindacati. Il 25 settembre al Consiglio Competitività. Obiettivo: salvaguardare aziende, dipendenti e indotto, perché con l’obbligo di auto elettrica fra 11 anni, l’Europa rischia grosso. Mettendosi nelle mani della potentissima Cina, che controlla batterie e componenti, con marchi ultra aggressivi. Forse è anche tardi: bisognava muoversi nel 2016. O al massimo nel 2019. Ma non c’era la volontà politica, e molti ceo dei Gruppi auto hanno assecondato i Verdi di sinistra della Germania, l’ideologia green, il dogma elettrico senza basi scientifiche in Ue. Sino al disastro e al suicidio.
Ammorbidire, non cancellare
Target dell’esecutivo Meloni: ammorbidire i vincoli europei sulle auto diesel e benzina. Non eliminarli. Farli slittare. Il momento è propizio perché con la Commissione Ue fresca di nomina. Attenzione però: quei politici a Bruxelles hanno cambiali in mano con gli elettori di sinistra, i quali spingono per l’elettrico. Fanatici ecotalebani. Dal prossimo anno, se i produttori europei vendono auto troppo inquinanti, vanno incontro a sanzioni stimate tra i 7,5 e i 15 miliardi di euro. Che si traducono in licenziamenti e tensioni sociali. Meno soldi, si taglia su tutto. Entra in azione la mannaia, come sempre in qualsiasi comparto industriale.
Primo passo
Allora, andando per gradi, la prima cosa è anticipare la clausola di revisione che il nuovo regolamento Ue sulla riduzione delle emissioni di CO2 prevede per il 2026: si discuterebbe tutto e subito, o nel 2025. La Commissione, basandosi sulle relazioni biennali, riesaminerebbe l’efficacia e l’impatto del regolamento sul ban 2035. Presentando al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione contenente i risultati del riesame. La Commissione dovrà tenere conto degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride ricaricabili. E dell’importanza di una transizione economicamente sostenibile ed equa dal punto di vista sociale verso l’azzeramento delle emissioni. In subordine, se il tentativo fa flop, il governo italiano mira a un Fondo europeo di compensazione per produttori e consumatori alle prese con i costi della transizione. Già, ma i quattrini dove si trovano?
Comanda la Germania: per ora silente
Va detto che Berlino è la regina dell’Ue. Fa e disfa a piacimento. E la Germania non si è espressa sul bando termico 2035. Bisogna vedere se i Verdi tedeschi, innanzi magari a 30.000 tagli VW e alla chiusura eventuale di tre fabbriche, cambieranno idea. La principessa d’Europa, un gradino sotto i teutonici, ossia la Francia, non si esprime. Comunque l’Acea, l’associazione dei costruttori europei, dopo i dati da psicodramma per le immatricolazioni delle elettriche (-43,9% su base annua), ha sostenuto l’importanza di anticipare al 2025 il riesame della normativa sulla CO2 per i veicoli leggeri, fissata al 2026. Un ravvedimento tardivo, secondo il capo di Stellantis, Tavares (per il quale il Gruppo da lui capitanato è pronto al full electric). Da valutare quanto inciderà il richiamo contenuto nel Rapporto Draghi sulla competitività alla “neutralità tecnologica” come principio cardine nella revisione del pacchetto “Fit-for-55”. Perentorio il ministro delle Infrastrutture Salvini: “È ormai evidente a tutti che il solo elettrico è un fallimento”. Urso ha incontrato oggi in video conferenza il ministro dell’Industria e del Commercio della Repubblica Ceca, Jozef Síkela, riscontrando una piena sintonia tra le posizioni dell’Italia e quelle della Repubblica Ceca sulla necessità di rivedere la politica europea sull’auto.