Stando a qualche quotidiano italiano, sarà di 100 milioni di euro la liquidazione di Stellantis a Tavares. Queste voci non hanno trovato conferma. Stando al Financial Times, la somma sarà inferiore ai 36,5 milioni dello stipendio percepito dal manager nel 2023.
Ecco i fattori che peseranno sulla liquidazione di Stellantis a Tavares
Uno. La politica di retribuzione del Gruppo dichiara: al Ceo spetterà come liquidazione fino a un’annualità dello stipendio base. Ossia 2 milioni.
Due. Più il compenso per gli 11 mesi del 2024.
Tre. Più l’indennità per i patti di non concorrenza.
Quattro. Più i bonus, soprattutto azionari, legati ai risultati di breve, medio e lungo termine di Stellantis.
Niente calcolatrice, ma trattative
Quindi, per capire l’ammontare della liquidazione, la calcolatrice serve a poco. Piuttosto, ci saranno trattative fra Stellantis e Tavares. Oggi, il Gruppo è presieduto (come ieri) da John Elkann, ed è guidato dallo stesso erede scelto dall’Avvocato Agnelli. Solo il Gruppo sa bene se l’addio fra società e manager portoghese sia stato sereno o conflittuale. Nel primo caso, la liquidazione sarà più alta che nel secondo.
Parola agli azionisti
Solo gli azionisti sanno bene se il lavoro fatto da Tavares li abbia soddisfatti. Incidono i dividendi (una montagna di denaro), ma possono entrare in gioco anche altri elementi: cosa resta del Gruppo, quale futuro per l’azienda, immagine internazionale, rapporti esterni (fornitori, concessionarie, sindacati, governo, politica), valore del colosso oggi rispetto al passato, com’è visto Stellantis dai consumatori, prospettive dei marchi, scommessa Leapmotor.
Chissà, noi non lo sappiamo: magari già lo stipendio di Tavares determinava in parte le scelte dei consumatori; e la sua liquidazione potrebbe avere un peso specifico moltiplicato, appunto, per 100. Proprio come i milioni di euro. Una faccenda da maneggiare con estrema cura per il futuro della società.
Due elementi chiave
La gestione Tavares ha permesso a Stellantis di generare in tre anni 50 miliardi di utili. Di questi, 11,7 miliardi incassati dagli azionisti. Se si guardasse solo a questo, gli azionisti avrebbero di che essere grati. Pertanto, se la liquidazione fosse di 100 milioni di euro, questa rappresenterebbe lo 0,2% degli utili. Sotto il profilo numerico, tutto torna.
Stellantis come ha fatto a generare utili? Soprattutto in due modi. Uno: tagliando. Due: alzando i prezzi delle auto. Ha tagliato quanto? Difficile a dirsi, impossibile individuare la percentuale corretta. Ha alzato i prezzi delle auto di quanto? Del 30-40%. Calcolo spannometrico, perché andrebbe considerata anzitutto l’inflazione. Le vetture costano di più perché più tecnologiche, più sicure, più rispettose dell’ambiente.
C’è una terza considerazione: ma alla fine questi modelli sono belli, piacciono? Tutto è soggettivo. A nostro avviso, la magia dell’Italia (Fiat, ma soprattutto Alfa Romeo, Lancia e Maserati) s’è persa. In quanto a Jeep, le macchine sono costosissime. Morale: nel 2024, nel mondo, solo 5,4 milioni di esemplari venduti. Pochi davvero per un gigante che ha ambizioni di altro tipo: non lottare a metà classifica, ma essere competitivo ad alto livello.
La questione morale non esiste
Parliamo di soldi, profitti, utili, ricavi, percentuali: c’è una questione legata al denaro, non alla morale. Non si discute di etica, perché non è il contesto. Né per Tavares e Stellantis né per qualsiasi altra azienda. È il capitalismo. Non c’è la liquidazione giusta per chi è esterno. C’è la liquidazione giusta, con relativa soddisfazione, per gli azionisti. Il lusitano non aveva responsabilità verso l’esterno (governo, sindacati o altri), ma verso gli azionisti. Noi non sappiamo neppure se sia stato mero esecutore o ideatore di inediti disegni rivoluzionari: nel primo caso, la liquidazione sarà di certo alta.
Tavares è andato via perché? Ipotesi uno: la magia era finita. Jeep brutto anatroccolo e non più gallina dalle uova d’oro, profit warning. Ipotesi due: i pessimi rapporti del manager con l’esterno e pessime prospettive, insomma desertificazione.
Ricchezza cercasi
Di solito, qualsiasi consiglio d’amministrazione assume un amministratore delegato affinché il cda medesimo diventi più ricco. Invece talvolta i target possono essere altro: immagine; qualità delle relazioni; capacità di entrare in empatia grazie al proprio stile, alla propria classe; rilancio aziendale, mantenimento o incremento dei posti di lavoro; aumento degli stipendi e della soddisfazione di chi lavora; più commesse ai fornitori e pagate meglio. Può anche darsi che un cda deleghi (la figura si chiama amministratore delegato apposta) di interagire con l’esterno, subendo polemiche e critiche: estremizzando, io ti pago, e tu prendi l’onta sociale. Questo vale per tutte le aziende di rilievo mondiale. Ma può anche valere per una micro realtà di provincia.
Il bivio
Per capirci. Se gli azionisti prenderanno in esame: situazione finanziaria, progettualità di prodotto, identità dei brand, protezione del dna Italia di ogni marchio, salute della rete vendita, competitività per mercato, amore dei clienti verso la società, passione degli automobilisti verso l’azienda, simpatia che Tavares e Gruppo ispirano nell’uomo medio e nella donna media, possibilità di generare profitti nei prossimi mesi. Allora questo sarà un conto.
Se gli azionisti prenderanno in esame gli utili incassati, i dividendi goduti, le cedole, sarà un altro conto.
Che c’entra Tavares?
Tavares è innocente se lo Stato per anni ha pagato la cassa integrazione per Fiat, FCA, Stellantis. Allora, bisogna mettere nel mirino i vari governi. E Tavares è innocente se i contratti collettivi prevedono salari bassi: allora, bisogna mettere nel mirino i sindacati. Tavares è innocente se – all’epoca della fusione tra FCA e PSA – nessun sindacalista e nessun esponente di governo ha scatenato la guerra infernale. Mai coi francesi, disse il profetico Marchionne. Rammentiamo che da qui in poi nascono i guai. È qui l’origine del male. In futuro, vedremo le proposte dell’esecutivo Meloni.
In ultimo, da sempre, e sempre così sarà ovunque nel mondo e nel tempo, sono i lavoratori che pagano: dipendenti diretti o collaboratori. A catena, nell’effetto domino, è l’indotto che ne subisce le conseguenze. Esiste una tendenza micidiale e mortale in atto sul pianeta: la progressiva marginalizzazione dell’economia reale, che diviene sussidiaria al profitto, con abbrutimento dei rapporti professionali e umani.