Zero vendite, zero fabbriche: è così da sempre, quando le cose vanno male, anche per il Gruppo Volkswagen. Che paventa la possibilità di chiudere due stabilimenti, dice Automotive News. Mentre i sindacati inferociti si oppongono. Scontro durissimo con la Germania che ribolle nella crisi green dell’auto elettrica, anche a livello europeo: un disastro politico senza precedenti, col silenzio tombale dei decisori istituzionali in fuga mediatica.
Vendite giù, morale sotto i tacchi
La domanda in Europa non si è ripresa dalla pandemia, con consegne di auto in tutto il settore nella regione a circa 2 milioni di unità in meno rispetto al picco, ha affermato il direttore finanziario Arno Antlitz. Tutto durante un’assemblea dei dipendenti presso la sede centrale della casa automobilistica a Wolfsburg. Il top management del Gruppo VW ha difeso i piani di prendere in considerazione chiusure di fabbriche senza precedenti in Germania, affermando che le vendite di auto in calo hanno lasciato l’azienda con circa due stabilimenti di troppo.
Sarebbe carino osservare la faccia adesso di chi diceva nel 2019 che la transizione elettrica avrebbe portato lavoro e occupazione e ricchezza. Davvero è colpa dei manager VW? Non lo sappiamo. Ma la regola è facile: se la società vola, il dirigente top guadagna e ha gli onori; se la società crolla, il dirigente top paga e ha gli oneri. A qualsiasi livello. Nell’automotive come in qualunque altro settore. Anche Tavares di Stellantis è nell’occhio del ciclone: una ruota che gira, va un bel po’ a fortuna.
Per adesso, i fischi e “Auf Wiedersehen”
I lavoratori hanno fischiato Antlitz e il CEO del gruppo VW Oliver Blume quando sono saliti sul palco. La VW ha perso vendite di 500.000 auto, l’equivalente di circa due stabilimenti, ha affermato Antlitz. “Dobbiamo aumentare la produttività e ridurre i costi”. Il discorso di Anlitz è stato ritardato di diversi minuti perché il personale fischiava e urlava “Auf Wiedersehen”, in tedesco “arrivederci”. Ha fatto appello alla responsabilità congiunta di personale e management per tagliare le spese se il marchio deve sopravvivere al passaggio alle auto elettriche.
Ha aggiunto che non si aspettava una ripresa delle vendite e che il marchio principale VW aveva “uno, forse due” anni per tagliare le spese e adeguare la sua produzione. Questa settimana VW ha affermato di stare valutando se chiudere per la prima volta i siti in Germania e porre fine agli accordi di sicurezza del lavoro dopo anni di ignoranza della sovracapacità e del calo della competitività. La mossa crea una resa dei conti con i potenti sindacati mentre l’industria più importante del paese combatte per il suo futuro.
La carica dei 16.000
Almeno 16.000 lavoratori hanno partecipato all’incontro del 4 settembre dentro e intorno ai corridoi cavernosi della fabbrica principale di VW a Wolfsburg, secondo un portavoce del consiglio di fabbrica dell’azienda. Daniela Cavallo, rappresentante dei dipendenti VW e membro del consiglio di sorveglianza, ha dichiarato durante la stessa riunione che combatterà contro qualsiasi chiusura di fabbrica, aggiungendo che i lavoratori non dovrebbero soffrire per errori di gestione, tra cui le scarse prestazioni VW negli Stati Uniti. Mentre il marchio VW deve ancora realizzare 3 miliardi di euro (3,3 miliardi di dollari) di risparmi sui costi per raggiungere un programma di efficienza da 10 miliardi di euro concordato l’anno scorso, le spese di manodopera rappresentano solo una frazione di tale divario, ha affermato.
“La Volkswagen non sta soffrendo a causa dei suoi siti tedeschi e dei costi del personale tedesco. Il problema della Volkswagen è che il consiglio di amministrazione non sta facendo il suo lavoro”. Cavallo ha esortato l’amministratore delegato Oliver Blume, che non avrebbe dovuto tenere un discorso, a rivolgersi allo staff e spiegare perché il gruppo stava dando priorità alla spesa per una partnership software da 5 miliardi di euro con la start-up statunitense Rivian rispetto alla protezione dei posti di lavoro tedeschi.
Cercasi ossigeno per il brand VW
L’obiettivo principale è dare ossigeno all’azienda poco performante, i cui margini di profitto vengono compressi in mezzo a una transizione a stento verso i veicoli elettrici e a un rallentamento della spesa dei consumatori. Anche le Case automobilistiche in Europa stanno lottando per competere con Tesla e i nuovi entranti dalla Cina.
Audi a Bruxelles: si trema
Non solo Germania. Lo stabilimento Audi a Bruxelles rischia di chiudere i battenti. Il Gruppo Volkswagen ha comunicato al consiglio di fabbrica la decisione di non assegnare nessun modello per i prossimi anni in Belgio. Ci sarebbero progetti alternativi per evitare la chiusura totale del sito e salvaguardare, almeno in parte, gli oltre 2.500 posti di lavoro. “Vorremmo ottenere informazioni dettagliate su questo argomento e un punto di vista di tutti i potenziali acquirenti”, si agitano giustamente i sindacalisti. C’era in ballo una ristrutturazione per il calo delle vendite delle Audi Q8 e-tron e Q8 Sportback e-tron. Dalla “pax sindacale” alla “guerra dei lavoratori” è un attimo: tutto cambia in un istante nella vita.