Le cinesi BYD e Chery ridono: pensano a fabbriche in Turchia con zero dazi auto 

Ippolito Visconti Autore News Auto
La Turchia è nelle fasi finali dei colloqui con Chery, dopo BYD.
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Unione europea angosciata dalla potenza della Cina: pur di vincere, cambia le regole del gioco coi dazi auto Ue sulle elettriche del Dragone. Ma l’ex Celeste Impero ha la soluzione. In particolare, le cinesi BYD e Chery ridono: pensano a fabbriche in Turchia con zero dazi auto. Se la macchina la fai qui, niente tasse all’Unione. E ciao ciao barriere commerciali anti competitive e anti concorrenziali. Lo dimostra la stretta di mano fra il turco Recep Tayyip Erdogan e il cinese Xi Jinping (foto), che intende trattare la Turchia come partner della Nuova via della seta. Il trust di cervelli della burocrazia nella torre d’avorio di Bruxelles vuole adesso escogitare una contromossa di qualche genere: ci stanno riflettendo fra una riunione e l’altra.

Tutte le nazioni europee corteggiano i costruttori cinesi

Il governo turco ha corteggiato le Case automobilistiche cinesi per accelerare la sua transizione ai veicoli elettrici. Così come tutte le nazioni europee si pavoneggiano innanzi ai costruttori del Dragone. Anche l’Italia cerca un investitore, magari Dongfeng, che chiede però condizioni pesantissime. Ankara è avanti: ha raggiunto un accordo di investimento con BYD all’inizio di quest’anno. Stando ad Automotive News, un funzionario turco in condizione di anonimato il 30 settembre non ha specificato l’investimento di cui Chery ed Erdogan stavano discutendo o se ci fosse una tempistica per raggiungere un accordo finale. 

BYD ha accettato di costruire un impianto di produzione da 1 miliardo di dollari in Turchia con una capacità annuale di 150.000 veicoli. La presidenza turca ha affermato sabato che il presidente Tayyip Erdogan aveva incontrato il presidente di Chery International Guibing Zhang a margine di un evento di investimento a Istanbul. Anche il ministro dell’Industria e della Tecnologia Mehmet Fatih Kacir ha partecipato ai colloqui. Chery non era immediatamente disponibile per un commento. La Turchia fornisce allocazione di terreni, ampie agevolazioni fiscali e vari supporti per nuovi investimenti in impianti di veicoli elettrici e ibridi plug-in. Insomma, fa bene la corte. E la Cina, bellissima e desideratissima, si fa corteggiare da tutti: vince chi offre di più. Purtroppo l’Italia, con la sua burocrazia inguardabile e la sua tassazione opprimente, è bruttina: oltre la Grande Muraglia c’è diffidenza verso Roma.

La Turchia è nelle fasi finali dei colloqui con Chery, dopo BYD.

Quante auto si sforneranno

Il programma di supporto agli investimenti richiede una produzione minima di 150.000 unità all’anno e consente inoltre all’investitore di vendere un numero stabilito di auto nel mercato locale senza dazi doganali. La Turchia, sede di stabilimenti di produzione di Ford, Stellantis, Renault, Toyota e Hyundai, potrebbe produrre fino a 2 milioni di veicoli l’anno, con un terzo della capacità assegnata ai veicoli commerciali, secondo i dati delle associazioni dei produttori di automobili. Il governo turco ha corteggiato le case automobilistiche cinesi per ampliare la sua base manifatturiera e accelerare la transizione del suo settore automobilistico verso le auto elettriche. Sarebbe un formidabile trampolino di lancio per l’invasione cinese in Ue. Intanto, a Bruxelles, meditano.

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