La Germania esplode di licenziamenti auto: tocca a Bosch

Ippolito Visconti Autore News Auto
Disastro assoluto del Green Deal voluto dai tedeschi in Ue.
bosch

Epocale catastrofe in Germania, col Green Deal voluto dai tedeschi di sinistra in Ue (e le loro fisime con l’auto elettrica), che porta a un’esplosione di licenziamenti: ora tocca a Bosch. È un bollettino di guerra fra disoccupati, fabbriche che chiudono, tagli, senza prospettive. La chiamano decarbonizzazione o elettrificazione. Il colosso germanico, multinazionale che vende componenti alle industrie auto del pianeta, al secolo Bosch, ha annunciato un piano di tagli terribile. Sforbiciata a 5.550 dipendenti, la maggior parte dei quali in terra teutonica.

Inferno auto

Il colosso della fornitura automotive è solo il più recente della lista, fra Gruppi che fanno auto e indotto di vario genere. Da capire la situazione VW in futuro: si sussurra che siano a rischio almeno 30 mila dipendenti per come minimo tre fabbriche nella sola Germania. Qual è il guaio? Si vendono meno vetture. Quindi cala la domanda da parte delle Case per gli Adas, gli aiuti elettronici alla guida.

Due parole sugli Adas

Alcuni Adas sono obbligatori, ma ci sono due ma. Uno: molti sono optional. La gente, squattrinata, compra auto con allestimenti inferiori. Due: sopraffatti dal prezzo stellare di vetture elettriche e termiche, e di quello dell’usato, i consumatori badano al sodo, con macchine pratiche, senza fronzoli. Da valutare anche se le Case abbiano trovato fornitori in giro per il mondo che offra gli Adas e altri componenti a prezzi inferiori.

Dove si opera chirurgicamente

Infatti, i licenziamenti ufficializzati riguardano 3.500 addetti della divisione “cross-domain computer solutions“: rapporti contrattuali interrotti entro la fine del 2027. La metà del personale in questione lavora in impianti tedeschi. Pertanto, crolla il mito per cui l’auto del futuro per tutti in Europa sarebbe elettrica e piena di sistemi di assistenza al conducente, oltreché dotata di guida autonoma. Una leggenda che suonava bene in bocca a qualche influencer. Bosch ha annunciato la decurtazione di altri 750 posti di lavoro a Hildesheim. Altri 1.300 vicino a Stoccarda.

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Resoconto tragico

Per cui abbiamo i recenti annunci Volkswagen, coi sindacati che faranno fuoco e fiamme per impedire il peggio, guidati da Daniela Cavallo, donna di enorme personalità (farebbe comodo anche qui in Italia). Mercedes pianifica una riduzione dei costi da tot miliardi l’anno. Sì, tot: non si sa quanti. È questa incertezza che terrorizza. Ha paura anche la sinistra, di perdere poltrone in Germania e Ue. Tu guarda la coincidenza: col Green Deal e l’auto elettrica, licenziamenti e chiusure. A chi diamo la colpa, al fato avverso? 

Violente tensioni sociali

Il consiglio di fabbrica di Bosch e IG Metall si oppongono: “Organizzeremo la resistenza a questi piani a tutti i livelli” ha detto il rappresentante dei lavoratori Frank Sell. In tutto questo, il governo sinistroide, debole, fragile, senza basi, naviga a vista accennando a incentivi e telefonando a Putin, per via del costo dell’energia stellare a Berlino e dintorni. Attenzione a che la situazione non sfugga di mano, quando dagli annunci si passerà ai fatti: le persone appiedate in mezzo alla strada. Gli ultra verdi europei hanno dimenticato un micro dettaglio quando blateravano di elettrico: l’Ue è in un mondo globalizzato, ma paga l’energia infinitamente più di quanto facciano gli avversari (Cina in primis), con un costo della manodopera doppio o triplo che altrove. E con una tecnoburocrazia strangolante. Sono andati in guerra contro il Dragone marciando in ciabatte.

Se Berlino va giù, in Ue crolla tutto

In Ue sta venendo a mancare il collante tedesco: la Germania teneva tutti uniti. La locomotiva, con gli altri Paesi a ruota, avendo la loro convenienza politica ed economica. Senza Berlino che sta in piedi, il pericolo è l’effetto domino. Basti vedere le lotte di potere per la formazione della Commissione europea: tutti anelano la poltrona d’oro ricoperta. Si litiga. La seconda divisione è legata al da farsi per il sostegno all’Ucraina: già il cancelliere tedesco che d’improvviso rompe il muro del silenzio per telefonare a Putin (con la sua Russia stracolma di gas) la dice lunga. Terzo, c’è l’affare Trump. Con Sleepy Joe, Bruxelles sonnecchiava beata trastullandosi con le cose green: con The Donald, e la sua probabile fuoriuscita dall’accordo di Parigi sul clima, saranno dolori. Che si fa? Ci mettiamo contro Usa, Russia e Cina tutto d’un colpo? Sarà anche il caso di darsi una calmata con quest’auto elettrica: serve pragmatismo e rivedere le strategie in profondità.

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