L’ira funesta di Berlino. La Commissione Ue dirà sì ai dazi auto elettriche cinesi. La Germania ha votato no. E ora è su tutte le furie: il governo di Berlino vuole che l’Europa dica no. Se dicesse sì, le Case tedesche BMW, Mercedes e VW subirebbero i dazi di Pechino sulle premium tedesche a benzina. Le merci teutoniche oltre la Grande Muraglia verrebbero tar”tassate”. La guerra commerciale farebbe del male ai germanici. Infine, le Mini e le Cupra elettriche fatte in Cina sarebbero bastonate di imposte.
“Il voto di oggi è un segnale fatale per l’industria automobilistica europea. Ciò di cui abbiamo bisogno ora è un rapido accordo tra la Commissione europea e la Cina per evitare un conflitto commerciale da cui nessuno trae vantaggio”, ha affermato l’amministratore delegato della BMW, Oliver Zipse. Il voto contrario della Germania rappresenta “un segnale importante” che “aumenta le possibilità di un accordo negoziato”. Per Mercedes i dazi sono un “errore”. Volkswagen parla di “approccio sbagliato” da parte delle istituzioni comunitarie. Hildegard Mueller, presidente dell’associazione di rappresenta Vda, “una guerra commerciale conosce solo perdenti”.
E gli altri?
Geely, azionista di controllo di Volvo e Polestar, ha espresso “profonda delusione”: i dazi potrebbero ostacolare le relazioni economiche tra le due aree e danneggiare le aziende e i consumatori europei.
Stellantis ha ribadito l’ok alle tasse, ma sino a qualche tempo fare era per il no (ora la cinese Leapmotor è un marchio del Gruppo). “Come azienda globale, sosteniamo una concorrenza libera e leale. Il nostro settore è sotto la pressione di ambiziosi piani di riduzione della CO2 e dell’offensiva commerciale globale cinese. In questo periodo di transizione, le politiche a sostegno della domanda e la garanzia della stabilità delle regole sono più importanti che mai”.
Cosa chiede l’Acea costruttori auto
L’Acea sostiene che “scambi commerciali liberi ed equi siano essenziali per rendere competitivia l’industria automobilistica europea a livello mondiale, mentre una sana concorrenza stimola l’innovazione e la scelta per i consumatori Affinché il settore automobilistico europeo sia competitivo nella corsa globale dei veicoli elettrici, è fondamentale una strategia industriale completa, come evidenziato nel rapporto Draghi. Ciò implica garantire l’accesso a materiali critici e a energia a prezzi accessibili, stabilire un quadro normativo coerente, espandere l’infrastruttura di ricarica e rifornimento di idrogeno, fornire incentivi di mercato e affrontare vari altri fattori chiave”.
Da capire anche se e come la Cina continuerà a dare batterie auto elettriche efficienti e componentistica per full electric all’Ue. Da valutare come Bruxelles intenda migliorare l’aria senza vendere le elettriche cinesi. Delle due l’una: o l’ambientalismo elettrico è vero e allora l’atteggiamento dei burocrati incomprensibile; o si tratta solo di dogmi e ideologie da cui i politicanti Ue ora scappano.
La situazione
È caos percentuali. Fra i 10 a favore, oltre all’Italia, anche Francia, Polonia, Paesi Bassi, Finlandia, Lettonia, Lituania, Estonia, Bulgaria e Danimarca: il 45,99% della popolazione Ue. Contro: Germania, Ungheria, Malta, Slovenia e Slovacchia. Ossia il 20,65% della popolazione. Voto divisivo. Che rispecchia l’Ue: la disUnione europea. Ora la Commissione deciderà da sé e dirà sì: meccanismo anomalo.
Paura del concorrente sistemico
La posizione dell’Ue nei confronti di Pechino si è irrigidita negli ultimi cinque anni. La Cina è un potenziale partner in alcune questioni, ma anche un concorrente sistemico. Di cui si ha paura. Dal quale ci si difende con i dazi, mossa medievale. Secondo la Commissione, la capacità produttiva inutilizzata della Cina, pari a tre milioni di veicoli elettrici all’anno che devono essere esportati, è il doppio del mercato dell’Ue. Considerati i dazi al 100% negli Stati Uniti e in Canada, lo sbocco per questi mezzi è l’Europa. L’alternativa è un prezzo minimo di importazione e, in genere, un tetto massimo di volume. Misure comunque illiberali. Che situazione buffa: Pechino che ci dà lezioni di liberismo e libero mercato. Il ministero del Commercio cinese ha espresso forte opposizione al voto dell’Unione europea per imporre tariffe, definendole pratiche protezionistiche “ingiuste, non conformi e irragionevoli”.