La componentistica automotive ha perso 30mila posti in Europa nel corso del 2024, urge una correzione di rotta

Dario Marchetti Autore
I dati sono stati pubblicati dal Financial Times e forniti da CLEPA, l’associazione delle imprese di settore
Sede Bosch

Il momento di difficoltà vissuto dal settore automotive in Europa è sempre più evidente. Tanto da costringere la Commissione Europea ad avviare quello che è stato definito un “dialogo strategico” con gli attori di questo fondamentale comparto produttivo.

La speranza è che stavolta i burocrati di Bruxelles si decidano a lasciare da parte il fondamentalismo green con cui stanno gestendo la transizione verso un modello di mobilità meno impattante per l’ambiente, anche perché in caso contrario si potrebbe assistere al definitivo tramonto, o quasi, di un settore che è alla base dell’industrializzazione stessa.

Ad agitare questo scenario è un rapporto elaborato da CLEPA, l’associazione europea che riunisce le imprese dedite alla componentistica, pubblicato dal Financial Times. Andiamo a vedere più da vicino il documento, per cercare di capire il menù che si prospetta per l’automotive europeo.

Automotive, in Europa la componentistica ha perso 30mila posti di lavoro in un anno

Nel 2024 l’industria della componentistica automotive in Europa ha perso più di 30mila posti di lavoro. Un dato reso ancora più preoccupante dal fatto che si tratta di un dato doppio rispetto a quello del 2023. In pratica, quindi, il processo di perdita ha assunto una velocità doppia rispetto a quella di dodici mesi prima.

Sede Michelin

I dati in questione sono stati resi noti da un’analisi dell’associazione europea di categoria, CLEPA, comparsa in bella evidenza sul Financial Times. Se si sperava che le notizie provenienti da aziende come Bosch, Michelin e Forvia rappresentassero in fondo un’eccezione, tale speranza è assolutamente fuori luogo. Ad esse, infatti, vanno aggiunte quelle relative alle tante piccole e medie aziende che hanno dovuto non solo tagliare la forza lavoro, ma anche presentare istanza di fallimento. Posti, quindi, che non torneranno più.

E a rendere ancora più fosco l’orizzonte, concorrono anche le prospettive. Anche i prossimi anni, infatti, si prospettano alla stregua di una vera e propria traversata nel deserto. Resa tale dal fatto che i tassi di crescita previsti sono molto inferiori a quelli che, pure, sono stati registrati nel corso degli ultimi anni. I circa 1,7 milioni di occupati nella componentistica, di conseguenza, potrebbero continuare a ridursi ad un ritmo sempre più veloce. A meno di adattamenti dei piani messi in campo dall’UE in vista della transizione energetica.

Quali sono i motivi della crisi?

I motivi della crisi in atto, secondo il rapporto in questione, sarebbero in particolare due:

  • la forte concorrenza da parte delle aziende cinesi;
  • le difficoltà del passaggio al motore elettrico, composto da un numero nettamente inferiore di componenti da assemblare.

Per quanto concerne il secondo aspetto, CLEPA mette in rilievo un dato che sembra difficilmente contestabile: la perdita di posti di lavoro legati ai motori a combustione interna, dal 2020 ha superato di gran lunga quelli creati dal passaggio ai veicoli elettrici.

Lavoratori componentistica

A rendere ancora più complicato il quadro, concorre anche una crescita del mercato delle BEV che è al momento al di sotto delle aspettative. E che potrebbe continuare ad esserlo a lungo, a causa di una serie di scelte politiche disastrose, a partire da quelle che stanno letteralmente demolendo il potere d’acquisto delle classi popolari.

Quello che il rapporto non indica, infatti, è proprio la compressione dei livelli salariali in atto, in una fase in cui prezzi e tariffe schizzano verso l’alto. In queste condizioni, con la stragrande maggioranza delle famiglie occupate a fare i conti con stipendi e pensioni sempre più magri, sembra complicato pensare che possano riservare risorse all’acquisto di auto che costano sempre di più. Come dimostrato del resto da un altro rapporto di questi giorni, quello del Centro Studi Fleet&Mobility, elaborato prendendo come base i dati delle immatricolazioni forniti da DataForce. Dal quale risulta come il prezzo medio delle auto in Italia abbia sfondato la soglia dei 30mila euro.

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