Il vicepresidente esecutivo designata della Commissione europea, l’iberica Teresa Ribera, responsabile per le politiche cosiddette green, conferma: sì al bando termico 20235, sì al giro di vite sulle emissioni 2025. Né le fabbriche che chiudono né la disoccupazione e le tensioni sociali fanno arretrare di un millimetro l’Ue. Ormai il treno automotive si deve schiantare contro il muro. È tanta e tale la confusione a Bruxelles che, dopo aver dato l’ok all’auto elettrica a tutela del mondo, alzano i dazi sulle vetture a batteria cinesi, ossia sulle uniche cui il consumatore poteva avvicinarsi come prezzo. A pagare è l’automobilista europeo: full electric care come il fuoco, usato alle stelle, mobilità privata devastata, effetto Cuba con macchine vecchie in circolazione, aumento del parco nonostante il calo delle vendite del nuovo.
Tecnoburocrati all’attacco
Per Ribera, occorre ribadire la posizione pro elettrico e contro il termico perché si crea prevedibilità per investitori e produttori. Per arrivarci, “sarà necessario un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico, in cui gli e-fuel hanno un ruolo da svolgere attraverso una modifica mirata del regolamento come parte della revisione prevista”. Un periodo lunghissimo, pieno di paroloni da tecnoburocrati. In realtà, un mezzo contentino alla Germania, regina dei carburanti elettronici. E due no all’Italia: il nostro governo voleva la revisione dei target 2025 e i biocarburanti. Contiamo zero, ma non è una novità. Lì comandano Parigi e Berlino, noi subiamo.
Le “prove solide” degli aiuti di Pechino alle Case cinesi
“L’indagine anti-sovvenzioni dell’Ue sulle e-car cinesi si è basata su fatti e prove solide ed è stata condotta in linea con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. La Commissione sta lavorando per trovare una soluzione negoziata, ma questo non sostituisce la nostra strategia industriale automobilistica. Guardando al futuro, dobbiamo condurre una discussione strategica più ampia. Dobbiamo garantire che l’Ue resti un posto per la produzione di veicoli elettrici a batteria e che preserviamo le capacità produttive in un settore fondamentale per la transizione verde europea e i nostri obiettivi climatici”, così asserisce il politico spagnolo.
Sarà. Ma la Cina smentisce. E fa indagini sulle sovvenzioni europee alle aziende del Vecchio Continente: l’Europa smentisce. Uno a uno e palla al centro. Chi ha ragione dei due? Nessuno può dirlo.
Hoestra concorde
In linea, il commissario europeo designato della Commissione europea, l’olandese Wopke Hoestra, responsabile del portafoglio Clima, emissioni nette zero e crescita pulita. Il lavoro di revisione “prenderà in considerazione anche la necessità di utilizzare i carburanti sintetici in altri settori, dove non esistono altre alternative tecnologiche, come l’aviazione e il trasporto marittimo, tenendo conto della loro prevista scarsità, del loro processo di produzione ad alta intensità energetica e dei loro costi previsti”.
Quindi, emissioni nette zero e crescita pulita con le batterie da costruire e da smaltire sotto terra, mentre Madre Natura urla vendetta. Elettricità da creare inquinando come dannati. Quante frottole verdi basate su ideologie e dogmi totalmente privi di fondamento scientifico.
La Cina c’impartisce la prima di due lezioni
Ci si dimentica della regola d’oro: è il consumatore che decide se siano meglio benzina, diesel, ibrido o elettrico. Non il politico. Almeno in un contesto di libero mercato dove c’è la libera concorrenza. Come accaduto con gli smartphone. Questa la severissima prima lezione di economia liberista impartita dalla Cina all’Europa. La seconda lezione, con tanto di sculacciata, ci arriverà quando Pechino si attiverà per le ritorsioni anti dazi Ue: saranno dolori per le nostre nazioni appena l’ex Celeste Impero scatenerà la guerra commerciale.