La CLN di Caselette, che rifornisce Stellantis, potrebbe vendere per la crisi automotive. A chi? A Stellantis!

Dario Marchetti Autore
A spingere in tal senso è l’esposizione per un miliardo di euro verso le banche
CLN Caselette

Le difficoltà del settore automotive, in Italia e non solo, sono talmente pronunciate da rischiare di sfociare in veri e propri paradossi. Come quello ingenerato dal taglio di ordini da parte di Stellantis a CLN Coils Lamiere Nastri di Casellette, azienda sorta nel 1948 e dedita alla lavorazione di acciaio. Proprio il taglio operato dal gruppo italofrancese ha infatti accelerato la crisi della società, che non rappresenta però una piccola realtà di un indotto un tempo fiorente, ma un vero e proprio colosso. Ma andiamo a vedere meglio cosa stia accadendo.

Indotto, la crisi colpisce sempre più duramente

La crisi dell’indotto legato alla Fiat è sempre più evidente. A testimoniarlo è la situazione vissuta dalla CLN Coils Lamiere Nastri di Casellette. Colpita e praticamente affondata dal taglio degli ordini da parte di Stellantis, arrivato in un momento in cui la società è esposta verso le banche per una cifra intorno al miliardo di euro. Tanto che non le bastano le commesse che continuano invece ad arrivare da parte di Mercedes e Renault, altri gruppi con cui collabora storicamente.

Stabilimento CLN Caselette

Sin qui la drammaticità della storia è evidente. Si tratta infatti di una grande realtà dell’indotto Fiat, un simbolo della prosperità della provincia di Torino collegata all’automotive, il cui destino è condiviso da un gran numero di lavoratori, che guardano naturalmente con grande apprensione a quanto sta accadendo. A rendere paradossale il tutto, è però il fatto che, aI taglio degli ordini, potrebbe far seguito la vendita della società proprio a Stellantis.

La CLN Coils Lamiere Nastri di Casellette è organizzata in tre divisioni: Ma, delegata alla lavorazione e fornitura di parti di carrozzeria, MW, dedita a sua volta a cerchi in lega e ruote e Lab, ove si svolgono le attività di ricerca. È stata fondata proprio all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, nel 1948, tanto da rappresentare uno dei numerosi simboli della rinascita del Paese dopo le distruzioni del conflitto. E sin dagli inizi le sue maestranze si sono trovate a lavorare per grandi gruppi automobilistici. a partire naturalmente dalla Fiat. Vanta stabilimenti in ben tredici Paesi, specializzati nella lavorazione di acciaio, in cui lavorano oltre 6mila dipendenti. Con un fatturato pari a 1,5 miliardi di euro, la CLN è ancora per il 75% nelle mani della famiglia Magnetto, con il restante 25% ad Arcelor Mittal, il gruppo franco indiano con sede in Lussemburgo che dal 2017 gestisce le Acciaierie ex Ilva.

La crisi è iniziata a maggio

Le prime avvisaglie di crisi hanno iniziato a manifestarsi nel passato mese di maggio. In quel lasso di tempo, infatti, la divisione MA France aveva dovuto rassegnarsi alla chiusura dello stabilimento posizionato nell’hinterland di Parigi. A causarla il sorgere di un contenzioso con Stellantis, a proposito dell’aumento richiesto dall’azienda, in linea con altri fornitori.

Stabilimento CLN Caselette

Un aumento fisiologico, nell’ordine del 12%, cui però Stellantis ha risposto picche, offrendo esattamente la metà. Da quel momento il gruppo italofrancese ha ridotto le proprie commesse, come del resto altri produttori europei. Un taglio dopo l’altro, il buco originato è stato del 40%, mandando in crisi l’azienda.

A questo punto, il suo management ha deciso di rivolgersi alle banche, a partire da Intesa Sanpaolo. Una mossa necessaria per riuscire a far fronte ad un’esposizione pari a un miliardo di euro. Oltre alla presa in considerazione della cessione dello stabilimento di Kielce, in Polonia, adibito allo stampaggio di parti di automobili. Tale offerta sarebbe stata indirizzata proprio al gruppo presieduto, ancora per poco, da Carlos Tavares. Alla base della proposta l’ipotesi di internalizzare alcune produzioni al momento condotte dall’indotto, avanzata al suo interno.

Ora non resta che attendere i prossimi sviluppi della vicenda. La quale, però, rappresenta l’ennesimo segnale di allarme per un indotto che sta già vivendo situazioni gravi come quella della Teksid Aluminium di Carmagnola, che ha comunicato ai fornitori di non poter provvedere a nuovi ordini, e ai relativi pagamenti, fino al 2025, e della PSA, che chiude i battenti nella provincia di Torino. La speranza è che non accada la stessa cosa alla CLN, ma a questo punto di certezze ce ne sono poche.

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